Il Principe

di Leonardo Morlino

Con il Covid ci riscopriamo moderati

Negli ultimi sei mesi è emersa, a causa della pandemia, una spinta verso la moderazione, alla ricerca di soluzioni ragionevoli agli enormi problemi posti alle nostre società dal Covid 19. Le elezioni tenutesi in questo periodo in diverse parti del mondo sembrano confermare la nuova attenzione alla governabilità

Leonardo Morlino
MORLINO

La pandemia sta spingendo la politica democratica in diversi paesi verso la moderazione? O almeno verso un’attenuazione della polarizzazione di questi anni? Se sì, sarà durevole? E che conseguenze potrebbe avere? Queste sono probabilmente le domande politiche più rilevanti che dobbiamo porci oggi.

Effettivamente in questi anni sotto la spinta della Grande Recessione, oltre che delle trasformazioni tecnologiche nella comunicazione politica, dominate dai social network, quasi tutte le democrazie occidentali – ma anche in altre aree del mondo, specie in America Latina – sono diventate maggiormente polarizzate. Ovvero è cresciuto il conflitto tra i leader partitici, talora spinto da essi stessi per calcoli elettorali; è cresciuta la distanza tra gli stessi sulle diverse politiche, sia economiche che su altri temi come l’immigrazione; hanno avuto maggiore spazio le identità più divisive, quale quella anti-establishment; è quasi scomparso lo spazio elettorale per il voto moderato, spesso rifugiatosi nell’astensione. Di conseguenza, vi è stato anche un marcato stallo decisionale, specie nei paesi come l’Italia, in cui la polarizzazione è cresciuta di più.

Soprattutto negli ultimi sei mesi circa, però, è sembrata emergere, a causa della pandemia, una spinta opposta verso la moderazione, alla ricerca di soluzioni ragionevoli agli enormi problemi posti alle nostre società dal Covid 19. Le elezioni tenutesi in questo periodo in diverse parti del mondo, pur tutte caratterizzate in modo preponderante da ragioni interne specifiche, sembrano confermare la nuova spinta alla moderazione e l’attenzione alla governabilità.

Stando agli esempi a noi più vicini, in Italia in settembre i governatori che avevano affrontato meglio la pandemia sono stati premiati. Ancora più evidente l’esempio degli USA: non vi sono dubbi che senza l’impatto della pandemia Trump sarebbe stato rieletto in modo netto – in questo senso, e solo in questo, vi è stato un ‘imbroglio’: la pandemia ha riportato a votare molta gente e anche i moderati, e questo non era atteso.

Per noi italiani l’effetto di depolarizzazione partitica è diventato ultra-evidente solo in questi giorni. Con la formazione del governo Draghi sono stati spinti ad aderire, senza formare una vera e propria coalizione di governo, i leader di tutti i partiti. Sono rimasti fuori, rendendo il governo oggettivamente meno eterogeneo, le formazioni e i gruppi più radicali: da una parte, i FdI con Meloni e, dall’altra, i parlamentari indisponibili ad abbandonare il messaggio originario antisistema del Movimento.  Vi è stato al tempo stesso un rilevante spostamento in senso moderato della Lega, ora in un governo che fa dell’europeismo la sua bandiera, e un’integrazione ormai senza ritorno di gran parte dei 5S, ormai non più ‘marziani’. 

A questo punto, però, la domanda più importante è se vi saranno conseguenze effettive di questa spinta depolarizzante. E soprattutto se potrà durare e innescare così una svolta della democrazia italiana. In questo momento non vi è risposta a nessuna delle due domande.

Però, se Draghi riuscirà a portare fuori il paese dalla pandemia e fare anche solo qualcuna delle riforme promesse, cioè se avrà successo mostrando quanto positiva può esser la moderazione e la ragionevolezza, lo spazio per il voto moderato potrà ampliarsi e questo potrebbe beneficiare sia la Lega che il PD e il nuovo M5S, pur dando per scontato un leggero aumento dei FdI e un aumento dell’astensione o anche l’emergere di un qualche movimentismo animato dai 5S rimasti senza rappresentanza. 

Queste trasformazioni in senso moderato potrebbero anche creare lo spazio per una riforma elettorale parzialmente maggioritaria, che per passare avrà bisogno di ragionevolezza, compromessi, accordi, ovvero di leader moderati e meno preoccupati del profondo scontento dei loro potenziali elettori. 

Qual è la ragione di fondo dell’impulso verso la depolarizzazione, i cui sviluppi sono ancora tutti da vedere? Per uno dei paradossi della democrazia, una situazione di crisi e scontento diffuso può portare alla protesta e a movimento o anche partiti antisistema.

In una situazione particolarmente drammatica quale quella oggi indotta dalla pandemia non vi è più spazio per la protesta. Ma solo per un profondo scoraggiamento, per la stanchezza e, dunque, per una domanda di tregua rispetto al conflitto. Siamo in un momento del genere. 

Ce la farà Draghi? Troppo bello per essere vero?