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ABF – ACF: esperienze e prospettive

Riflessioni sull'evoluzione degli organismi di "giustizia senza giurisdizione" alla luce del loro peso crescente nel tessuto economico e nella formazione del "diritto vivente" dei mercati finanziari. E qualche correttivo possibile

Giuseppe Leonardo Carriero*
Carriero

ABF/ACF sono espressione di una realtà oramai consolidata nell’ambito degli organismi di “giustizia senza giurisdizione” a tutela della clientela in materia bancaria, creditizia, finanziaria e dei pagamenti. Lo testimoniano, a tacer d’altro, fatti di eloquente evidenza quali la crescente domanda di giustizia da parte degli aventi diritto e il riconoscimento nel corso degli anni di importanti importi a favore dei ricorrenti (nel 2021 pari a oltre 39 milioni di euro per ACF e a oltre 31 milioni di euro per ABF).

I principi espressi da questi organismi sono spesso applicati dalla giurisprudenza. In ogni caso ne sollecitano un continuo, fecondo raffronto dialogico nella costruzione del diritto vivente.     

Colpisce tuttavia, relativamente all’ABF, il dato relativo ai ricorsi dei non consumatori, pari a solo il 5% del totale. Segnala una criticità del sistema che non appare in grado di intercettare la potenziale, importante domanda di giustizia di un significativo bacino di utenza dei servizi bancari. Occorre individuarne le motivazioni.

Certo il ricorso all’ABF appare ontologicamente inadeguato a soddisfare le ragioni della grande impresa, per la quale resta preferenziale la scelta dell’arbitrato, della nuova lex mercatoria, di altre giurisdizioni e, da ultimo, del giudice.

Ma il nostro tessuto economico è composto (diversamente da altri Paesi) prevalentemente da piccole e medie imprese (oltre che da imprenditori individuali) ai quali l’ABF potrebbe invece giovare, con riflessi importanti anche in punto di efficienza, di crescita economica, di conformazione delle condotte da parte degli intermediari. In via di prima approssimazione, mi sembra che giochi senz’altro il diverso peso delle regole che informano la disciplina di questo settore rispetto a quello connotato dalla presenza del consumatore. 

Incrementi “asimmetrici” della competenza per valore dell’organismo con riguardo a questo segmento disciplinare potrebbero tuttavia aiutare, magari insieme a un allargamento della platea associativa del comparto di riferimento, con conseguente maggior attivismo in ordine alla descrizione e diffusione dei vantaggi rivenienti da questa giustizia alternativa.

Appare inoltre importante insistere sulla comprensibilità (da parte del colto ma soprattutto dell’inclita) delle motivazioni relative alle singole decisioni dei riferiti organismi le quali, oltre alla indispensabile sintesi, devono essere redatte con un linguaggio più semplice e meno involuto, peraltro coerente con la loro natura di ADR. 

Osservo infine che in Europa le ADR finanziarie, indipendentemente dai diversi assetti organizzativi regolati dai singoli Paesi, vengono tutte chiamate a intrattenersi su problematiche fondamentalmente comuni nel loro nocciolo duro. Tali organismi scontano, grazie anche alle continue sollecitazioni del legislatore unionista, una diffusione sempre più capillare e crescente.  

La nota direttiva n. 11/2013 sulle ADR di consumo, nella misura in cui armonizza le regole del gioco all’interno delle quali operano anche le ADR europee in materia finanziaria, può utilmente favorire il dialogo tra le medesime con riferimento a questioni comuni e così a fare in modo che sia l’applicazione del diritto nella law in action a creare la regola giuridica e non viceversa. 

Soprattutto in ragione dell’adattabilità dell’operazione economica a contesti diversi rispetto a quelli che l’abbiano generata, il diritto dei mercati finanziari è infatti caratterizzato da una pluralità di formanti, all’interno dei quali il momento applicativo rappresenta lo strumento di concretizzazione del diritto e concorre a formare il diritto vivente.

Non sembra perciò azzardato, in una prospettiva evolutiva, riferire alla conoscenza delle motivazioni e degli snodi argomentativi delle ADR europee quanto opportunamente segnalato con riguardo alla giurisprudenza in guisa di referente idoneo a cogliere fatti e fenomeni della realtà sociale ed istituzionale ordinata nelle forme del diritto.    

È d’altronde appena il caso di ricordare, segnatamente con riguardo al contesto della attuale globalizzazione giuridico – economica, come gli strumenti predisposti dal diritto comparato si pongano talora nell’ambito della teoria dell’interpretazione. Autorevoli, risalenti esempi non mancano: dalla pronuncia del giudice delle leggi che ha intaccato il principio della assoluta inescusabilità dell’ignoranza della legge penale sulla scorta di riflessioni anche di diritto comparato (Corte cost., 24 marzo 1988, n. 364), alla responsabilità da contatto sociale qualificato attraverso elaborazioni in tema di obblighi senza prestazioni primarie di area germanica (tra le tante, v., in particolare, Cass., 22 gennaio 1999, n. 589).

Un esempio, nel contesto di riferimento, può essere rinvenuto nella decisione del Collegio di coordinamento ABF (n. 6173/2016) sul contratto di risparmio edilizio e sull’applicazione del c.d. “diritto di stipula” da corrispondersi all’atto della sottoscrizione dell’accordo (prevalentemente regolato dalla disciplina tedesca), il quale è – in motivazione – costretto a confrontarsi con la giurisprudenza della Corte federale di giustizia (Bundesgerichtshof, sentenza del 7 dicembre 2010) che ha ritenuto (diversamente dall’organismo di ADR) le clausole di quel contratto redatte in modo chiaro e comprensibile. 

In ragione della dimensione transnazionale di questa categoria di contratti e del minore formalismo procedimentale che connota gli organismi in parola, è dunque possibile (oltre che auspicabile) prevedere la circolazione di modelli di risoluzione di singole controversie in contesti di ordinamenti giuridici aperti sempre più plurali e policentrici, utili a definire nel contesto di riferimento (e non solo) formanti di diritto europeo uniformi. 

Poter disporre, nella disamina della questione posta ad ABF/ACF, di una sorta di repertorio della “giurisprudenza” di altre similari ADR europee sarebbe perciò spesso prezioso tanto nella soluzione del caso concreto quanto (e soprattutto) nel consolidamento di principi europei del diritto dell’economia. In ciò il più è ancora da fare ma l’uso dell’intelligenza artificiale può risultare decisivo. 

(*) Le opinioni espresse sono e restano esclusivamente personali