IL PRINCIPE
Uscire dal dilemma: caro estinto o portatore di acqua?
Leonardo Morlino
MORLINO

Il dilemma pone un’alternativa tra due soluzioni entrambe negative. Questa è la situazione – attesa e dunque non sorprendente – in cui si trova il PD dopo le elezioni del 4 marzo. E’ possibile uscirne? Come?

Per effetto della crescita della protesta, e in presenza di un sistema prevalentemente proporzionale il sistema partitico italiano da bipolare si è gradualmente trasformato in tripolare con tre coalizioni o partiti (centro-destra, centro-sinistra con PD, e movimento 5 Stelle). In prospettiva, però, la tendenza di fondo rimane bipolare. Dunque, la prima valutazione da fare è se il PD potrà diventare il secondo polo al posto del Movimento 5 Stelle. La domanda è giustificata dal fatto che le analisi post-elettorali hanno evidenziato una qualche sovrapposizione di elettorato e un passaggio di votanti PD all’altro partito.

In ogni caso, se si tengono presenti i risultati dei partiti moderati di centro-sinistra, specie dei partiti socialisti in Europa, ovvero di come si è risolta o si sta risolvendo una simile partita in Spagna (Podemos contro PSOE) ovvero in Grecia (Syriza contro PASOK) o ancora le trasformazioni organizzative interne del PD con la scissione prima delle elezioni e i problemi attuali di leadership, la risposta non dovrebbe lasciare spazio a dubbi. In prospettiva ci si può solo aspettare un ulteriore indebolimento del PD e la trasformazione dei 5 Stelle nel secondo polo. Poiché a questo livello non vi sono sicurezze e l’incertezza della situazione è tale da rendere difficile qualsiasi previsione forte, va subito aggiunto che la tendenza che si vede ora con chiarezza potrebbe essere smentita, anche se non è facile che accada.

Ma se il secondo polo non potrà essere il PD questo partito dovrà lasciare da parte qualsiasi velleità egemonica e prepararsi ad essere un partito il cui appoggio permetta di governare ovvero la cui opposizione mette in difficoltà i potenziali alleati. Una simile trasformazione non è facile, né indolore, e difficilmente potrà esser rapida. Comporta, infatti, un partito agile con una leadership o un piccolo gruppo di vertice efficiente e unito che definiscano con evidenza e comunicano con chiarezza pochi obiettivi su cui costringere la coalizione a convergere. L’obiettivo è quello di dare la massima visibilità con i relativi guadagni elettorali a quel partito.

Paradossalmente, il PD ha già posto le premesse per questa trasformazione che lo salverebbe sia dall’estinzione con percentuali a una cifra sia dall’essere un ‘portatore d’acqua’ che lo indebolirebbe ulteriormente. Infatti, le trasformazioni indotte da Renzi per altri fini, ora possono risultare positive per un partito non appesantito dai notabili locali, più agile nel decidere le politiche più efficaci da proporre e le strategie più adatte per raggiungerle all’interno della coalizione. Inoltre, dovrebbe studiare con attenzione la trasformazione dei socialdemocratici tedeschi, che hanno fatto l’esperienza dei ‘portatori di acqua’ in precedenti governi tedeschi ed hanno ora cambiato approccio per la formazione del nuovo governo Merkel. Insomma, iniziare un percorso che lo porti da ‘caro estinto’ o ‘portatore d’acqua’ a partito pivot.

E se i contrasti interni del gruppo dirigente paralizzassero questo passaggio difficile che comporta anche un cambio netto di leadership per renderlo più visibile e credibile? Sono esistite nella nostra storia, anche recente, elite che si sono auto-condannate a sparire. Non ci sarebbe niente di sorprendente o strano. Anzi quella del ‘caro estinto’ potrebbe essere la soluzione più probabile. Ma qui si mette alla prova l’intelligenza e la vitalità di un gruppo.