È professore ordinario di Corporate Finance e Corporate & Investment Banking presso l’Università Parthenope di Napoli. Ha insegnato e/o insegna presso l’Università Bocconi (1976-1992) e la New York University e la Oklahoma University quale Visiting Professor. Docente Senior presso SDA-Bocconi, collabora con diverse società di formazione da oltre 38 anni.
Le sue aree di specializzazione sono gli scenari finanziari, l’intermediazione del risparmio individuale e collettivo, la previdenza complementare, l’organizzazione e la gestione del personale nelle banche, la applicazione dei principi contabili IAS-IFRS nelle banche, il private equity ed il private banking, le funzioni di antiriciclaggio e compliance nelle banche.
Consulente di banche centrali e authorities nazionali ed internazionali ed amministratore di intermediari finanziari. È autore di numerose pubblicazioni, giornalista pubblicista, direttore e membro di Comitati Scientifici di riviste specializzate con ISSN. Responsabile Scientifico del Centro Studi Banca Europa e dell’Istituto di Alti Studi Strategici e Politici.
Gli interventi previsti potrebbero non essere sufficienti.
Perché restano irrisolti due temi fondamentali: la disponibilità di nuove risorse liquide immediate per imprese che vedranno una ripresa dei propri incassi solo a crisi terminata, e la necessità di sospendere o rivedere la normativa sulla crisi d’impresa appena entrata in vigore. In cui molte aziende finirebbero per ricadere.
All’inizio di novembre 2018 si contano 80 Pir, e della quota raccolta circa 20 miliardi sono indirizzati a 250 Pmi italiane. Una grande quantità di flussi riversato su un numero molto limitato di imprese dalla capitalizzazione non elevata quale totale, ma soprattutto contenuta per molte specifiche società. Vi è il rischio di una “bolla” pericolosa, già vissuta e ben ricordata da molti, nel periodo 1985-86, al momento della introduzione dei Fondi Comuni di Investimento in Italia. Mentre l’enorme bacino delle Pmi non quotate resta fuori da questo flusso.
La quota dei fondi esteri nelle società quotate italiane risulta in sensibile aumento. L’afflusso di capitali è senza dubbio positivo. Ma l’ingresso massiccio degli investitori istituzionali d’oltre confine apre nuovi problemi di governance.
L’operazione “tassi bassi” voluta dalle authority europee potrebbe essere una concreta opportunità per l’Italia. Ma occorre fare in fretta o gli investitori, soprattutto nazionali, migreranno verso altre mete.
I vertici della Bce hanno fatto capire che si va verso il taglio del tasso di interesse sui depositi delle banche al di sotto dello zero. I benefici non sono sicuri ma in questo clima di incertezza la banca centrale è convinta che quest’arma non convenzionale vada usata. Anche se poi gli operatori reagiranno…
I mercati “alternativi” dei finanziamenti sono in crescita. La crisi ha generato un’accelerazione della domanda per questa asset class multiforme, de-correlata rispetto alle Borse e con rendimenti sopra la media delle attività di investimento tradizionali
Il Copasir analizza nella sua Relazione la presenza di investitori stranieri nelle nostre banche e assicurazioni e ne valuta la rischiosità per gli interessi nazionali. Ma non fa i giusti distinguo e sottovaluta una serie di aspetti
Il volume dei depositi bancari è pari al livello del Pil. E presto lo supereranno a causa del calo di quest’ultimo. Cinque anni fa il PIL era il doppio dei depositi: un’analisi e una spiegazione del fenomeno
Il “calendar provisioning”, cioè le disposizioni della BCE sulle coperture dei crediti deteriorati, determinerà la riduzione dei patrimoni di vigilanza, anche al di sotto dei parametri minimi. E impedirà azioni più “libere” nella concessione dei crediti in futuro. Una riflessione sugli effetti delle norme regolamentari e sull’opportunità di rivederle
I mercati espongono giornalmente i dati rappresentativi della miglior economia, mentre i dati macroeconomici comprendono i valori di tutti gli operatori, spesso influenzati dall’andamento di aziende di grandi dimensioni, ma che si trovano in difficoltà
Se si considerasse l’operazione in sé, senza ulteriori sviluppi, il risultato finale, con una redditività inadeguata, non sarebbe vantaggioso. Ma offre maggiore forza contrattuale verso i nuovi player e nei nuovi segmenti. E indubbiamente la mappa del potere bancario risulterà modificata
I PIR si avviano a vivere la loro terza incarnazione, che per le sue caratteristiche si presenta come la più riuscita. Ecco il loro nuovo identikit e quali opportunità offrono a risparmiatori e operatori. Ma anche quali limiti possono incontrare
Nel comparto economico-finanziario, si sono perse due settimane. La prima, quella in cui, a fronte delle mosse della FED, la BCE non si è mossa. La seconda, quando il primo messaggio della Lagarde ha spiazzato intermediari, operatori e cittadini dell’Unione. Un lasso di tempo troppo lungo, che peserà sul risultato conseguibile. E che allargherà gli effetti quantitativi complessivi
Le banche hanno sviluppato un ruolo di doppia intermediazione: negano prestiti diretti alle imprese, e li deviano verso intermediari che trasformano le disponibilità acquisite in partecipazioni al capitale delle imprese. Si crea così una distorsione che penalizza le imprese il cui controllo deve accettare le regole di governance della finanza d’impresa
Quello degli intermediari finanziari si presenta come un mondo liquido e mobile, con tempi rapidissimi di cambiamento, episodi di forte crescita, ma anche di rapida esclusione dal mercato. Si ripropone insomma lo stesso scenario che si è riscontrato nel settore dell’innovazione tecnologica, dalla telefonia ai computer. Analisi di quali saranno i tre fronti più competitivi e le aree di attività futura