BANCA D’ITALIA
Visco, una preghiera alla Ragione
Paola Pilati

Non si era mai visto un governatore della Banca d’Italia così preoccupato e grave in viso, in questa che pure è la sua celebrazione annuale. Né mai sguardi così scoraggiati tra gli uomini del suo team, né un clima così pesante nel santuario dei “tecnocrati” dell’economia. Occorre forse tornare a quel 2011, l’annus horribilis della crisi del debito pubblico per via dello spread che passò da 173 a 528 punti, per rivivere la stessa drammaticità e il senso di un destino appeso al filo: quello che, se si spezzasse, potrebbe sprofondare il nostro paese nella fossa dei leoni della sfiducia. In cui i mercati ci farebbero a pezzi.

È per questo che le Considerazioni finali che Ignazio Visco ha letto all’assemblea annuale quest’anno hanno seguito un doppio binario. Il binario con cui ha dispensato i tre messaggi di fondo che hanno fatto come da trama, da pentagramma all’intera composizione, e in cui ha tracciato il percorso delle cose possibili: la conquistata ripresa, la nuova competitività, il ritorno dal debito. E poi un secondo binario. Quello dei pericoli ancora vivi, e delle insidie che le iniziative azzardate della politica populista e sovranista potrebbe creare. Se i due binari si dovessero intersecare, il deragliamento del paese sarebbe disastroso.

Quali sono stati i tre messaggi di fondo? Primo: l’economia italiana si sta rafforzando, per cui il cammino delle riforme intrapreso è quello giusto. Secondo: la difesa del risparmio dipende anche dalla credibilità che i mercati ci riconoscono nel continuare ad abbattere il debito, e questa credibilità è un valore da difendere. Terzo: l’Unione europea è la nostra casa, in cui possiamo difenderci meglio dalle tubolenze geopolitiche esterne che se fossimo soli, e nella quale possiamo e dobbiamo avere una parte autorevole nella definizione di regole e assetti.

Messaggi che certo non innovano la linea già espressa in molte occasioni da via Nazionale, ma che oggi hanno l’intenzione di pesare di più, e l’obiettivo di arrivare alle orecchie giuste, anche quelle che non vorrebbero ascoltare. Poco importa se il governatore è già stato accusato di appartenere alla Spectre che ispira Sergio Mattarella, ancor meno se è additato come uno di quei “poteri forti” che giocano contro il “popolo”. Il capitale faticosamente riconquistato con tanti sacrifici dal paese da quell’orribile 2011, la fatica fatta per rimontare la china, e pagata da tutti i cittadini in termini di ricchezza, non possono essere dissipati.

La pietra miliare di questo sforzo è la riduzione del debito: “obiettivo irrinunciabile”, lo definisce Visco. Anzi, addirittura possibile: la scalata al debito, che non è mai stato così alto (132 per cento sul Pil), è vero che ci rende vulnerabili ma non è fuori portata. Visco su questo punto indica la direzione di marcia: “il rapporto tra debito pubblico e Pil potrebbe tornare sotto il 100 per cento nel giro di dieci anni – scrive – se venisse gradualmente conseguito un avanzo primario tra il 3 e il 4 per cento del prodotto”. E sarebbe aiutato anche dalla diminuzione del premio di rischio sui titoli pubblici italiani.

Ma è proprio si questo fronte che si apre il rosario di quelli che il governatore considera i pericoli in agguato. Infatti avvisa: “In una fase espansiva, e con una politica monetaria ancora molto accomodante, non è utile aumentare il disavanzo. A fronte di un temporaneo impatto positivo sulla domanda, reso peraltro incerto dal possibile materalizzarsi di tensioni finanziarie, si avrebbero ripercussioni negative persistenti sul debito e sulla spesa per interessi”. Come dire: aumentare le spesa a debito, come i progetti populisti immaginano, darebbe un’illusione di benessere effimera, pagata con una lunga penitenza inflitta dai mercati al momento di rinnovare iBot.

La congiuntura economica ci aiuta a tenere duro: la crescita è piu robusta, e soprattutto “è in aumento la capacità di autosostenersi”, cioè di crescere per vie endogene. Sono saliti i consumi, hanno ripreso gli investimenti, come anche l’occupazione. Le nostre imprese hanno ricominciato a competere sui mercati internazionali, e il segnale sono le esportazioni, ma anche l’avanzo delle partite correnti. Però resta il divario con gli altri paesi dell’area euro, sia sulla crescita che sulla produttività. Un cambiamento di scenario, questa volta non più al rialzo ma in arretramento, va scongiurato, ammonisce Visco : “Preservare la fiducia delle famiglie, delle imprese e degli investitori è condizione necessaria per il proseguimento della crescita dell’economia”. Possiamo anche affrontare quel delicato momento che sarà la fine prossima del QE purché “le condizioni sui mercati finanziari si mantengano favorevoli”. Ma camminiamo su un filo.

Anche sul fronte pensioni il monito non si è fatto attendere. «Sarebbe rischioso fare passi indietro. Interventi mirati sono possibili ma vanno adeguatamente compensati in modo da assicurare l’equilibrio attuariale del sistema pensionistico. Nel modificare le regole di fondo che determinano le tendenze di lungo periodo della spesa pubblica va esercitata estrema prudenza”. Quindi attenti a mettere mano alla legge Fornero, considerando anche – questo Visco l’ha ripetuto più volte – che le tendenze demografiche prefigurano una riduzione della popolazione attiva e un aumento di quella anziana nei prossimi anni.

Molti dei difetti strutturali dell’economia italiana sono ancora lì. Inefficienze della PA, ritardi della giustizia civile, limiti della concorrenza, illegalità, una tassazione elevata dei fattori di produzione, l’insufficienza degli investimenti in innovazione, ricerca, capitale umano. Servono riforme, ma tutte le riforme, anche le molte, positive, che sono state fatte, non possono dare risultati subito: hanno bisogno di uno “sforzo di lunga lena”. Attenti dunque a smantellarle, a riscrivere tutto da capo, la paligenesi non esiste, e chi la promette vende moneta falsa.

Quanto alla leva fiscale, Visco ne accenna in almeno due punti. Quando considera che gli effetti “mederatamente restrittivi dell’aumento dell’avanzo primario possono essere compensati da una riforma fiscale indirizzata a rendere il prelievo meno distorsivo, e da una ricomposizione della spesa pubblica volta a stimolare la capacittà produttiva”. E quando ribadisce che“I mezzi vanno ricercati con pazienza, tagliando le spese inutili e riconsiderando, semplificandola, la strattura complessiva dell’imposizione, senza pregiudizi nei confronti di imposte meno distorsive”, come aggiunge in finale il Governatore. Cosa si intende per imposte meno distorsive? Qui il riferimento non può che essere all’Iva, imposta indiretta che colpisce i consumi e non i redditi, e alle tasse sulla proprietà. Due consigli, e che come tali devono arrivare al governo prossimo venturo. Di certo, tutto il contrario del sistema flat tax a due aliquote pubblicizzate dai populisti, che distorsive certamente sono in quando avvantaggiano i redditi alti.

Certo, la lunga crisi ha accentuato il disagio sociale. Il numero delle famiglie in povertà assoluta è quasi raddoppiato, raggiungendo il 7 per cento; nel Sud è piu alta, coinvolge soprattuto famiglie straniere, e i giovani. E qui c’è un altro punto fermo della visione di Visco. Il reddito di inclusione, avviato quest’anno, arriverà con le risorse disponibili a coprire solo il 40 per cento delle famiglie povere, calcola Bankitalia. Ma per rafforzare questi interventi, e nel mettere in campo altri provvedimenti, “oltre a evitare di scoraggiare la ricerca di lavoro regolare, bisognerà prestare attenzione alle conseguenze sui conti pubblici”. Un doppio warning ai 5Stelle, che al momento di saldare la promessa elettorale del reddito di cittadinanza non usino troppa liberalità e modalità di intervento di stampo assistenziale.

Infine un richiamo ai vincoli costituzionali: “la tutela del risparmio, l’equilibrio dei conti, il rispetto dei Trattati”. E al rischio di disperdere in poco tempo e poche mosse il bene insostituibile della fiducia. Le righe della conclusione delle Considerazioni finali sono come un Credo in questa fiducia: “La fiducia nella forza del nostro paese che, aldilà di meschine e squilibrate valutazioni, è grande, sia sul piano economico che su quello civile; la fiducia nella solidità del nostro risparmio, fondata sulla capacità di superare gli squilibri finanziari, economici e sociali; la fiducia nel nostro futuro, da non disperdere in azioni che non incidono sul potenziale di crescita dell’economia, ma rischiano di ridurlo”. Quasi una preghiera alla Ragione.