Spostare l'attenzione
Leonardo Morlino
MORLINO

La campagna elettorale è ormai alla fine. Abbiamo anche gli ultimi sondaggi pubblicabili. Al di là delle numerose dichiarazioni di questo periodo è importante capire alcuni aspetti strutturali di fondo, propri di queste elezioni, iniziando dal voto. Come si sa, il voto è l’unica occasione formale in cui l’elettore è chiamato a giudicare l’eletto (e il suo partito). E’ un voto “retrospettivo” in quanto è il risultato di un giudizio positivo o negativo su quanto l’eletto ha fatto negli anni precedenti. Se quel giudizio è positivo voterà di nuovo o anche per la prima volta per il leader e il partito che stando al governo hanno fatto bene. Ma se vi è stata crisi economica e, di conseguenza, gli elettori sono insoddisfatti, che succede? E’ inevitabile che sia premiata l’opposizione, anche quella radicale ed espressione di protesta fine a se stessa?

Ormai da diversi anni è stata accentuata un’altra dimensione del voto, quello “prospettico”, che sposta l’attenzione dell’elettore dal passato al futuro: indipendentemente da quanto è stato fatto in passato, il candidato, magari già eletto una o più volte, offre una prospettiva, delle speranze, dei programmi seducenti, e facendo così induce l’elettore a dimenticare o mettere in secondo piano la valutazione delle politiche fatte o non fatte in passato. In questo modo, ad esempio, nel 2006 Berlusconi riuscì quasi a vincere le elezioni dopo 5 anni di governo e una vittoria elettorale preannunciata della sinistra guidata da Prodi. Ormai una parte importante della strategia di tutti i partiti e i leader di governo mira a spingere l’elettore verso un voto prospettico. La stessa campagna per la rielezione di Obama nel 2012 è stata così caratterizzata.

Queste strategie sono usate nelle elezioni nazionali. Per quelle europee sono assai problematiche da adottare. Innanzi tutto, quasi tutti gli elettori sanno assai poco quello che ha fatto a Bruxelles e a Strasburgo il parlamentare europeo che hanno votato. E fatta salva qualche eccezione lo stesso parlamentare si è ben guardato dall’informarli. Dunque, un serio voto “retrospettivo” non è possibile. Quello che avviene, di fatto, è che l’elettore si astiene in quanto impossibilitato a formulare un giudizio. Oppure “fa di tutta l’erba un fascio”, cioè formula un giudizio complessivo sull’Europa e non tanto sull’operato del parlamentare votato. In queste elezioni, la presenza di partiti anti-europei accentua ancora di più questo aspetto e può spingere a votare in quanto il giudizio da dare diventa più semplice e offre una buona occasione per esprimere la protesta.

Se è così, in presenza di una crisi economica lunga e profonda, la componente “retrospettiva” del voto diventa un voto contro l’Europa che spinge ai tagli e all’austerità senza politiche di crescita. La componente “prospettica”, che i candidati si sforzano di accentuare, è basata sull’aspettativa che l’Europa possa modificare le proprie politiche dando spazio alla crescita. Dunque, se il voto diventerà un giudizio pro o contro l’Europa, la conseguenza sarà la sovrapposizione, da una parte, tra voto retrospettivo e voto contro e, dall’altra, tra voto prospettico e voto a favore. Se sarà così, e vista la difficoltà obiettiva di convincere gli elettori a scommettere su un’Europa della crescita, ai partiti pro-europei e che stanno al governo non resta che tornare alla vecchia campagna elettorale, limitata ai temi nazionali, e chiedere un voto per rafforzare la propria legittimità nel condurre un cambiamento istituzionale e su alcune politiche.