Ora che è iniziata la campagna elettorale per le europee, si sta vedendo con maggiore evidenza un’invenzione politica tipicamente italiana, ma che viene da lontano, almeno dai primi anni Sessanta del secolo passato, gli anni del centro-sinistra. Di che si tratta e come funziona?
Se si riflette su come è nata e si è consolidata la liberaldemocrazia, si capisce subito come e perché uno dei suoi aspetti più importanti sia la contrapposizione tra una maggioranza che governa e minoranze che si oppongono e controllano in sede parlamentare il governo. Addirittura, secondo alcuni, l’inizio di questo regime politico risale al riconoscimento formale dell’opposizione nel Regno Unito, l’Opposizione di Sua Maestà, cioè quando avere ed esprimere una posizione diversa da quella del re non è più un tradimento, ma un diritto riconosciuto e protetto dallo stesso re.
Quando dopo il XVIII secolo e soprattutto nella seconda parte del XIX e inizi del XX il regime liberale si trasforma in liberal-democratico con la partecipazione di tutti i cittadini adulti, la contrapposizione tra governo e opposizione viene formalizzata nel parlamento.
Questa dinamica permette il controllo del governo e la migliore realizzazione possibile della regola cardine di una democrazia: la possibilità dei cittadini di chiedere conto ai governanti dei loro atti, con l’aiuto dell’opposizione parlamentare che ha le conoscenze e i mezzi per evidenziare aspetti e limiti degli atti governativi. Una valutazione negativa del governo può comportare uno spostamento del voto e l’alternanza con il partito o i partiti di opposizione che vanno al governo.
Dopo il 1948, l’Italia si è trovata ad avere un governo, quello della Democrazia Cristiana, senza possibilità di alternanza ed una opposizione radicale ed esclusa dal governo, quella comunista, collegata all’Unione Sovietica in un contesto di Guerra Fredda. In breve, il meccanismo base di una democrazia era inceppato: l’opposizione non poteva trasformarsi in governo.
Nei primi anni Sessanta dello scorso secolo, l’indebolimento elettorale della Democrazia Cristiana e il distacco tra socialisti e comunisti, specie dopo la repressione sovietica della rivoluzione ungherese (1956), pone le basi per i governi di centro-sinistra in cui partiti eterogenei e distanti tra loro stanno al governo. In questa situazione di esclusione dei comunisti, i socialisti di Nenni e Lombardi si trovano a stare al governo, ma anche ad avere posizioni distanti su molti temi da quelli dei democristiani di cui sono partner. In breve, vengono poste le basi dell’invenzione italiana: essere al governo e all’opposizione contemporaneamente, con tutta la confusione e l’ambiguità che questo comporta per l’elettore.
Dopo la fine della Guerra Fredda, i governi di Berlusconi, ma anche di Prodi, con la Lega nei primi e l’estrema sinistra nei secondi, consolidano l’invenzione. Ma questa viene portata alla perfezione con il governo nato dopo le elezioni del marzo 2018, le cui forze in coalizione coprono tutto lo spettro politico, da destra a sinistra, e lasciano una potenziale opposizione senza ruolo e senza prospettive, questa volta per scelta stessa dell’opposizione.
Ovviamente una conseguenza ricorrente di governi politicamente eterogenei è la scarsa capacità di prendere decisioni. Questa non è superabile, ma approfittando della sua esperienza professionale caratterizzata dalla necessità di concludere contratti in cui le posizioni delle parti sono sempre distanti, il premier Conte ha aggiunto quel ‘salvo intese’ alle decisioni prese in Consiglio dei ministri.
In questo modo, la possibilità per l’elettore di giudicare l’operato del governo, spostare il suo voto e così creare le condizioni per cambiamenti di governo, scompaiono quasi del tutto: nel governo ci sono già tutte le posizioni possibili e capire quali siano quelle adottate da chi diventa un’impresa proibitiva anche per gli elettori più attenti ed informati. Insomma, la responsabilità politica del governo verso il cittadino che controlla, aiutato dall’opposizione, è diventata ancora di più un’utopia per illusi.