In Filigrana

di Giuseppe G. Santorsola

GameStop: sarà game over per i vecchi mercati?

Gli investimenti in criptovalute e il fenomeno GameStop hanno molto in comune: la tendenza degli investitori, insoddisfatti degli asset tradizionali, a rifugiarsi in un’area non sensibile alle incertezze dell’economia reale, delle scelte politico-sociali e delle condizioni oligopolistiche del mercato finanziario consolidato. Una partita virtuale in un mercato senza regole e senza arbitri ufficiali. E molto pericoloso

Giuseppe G. Santorsola
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L’assoluta anomalia delle condizioni dominanti dell’ultimo anno determina cambiamenti profondi e inattesi nel funzionamento dei mercati finanziari, introducendo soggetti, strumenti e modalità di negoziazione del tutto imprevisti, nonché pesi e ruoli assai anomali nelle interlocuzioni. Un evento o una disruption?

Quattro fattori sollecitano attenzione: 

  1. il ruolo determinante, e non da tutti accettato, giocato dalle Banche Centrali quali pivot dei sistemi economici, peraltro nel momento eccezionale, più accomodanti e meno cogenti;
  2. la struttura anomala e inconsueta della curva dei tassi di interesse, che rende difficile e non remunerativo lavorare nei mercati obbligazionari;
  3. la tendenza al rialzo dei mercati azionari, con prezzi che molti reputano al di sopra di valori compatibili con quelli delle aziende sottostanti;
  4. la continua introduzione di innovazioni di struttura, di soggetti, di processo e di prodotto nel settore dell’intermediazione finanziaria.

Gli operatori sono alla ricerca di alternative di investimento, inizialmente individuando asset class de-correlate rispetto ai tassi di interesse e alle condizioni dei fondamentali dell’economia. Molte di esse presentano rischi della più varia natura e quote di investimento non sempre alla portata dei più. 

In questo contesto hanno trovato spazio “asset” intangibili o privi di una funzione effettiva, intorno ai quali si sviluppano scambi circolari privi di un criterio razionale di determinazione di un vero fair value. Le criptovalute rappresentano da quasi un decennio l’esempio più caratterizzante. L’interesse in merito è cresciuto nell’ampiezza dei soggetti coinvolti, nello spessore dei volumi e nella profondità degli interessi che muovono le negoziazioni.

Sotto un profilo non solo teorico, questi aspetti in gergo tecnico vengono definiti market breadth e sono utilizzati per determinare il grado di partecipazione dei titoli al trend principale del mercato.

I principali indicatori registrano: 

– il numero di strumenti che nel tempo chiudono al rialzo e di quelli che chiudono al ribasso; 

– il volume degli scambi sui titoli in rialzo e quello sui titoli in discesa; 

– quanti titoli sono saliti sui massimi delle ultime 52 settimane (o altro orizzonte temporale) e quanti titoli sono scesi sui minimi; 

– quanti titoli si trovano sopra o sotto alcune medie mobili di riferimento (ad esempio la media a 20/50/200 periodi). 

Molte delle innovazioni attualmente sotto osservazione non possono ancora disporre di serie storiche adeguate per elaborare fondate valutazioni in merito. Ciò rende difficile una catena di deduzioni affidabile.

Infatti, l’obiettivo principale di queste analisi è quello di valutare la consistenza e la solidità dei movimenti compiuti dagli indici di riferimento. L’attenzione su talune asset innovative cresce in assenza di tali valori e può generare preoccupazioni, perdite e il coinvolgimento di soggetti non idonei a gestire la volatilità che si registra quasi in tutte le occasioni.

Con l’inizio del nuovo decennio, ad esempio, numerose prese di posizione hanno reclamato una regolamentazione progressiva, a fronte dei diffusi timori che gravitano attorno alla piena “indipendenza” e libertà con le quali le criptovalute originano, si sviluppano, si diffondono e generano scambi e prezzi.

Nelle settimane più recenti il meccanismo si è avvicinato agli strumenti tradizionali coinvolgendo titoli azionari di società nuove, innovative, legate alla tecnologia, la cui analisi fondamentale tradizionale non giustifica né i prezzi che si rilevano, né l’attenzione generalizzata e diffusa. Almeno secondo gli schemi consueti. Molte analisi suffragano l’ipotesi che, oltre il brevissimo periodo, detti schemi mantengono la loro valenza.

Infine, sono accaduti eventi anomali quando si sono diffusi scambi particolarmente “nervosi” tra hedge funds, traders, investitori istituzionali ed una nuova categoria rappresentata da piccoli investitori organizzati fra di loro attraverso il mondo del web e tramite piattaforme inizialmente sconosciute, soprattutto agli stessi partecipanti.

L’esito degli scambi è stato sorprendente in quanto i vincitori (almeno inizialmente) sono stati questi ultimi, gli hedge fund hanno perso ingenti somme di fronte a controparti sconosciute e gli investitori istituzionali hanno talvolta saputo svolgere un ruolo di arbitraggio, approfittando professionalmente della alta volatilità registrata, intercettando l’anomala condizione della relazione domanda/offerta. Questo scenario ha peraltro subito inversioni di tendenza e risulta, per gli operatori meno solidi, assai pericoloso.

Cercando di proporre una lettura oggettiva (da parte di un soggetto estraneo agli scambi ma lettore attento degli eventi), trovo conferma di una situazione nella quale investitori di ogni natura, insoddisfatti degli asset tradizionali, preferiscono rifugiarsi in un’area non sensibile alle incertezze dell’economia reale, delle scelte politico-sociali e delle condizioni oligopolistiche del mercato finanziario consolidato.

Una partita virtuale in un mercato senza regole e senza arbitri ufficiali in una condizione di anarchia che contrasta con la iper-regolamentazione imposta negli ultimi anni in modo sempre più coordinato in un mercato globale, anche nelle soluzioni definite ove-the-counter.

Una ribellione che ricorda la scena della partita a tennis senza palla di Blow Up di Michelangelo Antonioni, emblema della difficoltà di comunicazione, in questo caso, fra i diversi soggetti operanti nei mercati. Ad un certo punto…. la palla (l’asset) viene a mancare e i giocatori non capiscono.

Paradossalmente, la moneta tradizionale troppo abbondante in conseguenza della inusitata dimensione dei debiti pubblici e privati non viene più percepita come riferimento di valore, mentre le monete virtuali più strutturate (poche nell’insieme), avendo fissato un limite alla loro creazione (il mining), rappresentano un ancoraggio preferito, per quanto non visibile. Un’inusitata conseguenza delle politiche monetarie accomodanti.

Una concorrenza disruptive perché condotta da un’innovazione che non raccoglie quasi nessuna delle regole finora esistenti. I due mondi non si incontrano ancora (salvo quote marginali). La domanda che sovviene è: cosa potrebbe accadere quando venissero in competizione in misura consistente, intersecandosi fra loro nei comportamenti di acquisto (se le criptovalute divenissero monete), o si incrociassero l’una come moneta e la seconda come asset da prezzare (qualora le criptovalute si consolidassero come investimento complementare, ma significativo)?

Uno scenario affascinante, forse non così certo, ma quasi suggerito dal pay-off di GameStop e cioè “power to the player”. All’opposto, si può immaginare che il mercato, nella sua (in)consistente natura recupererà una valutazione dei prezzi più in linea con i valori, dopo aver creato, come frequentemente accade, vincitori e perdenti; questa volta – inizialmente – l’ordine dei fattori si è invertito e l’outsider ha sconfitto la testa di serie.

Certamente: 

  • l’alleanza organizzata degli operatori individuali (il WallStreetBets di REDDIT) ha imparato una modalità opportunistica utile per operare sui mercati;
  • i fondi speculativi hanno subìto, come peraltro spesso accade, una sconfitta, non da un loro competitor quanto da soggetti che abitualmente aiutano le loro finalità (gli oxes quando operano isolati quali herd e non quali gang….);
  • le case di investimento leader hanno percepito la novità e si sono adeguate, seguendo – come teoricamente suggerito – il mercato.

Resta da valutare l’ipotesi suggerita da molti che, a data futura non troppo lontana, si registri una condizione loss-loss, con gli hedge funds compratori a prezzi alti di asset già venduti a prezzi bassi e i nuovi trader organizzati (ma entrati non per primi) indotti a vendere a prezzi ridotti quanto comprato ai massimi.

I protagonisti della scena di mercato:

Piattaforme: ROBINHOOD, INTERACTIVE BROKERS

Azionisti: Sequoia, Kleinner Perkins, Andreessen Horowitz

Società target: GameStop, AMC, Koss, ExpressInc. Dogecoin

Hedge Funds: Melvin (<) Citadel KenGriffin Point72AM Citron

Siti Internet: REDDIT (WallStreetBets)

Investitori Istituzionali (investitori in GameStop): RCVentures, RoaringKitty (Keith Patrick Gill CFA – Reuters), BlackRock, FidelityFMR, Vanguard