Presidente del Collegio di Napoli dell’Arbitro Bancario Finanziario.
– Avvocato cassazionista, iscritto nell’elenco speciale annesso all’Albo dell’Ordine di Roma.
– È titolare di abilitazione scientifica nazionale in Diritto dell’economia e dei mercati finanziari.
– È Cavaliere (1996) e Ufficiale (2014) al merito della Repubblica.
– È membro del comitato scientifico della rivista Il Foro Italiano; del comitato di coordinamento dei Quaderni di ricerca giuridica della Banca d’Italia; del Comitato di professionisti ed esperti della rivista Diritto del mercato assicurativo e finanziario; del comitato scientifico della rivista telematica Financial community Hub; è altresì membro del comitato scientifico dell’Unione Finanziarie Italiane (UFI) e dell’Associazione Italiana degli Istituti di Pagamento e di Moneta Elettronica, associazioni senza scopo di lucro.
– È stato Capo del servizio Diritto dell’economia della Banca d’Italia e responsabile del Coordinamento giuridico dell’Isvap.
– È autore di oltre 150 saggi editi in primarie riviste giuridiche, di cinque monografie e curatore di opere collettanee. – Ultimo saggio edito: L’Arbitro Bancario Finanziario presso la Banca d’Italia: genesi, struttura e funzioni, in AA.VV., Trattato di diritto dell’arbitrato, diretto da D. MANTUCCI, XV, Le controversie bancarie e finanziarie, ESI, Napoli, 2020; Ultima monografia: Scritti di diritto dell’economia, Milano, 2010. Ultima curatela: Commentario al codice delle assicurazioni private, annotato con la dottrina e la giurisprudenza (a cura di A. CANDIAN e G. CARRIERO), ESI, Napoli, 2014; Codice delle assicurazioni private annotato con la dottrina e la giurisprudenza, Appendice (a cura di A. CANDIAN e G. CARRIERO), ESI, Napoli, 2018.
Riflessioni sull'evoluzione degli organismi di "giustizia senza giurisdizione" alla luce del loro peso crescente nel tessuto economico e nella formazione del "diritto vivente" dei mercati finanziari. E qualche correttivo possibile
Bancomat, ecommerce, home banking sono esposti alle insidie di truffe e hacker. Ma, ai fini dell'imputazione del danno economico, dove arriva la responsabilità del proprietario/utente nel mettere in campo tutte le precauzioni, e dove invece la colpa è della banca? Ecco gli orientamenti della giurisprudenza, in gran parte plasmati dall'ABF
Con la direttiva 2009/138/Ce in materia di accesso ed esercizio dell’attività di assicurazione e riassicurazione e il novellato art. 3 del codice delle assicurazioni private (rubricato alle finalità della vigilanza) portato dal d. lgs. 12 maggio 2015, n. 74 di attuazione della succitata direttiva, il legislatore, attraverso il capovolgimento della gerarchia dei valori oggetto di tutela, definisce un regime di protezione dell’assicurato – consumatore più avanzato rispetto alle omologhe disposizioni che tuttora regolano le finalità della vigilanza sul mercato bancario e su quello mobiliare. L’art.3 infatti prescrive che obiettivo primario della vigilanza è quello di garantire l’adeguata protezione degli assicurati e degli aventi diritto alle prestazioni assicurative. A tal fine, l’Ivass persegue la sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione e riassicurazione, nonché, unitamente alla Consob, ciascuna secondo le rispettive competenze, la loro trasparenza e correttezza nei confronti della clientela. La stabilità del sistema e dei mercati finanziari diventa, per la vigilanza, obiettivo subordinato al precedente e la trasparenza diviene “sostanziale”. Non evoca più solo informazione e correttezza nelle relazioni tra intermediari e clienti, ma anche (e soprattutto) adeguatezza delle comunicazioni alle caratteristiche dei servizi e della clientela.
La pratica del bail-in esclude, oltre ai depositi fino a 100 mila euro, le passività garantite; i beni di proprietà di terzi (cassette di sicurezza o titoli rubricati in conti della clientela); le passività interbancarie e di pagamento con durata inferiore a 7 giorni; i debiti verso i dipendenti. Occorre però osservare che senso comune e percezione ampiamente diffusa tra i consociati vogliono che il denaro depositato appartenga (continui ad appartenere) non alla banca depositaria ma al depositante, in ragione della prevalente funzione di custodia che connota l’accordo. Se allora il discrimine rispetto a talune delle passività escluse dal bail- in risiede nella riconduzione delle stesse a diritti proprietari (si pensi alla detenzione di beni della clientela depositati in cassette di sicurezza, ai titoli e strumenti finanziari detenuti in conti della clientela etc.), diviene difficile comprendere (anche alla luce dell’art. 47 Cost.) la ragione del sacrificio dei depositi in passività monetarie superiori ai cento mila euro, in ragione della possibile disparità di trattamento tra creditori. In particolare, se la procedura di risoluzione non mira alla definitiva estinzione dell’impresa, dovendo invece provvedere al suo risanamento ovvero al trasferimento delle relative attività e passività (con o senza un ente – ponte) a un soggetto terzo, il credito alla restituzione (che non si converte in credito nei confronti della massa) viene irragionevolmente escluso (diversamente da altri diritti) nei confronti della società cessionaria dei relativi rapporti. Cosa, quest’ultima, totalmente diversa da ipotesi similari ricorrenti nel nostro (e in altri) ordinamento (i) (fusioni, scissioni, cessioni di rami d’azienda etc.).
A un quarto di secolo dall'abrogazione della legge bancaria del ’36, la disciplina finanziaria in Italia è dettata da una pluralità di emittenti, pubblici e privati, nazionali ed europei. Al pluralismo delle fonti si accompagna un continuo, magmatico, impetuoso mutamento delle leggi che governano il mercato finanziario, che incide negativamente sulla stabilità della legge, precondizione della sua effettività. L’osservanza diffusa e durevole delle regole di condotta preserva la legge dalla desuetudine e consente alle stesse autorità di supervisione di perseguire, con l’autorevolezza che deriva dall’agire in una cornice normativa nota, certa e condivisa, gli obiettivi della vigilanza. La normazione secondaria può provvedere all’ammodernamento della disciplina regolamentare per seguire i cambiamenti della sottostante realtà economica solo se la norma primaria è caratterizzata da un elevato tasso di conoscibilità, di accessibilità e di stabilità. I recenti sviluppi della regolamentazione nazionale ed europea procedono nell’opposta direzione del labirinto normativo, per il tramite di una opaca (ri)allocazione di funzioni e di una oscura semantica giuridica.
In Europa la disciplina civilistica dell’usura non è armonizzata. Se alcuni paesi sono del tutto privi di restrizioni ai tassi d’interesse praticati dagli intermediari creditizi; altri individuano un tasso soglia rilevante nei rapporti tra privati e diverse conseguenze a fronte della relativa violazione. Negli U.S.A, fin dalla metà dell’ottocento, è in essere una consolidata regolazione dell’interesse usurario tesa alla tutela della parte debole dei contratti di finanziamento. Tale disciplina fa registrare continui aggiustamenti nel suo perimetro di applicazione tanto soggettivo quanto oggettivo. In Italia, la disciplina applicativa dell’usura sconta, sotto il versante civilistico, importanti scostamenti indotti dal più generale assetto normativo che regola il “secondo” contratto o, equivalentemente, il contratto del consumatore. In particolare, è nota la divergenza tra Cassazione e Arbitro Bancario Finanziario sulla rilevanza degli interessi moratori ai fini della valutazione di usurarietà del prestito. La Cassazione riconosce l’idoneità anche di questi interessi ad essere calcolati per la valutazione dello sforamento del tasso soglia mentre l’Arbitro Bancario Finanziario ne esclude l’idoneità. In attesa di un eventuale intervento del legislatore domestico, è auspicabile un compiuto dialogo tra tribunali, Arbitro Bancario Finanziario e dottrina al fine di individuare soluzioni stabili e non distanti da altre similari realtà economiche.