Intervista a Gianpaolo Barbuzzi, presidente ACF
Le novità introdotte dalla riforma della giustizia civile, dalla composizione delle controversie in via stragiudiziale alla giustizia predittiva, verranno dibattute in un convegno e sono qui anticipate
La riforma della giustizia civile, resa definitiva dal decreto delegato varato dal governo Draghi poco prima della fine del mandato, introduce una grande novità. Uno degli strumenti per velocizzare i tempi delle controversie e alleggerire il carico sui tribunali, secondo gli obiettivi richiesti dal PNRR, è la valorizzazione della risoluzione delle controversie per via stragiudiziale, in alternativa al ricorso al giudice, in un campo di applicazione più esteso che in passato. L’attività di mediazione, per esempio, potrà essere svolta dall’avvocato in materie come il diritto famigliare o il contenzioso condominiale. Per raggiungere l’obiettivo di deflazionare il carico della giustizia civile e aiutare il lavoro degli organismi giudicanti, si introducono inoltre forti dosi di digitalizzazione e l’utilizzo degli strumenti dell’intelligenza artificiale per quella che viene chiamata la giustizia predittiva.
Sulle possibilità che si aprono per questi strumenti rifletteranno i relatori del convegno organizzato dall’Arbitro delle controversie finanziare, la facoltà di Economia della Sapienza e l’Associazione nazionale per lo studio dei problemi del credito per il 24 ottobre (vedi locandina in allegato) alla Consob. L’ACF e prima di lui l’Arbitro bancario finanziario sono infatti pionieri del sistema stragiudiziale, avendo fatto proprio di questa composizione delle controversie l’arco di volta delle loro attività sin dall’inizio, con un successo che ne ha dimostrato l’efficacia. Ha portato per esempio l’ACF, nei quasi sei anni di vita, a smaltire 8665 ricorsi su 9507 (dato al 30 settembre scorso), ottenendo per il 66 per cento dei casi accolti un “tasso di esecuzione” del 96 per cento e risarcimenti per 140 milioni. Casi che altrimenti sarebbero finiti nelle aule di giustizia e forse non avrebbero neanche visto la conclusione.
L’esperienza dei due Arbitri può servire da esempio per la diffusione della pratica stragiudiziale? Quale passo in avanti si può immaginare? E quali nuove prospettive aprono anche per gli Arbitri i diversi aspetti della riforma delle giustizia civile?
«Intanto c’è intanto una chiara indicazione che emerge dalla riforma e serve come monito per tutti, anche a noi», risponde Gianpaolo Barbuzzi, presidente dell’ACF: «e cioè che le sentenze siano sintetiche, scritte in termini chiari e univoci, e non con un linguaggio solo per addetti ai lavori. Quanto alle prospettive che ci riguardano come ACF, penso che uno degli strumenti più interessanti sia la cosiddetta giustizia predittiva: che consenta cioè, in base a orientamenti già consolidati, di far capire in anticipo al cittadino comune, o a un operatore professionale, quale potrebbe essere l’esito qualora volesse intraprendere l’iniziativa legale».
Anche il Mef ha deciso, insieme alle commissioni tributarie, di far scandagliare da un algoritmo circa un milione di sentenze in materia tributaria, per far capire l’orientamento della giustizia tributaria a chi volesse fare ricorso. E magari dissuaderlo dal farlo. Come potrà un algoritmo dare risposte ragionevoli e accettabili?
«È uno scenario pieno di incognite, è vero. Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo deciso di realizzare un data base con le nostre seimila decisioni, in cui opererà un algoritmo. Questo per fare in modo che intermediario e cliente possano capire subito a quali decisioni è arrivato in passato l’ACF su quella materia. Ciò potrebbe consentire all’intermediario di gestire i reclami della clientela con la sicurezza che, se si opera nel senso rilevato dall’algoritmo, lui si troverebbe ad avere ragione in caso di reclamo all’ACF. Ma sarebbe anche uno strumento di educazione finanziaria per i risparmiatori, che spesso si muovono nella totale inconsapevolezza: spesso ci sentiamo dire, durante le istruttorie, “ho firmato tutta la documentazione contrattuale, ma era tutto precompilato, dopo anni mi sono accorto che non mi rappresentava”. Viceversa, avere a disposizione uno strumento agevole, che consenta di individuare con facilità sia la problematica che la soluzione che ad esse è stata data dall’ACF, può essere a portata di qualsiasi cittadino».
A che punto è la messa a punto di questo algoritmo?
«Sono state elaborate varie ipotesi, a livello prototipale, e sono state fatte simulazioni su un certo campione di decisioni, per vedere come rispondeva l’algoritmo. Finora, il lavoro di massimazione è stato un lavoro manuale, fatto da una equipe di persone, e ci ha portato, nella Relazione presentata quest’anno, a pubblicare tutte le massime più importanti emanate finora. Cioè a fare la storia della nostra “giurisprudenza”. Altra cosa è affidare a un algoritmo la lettura di tutti i documenti di un fascicolo istruttorio, la decisione, e tanti altri documenti, fascicoli e decisioni, da cui trarre un filo conduttore che consenta di arrivare a una certa tipologia di decisione. Questo è un lavoro molto più complesso e innovativo. In quest’ambito, stiamo lavorando anche con l’ABF, per definire sistemi algoritmici che portino ad avere un prodotto unitario».
Come procedete?
«Lavorare su questa materia presuppone un periodo lungo in cui il fattore umano e la macchina lavoreranno insieme, in un processo di machine learning che servirà ad affinare l’algoritmo.
Intanto, abbiamo già iniziato un processo di standardizzazione degli atti: sia con la modulistica che con altri vincoli nella presentazione del ricorso. Se applicheremo questa standardizzazione anche alla nostra attività interna e alla decisione finale – anche nella giustizia civile tendono alla standardizzazione delle sentenze – questo agevolerà il lavoro della macchine, perché si arriverà a un format che sarà sempre quello. La macchina, quindi, dovrà cercare solo le cose che differenziano un caso da un altro. Il nostro vantaggio è che abbiamo iniziato da subito a operare come un sistema nativo digitale, cioè dal primo giorno operiamo solo online, il nostro collegio non ha un pezzo di carta sul tavolo, la nostra storia è già tutta memorizzata».
Si può immaginare un sistema in cui alla fine tutto sarà affidato alla macchina, anche il vostro lavoro valutativo?
«È chiaro che non può essere solo la macchina a pronunciarsi in via definitiva sui casi in esame. Ma si potranno avere grossi vantaggi in termini di tempi dell’istruttoria quando l’algoritmo riuscirà a mettere a mettere in fila tutti i documenti, li valuterà e li classificherà e ci potrà fornire una bozza di una possibile soluzione della controversia. È chiaro che solo con il tempo la macchina potrà diventare affidabile al cento per cento. A quel punto saremmo giunti alle sentenze predittive: un collegio giudicante si troverebbe di fronte a proposta finale confezionata, e spetterà al collegio validarla o meno. Per il momento, il lavoro che oggi fanno gli uffici sarà fatto dalla macchina».
Il titolo del vostro convegno parla di opportunità della riforma della giustizia civile per cittadini e imprese. La giustizia predittiva come lei l’ha descritta, che beneficio offre alle imprese?
«L’ACF dove essere visto come una opportunità per gli intermediari. Per le banche, adeguarsi alle nostre decisioni in caso di soccombenza vuol dire preservare il rapporto con il cliente. Inoltre uniformarsi ai nostri orientamenti diventa una specie di assicurazione per l’intermediario: adeguarsi alla nostra sentenza è come adottare una best practice. Di fronte a noi sarebbero quindi dalla parte della ragione. È il caso delle garanzie informative dovute al cliente non solo quando va in filiale, ma anche quando opera online. Nelle nostre sentenze abbiamo chiesto agli intermediari che il processo di investimento online fosse concepito per step, e che quello della scheda prodotto fosse un passaggio obbligato per passare a quello successivo e non, come prima, un optional. Ora si sono adeguati alle nostre prescrizioni».