Franco Cavallari
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Laureato in Economia e commercio alla Luiss, dove ha conseguito anche il dottorato di ricerca in Economia, ha proseguito l’insegnamento come assistente di Economia aziendale alla Luiss, come incaricato straordinario di Politica finanziaria all’Università Cattolica di Lovanio e come professore ordinario di finanza internazionale e fiscalità comunitaria alla Scuola della Guardia di Finanza.

È stato funzionario ricercatore senior presso la DG Affari economici e Finanziari della Cee, capo della ricerca economica della Bnl, responsabile dell’ufficio prodotto della sezione credito industriale della Bnl, ispettore tributario centrale al ministero delle Finanze.

È stato consigliere economico e finanziario di diversi ministri (On. Scotti, Sen. Spadolini, Sen. Forte, On. Boniver).

Ha pubblicato diversi saggi e ricerche, tra cui alcuni su “Moneta e credito” e “Rivista bancaria”.

Ha pubblicato su FCHub:

Politica Economica

I numerosi strumenti di lotta all’infedeltà fiscale escogitati negli ultimi 40 anni (scontrini fiscali, accertamento per adesione, redditometro, studi di settore, fatturazione elettronica, ecc.) hanno mostrato tutti consistenti limiti di efficacia. Resta ancora da sperimentare uno strumento innovativo reso possibile dalla tecnologia digitale.

Politica Economica

In questi ultimi tempi, soprattutto dopo la Brexit e l’elezione di Trump, è divenuta più pressante nel dibattito politico italiano ed internazionale la questione dell’impasse dell’euro e della difficoltosa ricerca di un equilibrio economico sostenibile all’interno dell’UEM. Per quanto riguarda l’Italia, in disparte il problema della distribuzione dei migranti tra i Paesi dell’Unione, il nodo cruciale in tema di politica europea consiste nel determinare se sia utile e proficuo prendere in considerazione l’eventualità di uscire dal sistema della moneta unica europea laddove si è diffusa in Europa l’opinione che l’euro sia una “moneta sbagliata”, un’idea che ha preso vigore anche per le riflessioni critiche di molti economisti.

Politica Economica

La socialità del nostro Paese risulta essere inadeguata all’attuale contesto occidentale come emerge da pochi dati: le pensioni sono molto avare negli importi; la disoccupazione è alta; c’è una endemica carenza di servizi sociali alla famiglia e un’ampia dispersione nella distribuzione dei redditi. L'Italia impiega nella “spesa sociale propriamente detta” soltanto l'11,9% del PIL, a fronte di una media europea del 13,4%; per quanto riguarda i “cash tranfers”, al contrario, il dato italiano (16,8%) è praticamente in linea rispetto ai Paesi al vertice della classifica europea. La discrasia tra i due aggregati mette in evidenza il tipo di squilibrio da cui è affetta la spesa previdenziale italiana, ossia che i fondi dedicati alla “spesa sociale propriamente detta” accusano un sensibile ritardo, mentre i fondi destinati ai “trasferimenti sociali”, nel loro complesso, si situano allo stesso livello rispetto a quelli delle altre grandi democrazie europee. Per far fronte a queste criticità, il Movimento 5 Stelle ha ipotizzato l’introduzione del “reddito di cittadinanza”, che sembra però più uno strumento di propaganda politica che la soluzione ai problemi di socialità del Paese. Il reddito di cittadinanza, infatti, risulta affetto da gravi carenze che ne inficiano la realizzabilità, almeno nelle forme prospettate.

Politica Economica

Da qualche tempo il Governo annuncia per il 2017 un alleggerimento delle imposte attraverso una modifica delle aliquote IRPEF, riproponendo una questione che periodicamente appare e scompare nella vita politica italiana. Il cambiamento nella scala della progressività di questa imposta, secondo le intenzioni dell'Esecutivo, dovrebbe alleggerire il peso fiscale del ceto medio, la classe sociale che più ha subito un consistente down-grading a causa della crisi. In proposito, ha trovato spazio sui “media” la proposta, non si sa quanto ufficiale, di rispolverare l'impostazione del vecchio progetto di due aliquote, elaborato dalla Casa della Libertà in occasione della campagna elettorale del 2001.

Politica Economica

Le cause della grande crisi del nostro secolo sono state oggetto di molteplici analisi da parte della stampa e della letteratura economica. Ma l'opinione pubblica e la politica, così come la cultura economica dominante e l'establishment finanziario, non sembrano aver focalizzato le sue scaturigini. Vale a dire l'idea, avanzata da autorevoli economisti (J.E.Stiglitz, P Krugman, E Saez), secondo i quali la causa fondamentale delle crisi epocali risiede principalmente nell'eccessiva diseguaglianza nella distribuzione del reddito e della ricchezza. In particolare, le grandi ondate di lungo periodo nel livello delle diseguaglianze sorte negli ultimi 100-150 anni, conclusesi con crisi economiche epocali, hanno accentuato drammaticamente l'influenza negativa sulla crescita mondiale da parte dell'andamento economico degli Stati Uniti. Ai fini della genesi delle grandi crisi, le disparità di reddito endogene alle altre economie (che pur hanno grande valenza in materia di efficienza economica e nel disegno del loro sentiero di ripresa) esercitano un'influenza recessiva di intensità trascurabile. In effetti, il “contagio” proveniente d'oltre oceano nei periodi legati alle grandi crisi, ha una travolgente prevalenza. Conseguentemente, il presente lavoro attribuisce particolare risalto all'andamento della distribuzione dei redditi negli USA, lasciando in penombra le diseguaglianze endogene in Italia e negli altri Paesi europei.

Politica Economica

Può l’imposizione sui redditi con un'aliquota unica molto bassa costituire uno strumento per la ripresa economica? Per il Prof. Rabushka pare proprio di sì. Gli italiani sono per questo retrogradi, ancora legati ad una imposizione fiscale progressiva, ignorando le caratteristiche virtuose della “tassa piatta”. Ma se i sostenitori della “flat tax” ricordano, a più riprese, gli ottimi risultati conseguiti dai circa 40 Paesi che hanno utilizzato questa modalità impositiva, occorre anche considerare che il successo di queste esperienze, peraltro non proprio così evidente, ha riguardato realtà economiche (Estonia, Lituania, Lettonia, Russia, Paraguay, Serbia, ecc.) molto diverse da quella italiana. In Italia, infatti, l'introduzione di un'imposta sul reddito ad aliquota unica porrebbe rilevanti problemi, sia in materia di gettito, sia dal punto di vista dell'equità fiscale, mentre i benefici economici sono null'altro che una pericolosa chimera propagandistica.

Politica Economica

Mentre la locomotiva americana ha ripreso pieno vigore grazie a una tempestiva manovra espansiva della FED e a una politica di bilancio espansiva,  l’Europa stenta a ritornare ai livelli di vita pre-crisi. Economisti di livello mondiale quali Roubini e Krugman si schierano contro la politica di “austerità espansiva”, predominante nel Vecchio Continente, che ha contribuito ad aggravare la recessione, soprattutto in Europa meridionale. Che direbbero Adenauer, Schroder e Kohl di questa Germania che ha imposto la via della “austerity”, fin qui fallimentare fuori da casa propria, e rifiuta ogni politica solidale? E' urgente combattere la vampata dei nazionalismi e uscire dalla crisi ma non per questo i Paesi più indebitati dovranno abbandonare tout court le linee del patto di stabilità: la ripresa che ricostruirà la coesione economica europea arriverà solo col rilancio della domanda interna dei Paesi, come la Germania, che registrano un forte avanzo commerciale.