Professore di Scienza della Politica presso la LUISS, è stato Presidente dell’International Political Science Association (IPSA).
Nel 2004 e poi di nuovo nel 2011 gli è stata attribuita la cattedra Jean Monnet in Studi Europei dalla Commissione Europea.
È stato Bechtel Visiting Professo alla Stanford University; Jemolo fellow, Nuffield College, Oxford University; visiting Professor presso l’Istituto Juan March, Madrid; visiting professor presso l’Institut d’Etudes Politiques, Paris; Monte dei Paschi Fellow presso il St. Anthony’s College di Oxford nel 2010.
È autore, co-autore o curatore di 40 volumi e di più di 200 articoli o capitoli di libri in inglese, francese, spagnolo, portoghese, tedesco, ungherese, giapponese, mongolo.
Tra i suoi volumi si segnalano: Comparison. An Introduction, Leverkuse e Londra, Budrich (2017); The Quality of Democracies in Latin America. A Report for IDEA, Stockholm, International IDEA (2016); Changes for Democracy. Actors, Structures and Processes, Oxford, Oxford University Press (2011); Introduzione alla ricerca comparata, Bologna, Il Mulino (2005); Democrazie e democratizzazioni, Bologna, Il Mulino, 2003; Democracy Between Consolidation and Crisis. Parties, Groups, and Citizens in Southern Europe, Oxford, Oxford University Press 1998; Como cambian los regimenes politicos, Madrid, CEC, 1985; Dalla democrazia all’autoritarismo. Il caso spagnolo in prospettiva comparata, Bologna, Il Mulino, 1981.
E’ uno dei direttori-curatori della prima International Encyclopedia of Political Science, 8 volls, Sage Publications, 2011.
Al momento sta dirigendo un’ampia ricerca sulle trasformazioni di libertà ed eguaglianza nelle sei grandi democrazie europee dopo la Grande Recessione.
La migliore strategia elettorale è quella di occupare il Centro perché è questa la collocazione politica vincente? Esaminando ciò che consente a questa strategia di vincere il politologo avverte che in Italia non funziona. Piuttosto, serve altro. Come Matteo Renzi sembra avere capito.
L’enorme quantità di risorse da impiegare che viene dall’Europa dà ai leader partitici l’occasione imperdibile di mettere le lancette dell’orologio indietro a quando altri leader partitici controllavano gli interessi e prendevano effettivamente decisioni, pur accompagnate da clientelismo e corruzione. Aspirazione possibile?
Sia con soluzioni elettorali maggioritarie che ragionevolmente proporzionali, nella democrazia in cui ci troveremo occorrerà giungere a compromessi, accordi tra i diversi interessi, tutti mobilitati dato che la posta in gioco per molti è la sopravvivenza economica.
Come sta cambiando, con la pandemia, il rapporto tra politica e mondo economico? Sia per l’impiego dei futuri fondi del NGEU che per le iniziative di emergenza a favore delle categorie produttive o di tutela sociale è il governo, con i leader che lo sostengono, a fare da protagonista. Senza un’interlocuzione diretta e formale con le categorie interessate. Sicuri che sia il modo giusto per realizzare al meglio l’interesse pubblico?
A tre concezioni di democrazia corrispondono diverse domande da parte dei cittadini ai propri governanti. Come si fa a soddisfarle tutte? E con quali conseguenze nel nostro paese?
L’interventismo del governo in economia, il controllo dei cittadini con la tecnologia digitale e la riduzione delle loro libertà, l’attenzione alla sanità e al welfare: sono i fenomeni che la pandemia ha innescato nella nostra democrazia. Dureranno anche dopo?
La resistenza delle istituzioni giudiziarie e politiche che ha bloccato il tentativo di Trump di accreditare una realtà corruttiva è dovuta alla struttura federale degli Usa. E questo per la responsabilità politica che gli eletti a livello statale sentono verso i propri elettori. Da noi sarebbe successo lo stesso?
Lo shock del Covid sembra avere spinto l’elettore alla moderazione. Cosicché alla fine vi è stato un effetto di depolarizzazione della competizione politica. Le incertezze, i timori causati dalla pandemia hanno indotto probabilmente a votare per il candidato più noto e quindi sicuro. Se gli elettori vedessero i vantaggi della moderazione sul piano dell’efficienza decisionale, la tendenza potrebbe stabilizzarsi, facendo prendere alla democrazia italiana un cammino inatteso.
Analizzare in dettaglio tutti i problemi sorti nella gestione della pandemia in Lombardia, offre un’analisi significativa della gran parte dei problemi che affliggono l’attuale democrazia italiana
Il rapporto Colao contiene 200 proposte di policy. Tutte sensate e condivisibili in una visione inclusiva ed efficiente di una democrazia social-liberale. A quali dare la priorità? La risposta non può essere che concentrarsi su pochi obiettivi. E che la ripresa sociale ed economica va fatta attrezzandosi anche a difenderci da “futuri shock di sistema”.
La spinta sovranista. Le disparità economiche. La crescita dell’intervento pubblico. Su tutti questi fronti l’emergenza sanitaria avrà un effetto catalizzatore. In quale direzione?
Di certo, la crisi avrà un impatto economico. Ma sarà anche un catalizzatore di tendenze già in atto. Soprattuto in politica. Stabilizzando il governo rispetto all’opposizione. E spingendo l’Unione europea a fare chiarezza al suo interno
Le nostre democrazie sono condannate a un declino irreversibile perché non riescono a invertire il trend della protesta e della insoddisfazione dei cittadini? Secondo il famoso incipit di Tolstoj in Anna Karenina ci sono maniere diverse di essere infelici nei vari paesi. Così, mentre in Polonia può bastare poco a migliorare il welfare, da noi riaccreditare la democrazia agli occhi dei cittadini è più difficile. Ma una ricetta, comunque, c’è.
I giovani sono sempre più spesso protagonisti di manifestazioni di piazza, da Parigi a Santiago a Barcellona. E anche in Italia. Se rappresentano storicamente il gruppo sociale più incline al cambiamento, adesso a questa tendenza naturale si aggiunge il malessere per dover pagare il prezzo della disuguaglianza generazionale, del rischio povertà, della disoccupazione. In che cosa si può canalizzare la loro rabbia?
Nella vittoria di Bolsonaro in Brasile, nella chiusura del Parlamento britannico o sull’indipendentismo catalano, la storia recente delle democrazie vede crescere il peso politico delle decisioni delle alte corti della magistratura. Ma la loro mission dovrebbe essere un’altra
Dopo tanto inchiostro versato (come si sarebbe detto una volta), possiamo cercare di capire meglio come mai ci ritroviamo di fronte al risorgere di una domanda di autonomia in Italia, evidenziata dai risultati dei due referendum consultivi tenuti domenica scorsa, e in Spagna con un conflitto assai radicalizzato e apparentemente senza uscita, che si spinge fino alla richiesta di indipendenza della Catalogna.
La Pasqua può essere l’occasione per una riflessione sulla fase politica che stiamo vivendo. Alla fine, al di là della più immediata contingenza, dove ci stanno portando le politiche del governo Renzi? Se prendiamo le distanze da come saranno trovate le risorse per il bonus in busta-paga o dai risultati delle europee di maggio, quale linee di fondo stanno emergendo ovvero si cominciano a intravedere?