Il Principe

di Leonardo Morlino

Lo spoils system per la Meloni è una necessità

I recenti cambiamenti nella Rai sembrano – a prima vista - in continuità con la precedente tradizione, ma per il ruolo importante avuto dalla prima ministra e la pervasività dei provvedimenti presi fanno un passo avanti. Ma perché questa stretta di vite è stata giudicata necessaria dall’on. Meloni?

Leonardo Morlino
MORLINO

Il sistema delle spoglie è la prassi americana, affermatasi già nell’Ottocento, in cui il presidente Usa o il governatore degli stati o altra carica eletta, con il potere di farlo, nomina ai vertici dell’amministrazione persone di propria fiducia che siano in grado di realizzare meglio le politiche decise interpretandone anche il senso. Il contesto istituzionale è quello maggioritario sia in quanto alla legge elettorale che agli assetti costituzionali.

Con l’indebolimento dei partiti, negli ultimi decenni anche nella maggioranza delle democrazie europee con assetti costituzionali parlamentari e leggi proporzionali si è diffusa la stessa prassi, nota agli addetti ai lavori con il nome di patronage. La sostanza non è cambiata con le nomine fiduciarie ai vertici amministrativi.

Ovviamente, una prassi del genere non dovrebbe riguardare il settore della comunicazione in senso ampio perché ai vertici di questo settore dovrebbe sedere personale indipendente in grado di fare svolgere a radio, televisione, giornali e agli altri media il loro ruolo essenziale di sorveglianza e controllo del potere pubblico. Al pari dell’opposizione parlamentare, della Corte costituzionale e di altre autorità indipendenti, i media dovrebbero svolgere quel ruolo di controllo della responsabilità politica del governo che non può trascendere i propri poteri e deve rispettare le leggi. Dovrebbero essere i cani da guardia che fanno rispettare i limiti previsti al potere governativo in qualsiasi democrazia. Dal punto di vista concreto, però, in diverse democrazie europee la situazione è più ambigua e quel distacco, ovvero imparzialità, esiste solo in parte.

Rispetto alle altre democrazie europee, esclusa Ungheria e Polonia e qualche altra democrazia est europea, quella italiana, purtroppo, ha uno dei record più negativi. Ad esempio, negli anni in cui il ‘liberale’ Berlusconi era anche primo ministro, quella italiana è stata puntualmente valutata negativamente da tutte le istituzioni internazionali di analisi dei regimi politici – non solo da Freedom House – rispetto al ruolo non neutrale dei media. In anni successivi il giudizio è leggermente migliorato per la presenza di un qualche pluralismo nei media.

I recenti cambiamenti nella Rai sembrano – a prima vista – in continuità con la precedente tradizione, ma per il ruolo importante avuto dalla prima ministra e la pervasività dei provvedimenti presi fanno un passo avanti. Ma perché questa stretta di vite è stata giudicata necessaria dall’on. Meloni?

Escludiamo a priori che si tratti di un limite culturale di questo leader, che potrebbe essere accusato di avere deboli principi liberali, e consideriamo aspetti reali.

Possiamo così constatare che il governo è condizionato da diversi e gravi problemi. Innanzi tutto, i ritardi e i cambiamenti riguardanti il PNRR oltre alle necessità di risparmi posti dall’enorme indebitamento (la Meloni si è trovata entrambi). L’impossibilità di seguire diversi impegni presi in campagna elettorale, ad esempio sulla povertà, come si è visto con il decreto sull’assegno di inclusione (AdI), su cui è riuscita a fare notevoli risparmi limitando l’area dei possibili aventi diritto.

Ma soprattutto, in queste condizioni per evidenziare la propria leadership la Meloni ha assoluta necessità di perseguire politiche identitarie a costo zero, nella speranza anche di continuare a mantenere il sostegno di tutti quegli elettori a basso reddito (più di un terzo) che l’hanno votata nel settembre scorso. Peraltro, dovendosi sempre guardare le spalle dai fratelli-coltelli in coalizione nel governo.

Dunque, la prima ministra e la leader di FdI hanno assoluto bisogno di media leali che trasmettano il suo messaggio, magari manipolando un po’ la realtà anche solo agendo sul framing, sull’ordine delle notizie o sulle altre modalità ben note a chi è del mestiere.

In un certo senso, per lei il governo e il partito si trovano di fronte a una questione di vita o di morte, e in queste condizioni non si può davvero badare a quisquilie come il rispetto della neutralità dei principali media come radio e televisione, oltretutto ritenendo che ‘così fan tutti’.