Il Principe
Il Movimento 5 Stelle: la necessità di andare al governo
Leonardo Morlino
MORLINO

Perché per Di Maio, e il Movimento 5 Stelle, era così importante andare al governo? Perché costituiva un obiettivo talmente vitale da essere disposti a cambiare programmi e obiettivi politici a seconda della coalizione che si fosse riusciti a formare, con la Lega o con il PD, dando un immagine di spregiudicato cinismo? Perché la partita era così decisiva da spingere Di Maio a rischiare tutta la sua reputazione per ‘riprendere per i capelli’ un tentativo che era già fallito dopo la presa di posizione del Presidente Mattarella nei confronti di Savona e l’incarico a Cottarelli? Una risposta un po’ più approfondita a questa domanda ci permette anche di vedere meglio se in una prospettiva di cambiamento bipolare il M5S riuscirà a sostituire il PD come perno del secondo polo destinandolo, nel migliore dei casi, ad essere il partitino di Renzi.

Per intendere la rilevanza dell’andare al governo occorre capire che partito è il M5S. A questo fine si possono evidenziare due novità che insieme fanno sistema e danno vita a un nuovo tipo di partito, non solo in Italia. Primo, in questi anni si è visto emergere con evidenza un insieme di networks diffusi formati da sostenitori di diverse politiche, sia a livello micro che macro, e in cui leadership ed elettorato si sono anche saldati dando vita a costituencies su base tematica e non territoriale. Del resto, sin dall’inizio proprio il riferimento ai cinque temi di policies (acqua, ambiente, trasporti, connettività e sviluppo) faceva emergere il disegno consapevole di volere mettere insieme networks allargati e diversi per realizzare le politiche relative. L’attenzione al programma, maggiore rispetto agli altri partiti, evidenziata se non altro dalledimensioni del documento relativo, conferma questo punto.

Secondo, come creare quei networks? Approfittando delle opportunità dell’informatica e di Internet, che ha cambiato il modo di comunicare la politica in numerosi paesi del mondo, ovviamente anche in regimi non democratici. Rispetto a quello che qui ci interessa, la critica tradizionale alla non democraticità della rappresentanza e al ‘tradimento’ delle élite una volta elette trova risposta nelle ipotizzate opportunità di Internet che crea finalmente la democrazia diretta controllata dal cittadino, che è parte delle diverse costituencies diffuse e connesse in rete. Nel caso specifico, quindi, Internet è in grado di fare ritrovare insieme e coalizzare diversi networks che hanno diversi obiettivi di policies.

Se Internet fornisce il contesto delle opportunità, qual è il collante che può tenere insieme quei networks nel breve periodo? Lo scontento diffuso in Italia e ulteriormente approfondito dalla lunga crisi economica, rinforzata da politiche di austerità poco lungimiranti dell’Unione europea. Ma questo può essere un collante elettorale. E poi? Ovvero: una volta creati, come si mantengono i networks di policies? Vi è una sola via, inevitabile e necessaria: andare al governo. Altrimenti quei networks, così strutturalmente fluidi e instabili, si possono rapidamente liquefare sia nel collegamento tra loro che nello specifico delle politiche. Ovviamente questa è una sfida vitale per il M5S, ma è anche inevitabile.

Dunque, il Movimento 5 Stelle è un partito centralizzato di concezione completamente nuova, nato sotto la spinta dei fallimenti dei precedenti partiti tradizionali, dell’evaporazione degli attori di sinistra, sindacati compresi, delle opportunità del digitale e caratterizzato dall’intreccio a-ideologico di policies e opportunità tecnologiche di sostenerle. In breve, un partito elettronico a multiple issues.

I pericoli principali di un partito del genere sono evidenti: scarsa o nessuna democrazia interna, scarsa o nessuna esperienza del personale eletto proprio in riferimento a quelle politiche che caratterizzano il partito, penetrazione delle lobbies, forte rischio di fallimento. Ma se ha successo sul piano delle politiche, anche solo parzialmente, ci sono pochi dubbi che diventerà il secondo polo del sistema partitico italiano relegando in terzo piano una sinistra divisa e ideologica, quando le ideologie sono in larga misura evaporate, ed è rimasta senza una potenziale base sociale minimamente unita.