Libri

a cura di Filippo Cucuccio

Viaggio in cerca della Terza via

Gustavo Piga “L’interregno – Una terza via per l’Europa”, Milano, Hoepli, 2020. Pagg.244, Euro 19,90

Filippo Cucuccio

Sicuramente è un grande affresco di storia economica con sconfinamenti apprezzabili in campo sociologico e filosofico. Ma è anche una sistematizzazione delle idee e delle critiche in campo economico esplicitate in tante occasioni, pubbliche e non, da Gustavo Piga, economista di lungo corso con solide esperienze internazionali e  Ordinario di Economia Politica all’Università Tor Vergata di Roma. Sì, certamente, il suo ultimo libro è  tutto questo: un viaggio affascinante nel tempo con un’attenzione particolare agli ultimi due secoli (quello in corso e il precedente) con considerazioni e valutazioni originali, supportate da un robusto richiamo ai fondamentali economici, ma rese con uno stile lieve e coinvolgente per il lettore che vorrà effettuarlo. 

Qual è l’obiettivo dell’A.? Mostrare in un’epoca dominata dalla contrapposizione aspra e radicalizzata tra i fautori del sovranismo e quelli della globalizzazione che vi è una terza via da poter percorrere, in modo costruttivo, sia per l’Italia, che per l’Europa.

Un obiettivo che bene giustifica l’impianto di questo libro, articolato in 5 parti comprese tra un Prologo, caratterizzato dalla tematica dell’aggravamento dei problemi preesistenti a causa della pandemia da Covid’19, e un Epilogo, in cui il focus è rappresentato dalle future generazioni e dalle loro motivazioni.

Le comparazioni tra fenomeni economici verificatisi nell’arco di tempo considerato sono comunque condizionate dalla convinzione dell’A. che  “la Storia non si ripete mai allo stesso modo” e dalla specificità dell’attuale situazione in cui si è venuta a trovare l’Europa, “con una moneta e una Banca Centrale nuove di zecca, ma anche con Istituzioni politiche invischiate nel bel mezzo di un epocale passaggio di consegne tra esecutivi nazionali ed europei” (anche a questo è ispirato il termine “interregno” usato nel titolo).

Con la conseguenza di vedere diffondersi e acutizzarsi progressivamente quelle che l’A. definisce le lacerazioni, registrate non solo tra le nazioni europee, ma anche all’interno dei singoli Stati, e che sono la radicalizzazione di aspetti problematici socio-economici pregressi.

In questo viaggio nel tempo offerto al lettore numerosi sono gli spunti stimolanti. Se ne  citano qui per esigenze di spazio solo alcuni. C’è, dunque, spazio per analizzare le somiglianze e le differenze dell’attuale crisi con quella del 2008, ma anche con l’altra degli anni ’30 del secolo scorso e, persino, allargando ulteriormente l’orizzonte di osservazione, per vagliare il percorso compiuto in quasi 150 anni per costituire federativamente gli Stati Uniti d’America. Interessante anche la caratteristica di sfatare con la forza inoppugnabile dei dati alcuni miti, ormai acquisiti nella percezione collettiva: uno tra i tanti, quello in tema di spesa pubblica, dimostrando che la sua velocità di crescita nella virtuosa Germania è stata ben superiore in questo secolo a quella della “cicala” Italia.

Fondamentale è, poi, la parte del libro destinata a illustrare con dovizia di dettagli quella che viene definita la follia europea. Ossia le soluzioni che sono state adottate dall’Unione Europea e dai Parlamenti delle nazioni europee per fronteggiare la crisi economica del 2008, evidenziando, in particolare, gli aspetti nefasti derivanti dall’applicazione del Fiscal Compact. Ad esse viene imputata anche l’origine di uno spirito divisivo tra le nazioni, che ha favorito lo sviluppo di movimenti sovranisti contrapposti ai globalisti.

Una contrapposizione che rischia di far perdere di vista all’Europa la dimensione reale dell’importanza del problema di sedersi con pari dignità al tavolo mondiale globalizzato, assistendo impotente “alle strategie logicamente vincenti e spartitorie di Cina, Russia, Stati Uniti e forse anche di altri”.

Nella convinzione di essere ben lontani, qui nel Vecchio continente, da un’unione di Stati solidali, l’A. evoca l’esempio del primo ministro del Tesoro dei costituendi Stati Uniti d’America, Alexander Hamilton, che nel 1790 propugnò con forza e impose dopo lunghe discussioni la propria idea di emettere dei Titoli di Stato unici per tutti gli Stati confederati, i Continental, segnando una nuova epoca, caratterizzata dalla rinuncia al potere impositivo da parte dei singoli Stati, ma accompagnata dal beneficio di una solidarietà prima sconosciuta tra Stati ricchi e Stati bisognosi.

Un esempio da tenere bene a mente, pertanto, in ambito di Unione Europea, dove l’obiettivo di una politica fiscale comune appare ben lungi dall’essere raggiunto, nonostante il punto a favore segnato in questo contesto dalla recente emissione di Eurobond legati all’attivazione del meccanismo SURE (Support to mitigate Unemployment Risks). Un primo passo lungo il percorso che porta a quell’aspetto di solidarietà tra nazioni sotto forma di sostegno ai più deboli, che deve costituire il fulcro di una Costituzione Europea ispirata a un principio di vera giustizia sociale.

Per inciso, l’enfatizzazione dell’importanza di disporre di modelli solidali per favorire la convergenza tra Stati, colmando gradualmente le diseguaglianze economico sociali di partenza, in realtà non è un inedito storico. Basti pensare, ricorda l’A., alla via, già indicata a suo tempo da Montesquieu, rispetto alle due opzioni di massima centralizzazione e massima autonomia. 

Il continuo richiamo a parallelismi storici non impedisce a Gustavo Piga di dedicare uno spazio adeguato anche a temi di bruciante attualità. È il caso dell’analisi critica del MES, sia nella sua configurazione originaria, sia in quella risultante dalla sua prossima riforma  (con considerazioni specifiche sulla sua relativa non convenienza per l’Italia); o l’altra legata  all’importanza di un uso corretto delle risorse previste dal Recovery Fund: passaggi logici indispensabili per approdare all’idea conclusiva dell’assoluta necessità di una Costituzione fiscale europea, basata sull’autonomia di ogni Stato Membro e sulla sua responsabilizzazione in tema di spesa pubblica effettuata.

Dall’Europa all’Italia per chiedersi cosa possa fare il nostro Paese per l’Unione Europea e cosa debba fare al proprio interno per cambiare il passo di marcia stentato, se raffrontato a quello di altri Paesi. Un’occasione utile per vagliare criticamente la politica economica dell’Italia in questa prima parte del secolo attuale, mostrando i guasti prodotti dall’applicazione sciagurata di misure ispirate al già accennato Fiscal Compact e le difficoltà di crescere per il nostro Paese in assenza di un serio di rilancio delle infrastrutture, sostenuto a sua volta da un adeguato piano per l’occupazione giovanile.

Rientrano in questa parte del libro considerazioni importanti sulla valorizzazione delle Piccole e Medie Imprese, che in Italia costituiscono la parte numericamente maggioritaria del tessuto imprenditoriale e che poterebbero trarre grandi benefici dall’applicazione di un grande piano di piccoli appalti. Una parola, questa degli appalti, che nel nostro Paese continua, purtroppo, a evocare sprechi di risorse, originati sì da corruzione, ma, anche e soprattutto, da incompetenza.

In questo periodo di transizione per l’Europa, ma anche per l’Italia, si dovranno, in definitiva, sciogliere nodi fondamentali per l’Unione Europea e per il nostro Paese. Per l’Italia in particolare quelli della mancanza di investimenti per il pessimismo endemico causato dall’austerità europea imposta ai singoli Stati, e la mancanza di una riforma della pubblica amministrazione nel segno di un ineludibile accrescimento qualitativo delle competenze e delle conoscenze. Due nodi, due passaggi e soprattutto due sfide a cui è legato il futuro dei nostri giovani e, quindi, le concrete possibilità di una reale crescita socio – economica e anche civile del Paese.