Il Principe

di Leonardo Morlino

Le scelte degli elettori tedeschi
Leonardo Morlino
MORLINO

I risultati delle elezioni tedesche del 26 settembre pongono numerosi problemi per i tedeschi e anche per noi. Ma per capirne meglio le conseguenze anche a livello europeo e internazionale, è utile partire dalla spiegazione dei risultati.

Mettiamo, innanzi tutto, in fila brevemente quello che è successo: hanno vinto di poco i socialdemocratici con la leadership di Scholz; la Cdu-CSU per la prima volta da anni non è più il partito di maggioranza relativa, e il suo nuovo leader è Laschet, che ha condotto una campagna poco efficace secondo diversi osservatori; liberali e verdi hanno raggiunto una posizione pivotale e determinante in qualsiasi coalizione si formerà, così che per la prima volta dopo i primi due governi (1949-53 con tre partiti e 1953-57 con quattro partiti) si avrà di nuovo una coalizione non con due, ma con tre partiti ovvero inevitabilmente più eterogenea (noi italiani abbiamo sempre fatto di meglio sia per la maggiore numerosità dei governi che per la notevole minore durata).

Il sistema partitico che si era frammentato dopo l’unificazione e successivamente, oltre che radicalizzato nelle ultime elezioni con i successi della destra (AfD) e della sinistra (Die Linke), non si è ulteriormente né frammentato né radicalizzato. Anzi, l’AfD ha perso quasi il 3% e la Linke potrebbe non superare la soglia di sbarramento tra preferenze e voti (5%) e, quindi, non ottenere seggi. 

Questi risultati possono essere meglio spiegati dalle risposte a due domande: qual è stato l’effetto del cambio di leadership nella CDU e qual è stato l’impatto politico della pandemia.

Iniziando dall’uscita dalla scena politica di Angela Merkel (occorrerà, tuttavia, aspettare qualche settimana ovvero la formazione non semplice e non senza ostacoli del nuovo governo), il suo senso etico e la lunga memoria hanno innescato il cambiamento. Se non si fosse ritirata, con tutta probabilità pur scendendo nelle percentuali di voti il suo partito – insieme alla CSU – avrebbe di nuovo vinto le elezioni. Ma la Merkel ricorda bene come lei stessa abbia contribuito in modo determinante a fare uscire di scena il suo mentore, Kohl, che era stato troppo a lungo al potere come leader della CDU dal 1973 e poi anche da cancelliere dal 1982 al 1998, e alla fine era stato travolto dallo scandalo dei finanziamenti occulti al suo partito.

Anche se nessun politico, se non di elevata statura etica, accetta di mettersi da parte, questa è una caratteristica della democrazia: facilitare e rendere possibile il ricambio di leadership all’interno dei partiti e con le elezioni. Ma in questo caso niente se non la sensibilità morale della Merkel spingeva al ricambio. Ovviamente, in assenza della Merkel e anche senza considerare la prova modesta data dal nuovo leader, acquista un maggior peso relativo la domanda di cambiamento che vi è sempre nell’elettorato dopo una lunga permanenza al potere dello stesso partito. Dunque, rispetto alla prima domanda, il ricambio della leadership e la debole prova del successore sono i primi due fattori esplicativi.

Ma come si spiega la diminuzione della radicalizzazione, evidenziata dai non buoni risultati dei partiti più estremisti?

La risposta alla seconda domanda sull’impatto elettorale della pandemia aiuta a capire questo aspetto. Già in precedenti elezioni i timori diffusi indotti dalla pandemia hanno portato gli elettori a preferire partiti che mettono in primo piano la protezione sociale ed economica, senza avventure radicali. E al centro della campagna di Scholz vi sono stati, tra l’altro, l’aumento del salario minimo, la riduzione delle tasse sul ceto medio (senza aumentarle ai ricchi), l’impegno per l’ambiente (però, con uscita dal carbone solo nel 2038), un piano di edilizia pubblica per i meno abbienti. Al tempo stesso, il leader socialdemocratico ha potuto assicurare gli elettori sulla sua moderazione e continuità in quanto vice-cancelliere dell’attuale governo Merkel, in carica dal 2018. Dunque, anche la pandemia ha aiutato Scholz, sebbene – vista la minima distanza dalla CDU-CSU – forse non abbastanza.

Non sapremo tanto presto come sarà formato il nuovo governo e chi sarà il primo ministro. L’unico elemento che sembra sicuro è la partecipazione al governo di liberali e verdi, in un governo con Scholz oppure un governo con Laschet. Sarà necessario aspettare con pazienza.