Pd, un trionfo per niente annunciato
Leonardo Morlino
MORLINO

Le attese. Anche sulla base degli ultimi sondaggi ufficialmente disponibili, si aspettava Forza Italia in discesa sia rispetto alle precedenti europee che alle ultime elezioni del 2013. Se avesse ottenuto il 20%, sarebbe stato un netto successo. Una forte affermazione di Grillo e del Movimento 5 stelle si dava quasi per scontata. Dunque, almeno il 26/27 %, magari anche senza aumentare di molto i voti assoluti del 2013. In ogni caso, un risultato molto vicino percentualmente al PD, che a sua volta avrebbe avuto successo se superava il risultato del 2013 e si attestava di almeno 5 punti sopra i 5 Stelle. Nel complesso i partiti anti-europei sarebbero stati vicini al 30%, o di poco sotto, e la partecipazione elettorale sarebbe stata spinta in alto da quei sentimenti anti-europei. Dunque, si sarebbe andati molto vicini alla precedente del 2009 (66%).

La campagna elettorale. Ha presentato due novità importanti: la presenza di un conflitto pro o contro l’Europa e una parziale personalizzazione dovuta all’identificazione dei candidati a presidente della Commissione che si sono confrontati in diversi dibattiti (per la verità, più in altri paesi, specie la Germania, che da noi). Ma, come già segnalato in questa rubrica, l’unica chance dei partiti pro-Europa era far passare un difficile messaggio di speranza che scommettesse sul futuro e su Renzi, nel nostro caso. Insomma spingere l’elettore a un voto prospettico.

I risultati. Evidentemente, con il PD oltre il 40% quella spinta al voto prospettico e alla scommessa su Renzi vi è stata, e al di la’ di qualsiasi aspettativa. Il calo della partecipazione e’ proseguito, ma meno delle attese. L’insuccesso di Grillo e’ anch’esso netto e anch’esso inaspettato. Forza Italia sembra allo sbando. I partiti anti-europei sono rimasti ben al di sotto del 30%. Come spiegare tutto questo, oltre che per il successo della strategia elettorale? Due le ragioni che si sono combinate. Da una parte, si è votato con un sistema proporzionale, che è in se stesso (parzialmente) non manipolativo: riflette le tendenze dell’elettorato (nel nostro caso escludendo solo i partiti più piccoli dalla ripartizione dei seggi). Dall’altro, la trasformazione, malgrado tutto, del nostro sistema partitico da bipolare a tripolare con le elezioni del 2013. Dunque, in un contesto istituzionale (parzialmente) non manipolativo, il partito di centro ovvero il PD e’ riuscito con la strategia elettorale già ricordata ad attirare un elettorato incerto, ma desideroso di futuro, scavalcando così gli ostacoli tradizionali posti da un formato bipolare. Più precisamente, è riuscito a fare rientrare l’elettorato PD, che aveva votato Grillo nel 2013 e dato nuova casa ai moderati di Forza Italia e delle piccole formazioni di centro, ormai ridotte agli zero virgola. Qui sta la spiegazione di fondo, che l’analisi più dettagliata potrà confermare. Ma non occorre andare più lontano e cercare altre e più astruse ragioni.

Le conseguenze. Ancora una volta le previsioni e le attese della vigilia sono state tradite. Anche qui la spiegazione e’ abbastanza semplice: per avere migliori previsioni ci vorrebbero molti più soldi per i sondaggi e nessuno li vuole spendere con un elettorato incerto e volatile. Ma su questo non ci saranno conseguenze. Si continueranno a fare sondaggi con campioni poco solidi. La conseguenza più importante sarà il rilancio di Renzi e del suo programma. Con l’augurio di non suscitare grandi speranze disattese, come è avvenuto venti anni fa, nel 1994, con la vittoria elettorale di Berlusconi.