All’avvicinarsi della scadenza del piano di acquisti da parte della BCE, che tanto ha influito positivamente sui premi al rischio degli attivi finanziari europei, è lecito chiedersi se tale programma sarà esteso, modificato o concluso e quali saranno le prospettive per i mercati azionari europei. Per rispondere e cercare di dare interessanti spunti di riflessione sul tema, vorrei per un attimo introdurre gli elementi di base del processo d’investimento adottato in Anima per la gestione di prodotti multiasset.
Approfonditi studi quantitativi condotti all’interno del team hanno messo in evidenza come il comportamento delle principali classi di attivo finanziarie è in gran parte spiegabile dall’andamento di tre fondamentali variabili: le aspettative di crescita economica, di inflazione e dei premi al rischio disponibili sul mercato. In particolare quest’ultima variabile, il premio al rischio, è qui intesa come la remunerazione che un investitore chiede, al di là delle proprie aspettative su crescita ed inflazione, per poter investire in una determinata classe di attivo; questa varia nel tempo in funzione anche dell’appetito per il rischio e si è dimostrata molto sensibile alle decisioni di politica monetaria. Questa mappa di drivers riteniamo sia stata valida in passato, lo sia oggi, e lo sarà in futuro, a differenza di tanti modelli imperniati su correlazioni che sono instabili nel tempo.
In particolare, considerando il mercato azionario europeo o americano, queste variabili arrivano a spiegare oltre l’80% della variabilità dei loro indici aggregati. Se poi consideriamo un portafoglio multiasset dove i vari rischi idiosincratici si compensano parzialmente, la percentuale di volatilità spiegata dalle variabili macro supera addirittura il90%. Da qui nasce l’attenzione che il nostro processo pone sull’analisi di queste tre variabili. Il nostro punto di partenza infatti è un portafoglio che definiamo macro neutrale, ossia non influenzato dal cambiamento delle variabili di crescita ed inflazione ma è funzione solo del premio al rischio. Quest’ultimo infatti ha per sua natura un drift positivo nel medio periodo in quanto l’investimento in attivi finanziari richiede sempre un premio più o meno alto; non è altrettanto il caso per le variabili di crescita ed inflazione che possono mostrare mega trend di lungo periodo come ad esempio il trend disinflazionistico degli ultimi 20 anni.
Con queste lenti torniamo quindi al tema iniziale delle prospettive dei mercati azionari europei, valutandone i driver fondamentali e partendo dalla situazione dei premi al rischio. Possiamo pensare che vi siano fattori sia globali sia locali che ne impattano la dinamica. A livello globale, dopo anni di stimolo monetario e fiscale da parte delle principali economie mondiali, ci troviamo in una situazione in cui tante buone notizie sono già incorporate nei prezzi di mercato. Ad esempio una variabile che sembra avere un’influenza positiva sui premi al rischio globali è la spesa globale, intesa come somma di moneta e credito in circolazione. Infatti nelle moderne economie capitalistiche l’importanza del credito è sempre più predominante. Quando il tasso di crescita della spesa globale è buono e in crescita, anche l’andamento dei premi al rischio, misurato dall’andamento di un portafoglio cross asset come proxy, è positivo. Mentre nel caso di spesa globale in rallentamento o addirittura in calo, lo scenario per i premi al rischio diventa meno favorevole, come indicato dall’area d’ombra rosa nel grafico sottostante. In questo momento, con la restrizione monetaria in atto in America e la relativa forza del dollaro, questa liquidità è in rallentamento, sebbene cresca ancora a tassi positivi; questo fenomeno non depone a favore per gli attivi finanziari nel loro complesso.
A livello locale inoltre, un’eventuale decisione da parte della BCE di ridurre o terminare il programma di QE rappresenterebbe un ulteriore elemento di negatività. A questo proposito tuttavia, occorre ricordare come la BCE abbia iniziato il programma di acquisti con l’obiettivo di riportare l’inflazione in modo sostenibile verso l’obiettivo del 2%. Se guardiamo gli indici d’inflazione core, l’andamento è in ripresa, ma esistono ancora rilevanti differenze tra paesi core e paesi periferici che la BCE non può trascurare. Pertanto non dobbiamo prendere come evento certo la fine del QE in Europa. Al netto di tutto comunque, si può concludere che lato premio al rischio, il contesto attuale non è particolarmente favorevole ai mercati azionari europei soprattutto per le dinamiche globali sopra descritte.
Dal punto di vista della crescita economica, i principali indicatori sia coincidenti sia anticipatori sono su livelli buoni e compatibili con un ciclo economico in fase espansionistica. Tuttavia occorre notare che gli ultimi dati non sono più in miglioramento e in alcuni casi il peggioramento è decisamente evidente, si vedano ad esempio gli ordinativi tedeschi. I mercati sono molto veloci nell’incorporare le informazioni disponibili e quindi si può dire che già incorporano l’attuale situazione positiva del ciclo mentre sarebbero decisamente impattati in modo negativo nel caso la stringa di nuovi dati non mostri una nuova accelerazione. Allo stato attuale, il flusso di dati continua a mostrare una dinamica in deterioramento per cui anche dal punto di vista della variabile crescita, non vi sono elementi di particolare supporto. Certo è che l’influsso della crescita internazionale è molto forte, soprattutto per il grado di apertura sia dell’economia sia delle imprese europee, in fondo siamo un continente di grandi esportatori. Tuttavia anche da questo punto di vista l’America sembra essere il paese più forte in questo momento mentre le principali economie emergenti stanno arrancando e la guerra commerciale che il presidente americano sta mettendo in atto non favorisce la crescita globale. Più prospetticamente inoltre, l’Europa presenta un profilo demografico e un livello d’indebitamento complessivo, sia pubblico sia privato, che grava sul potenziale di crescita di medio lungo termine.
Infine l’inflazione, la terza variabile cruciale. Da questo punto di vista, la situazione è complessivamente benevola, essendo come detto in precedenza addirittura ancora ben al di sotto del livello target della banca centrale. L’influenza di questa variabile tuttavia è meno rilevante rispetto alle due discusse in precedenza.
Riassumendo quindi l’analisi dei principali driver macro, si può dire che da un punto di vista top-down occorre prestare una certa attenzione alle evoluzioni macro in quanto al momento il quadro non risulta particolarmente favorevole. Certo è che se guardiamo a variabili più bottom up, il ciclo dei margini di profitto è ancora in crescita e le valutazioni dei marcati europei sono decisamente attraenti sia rispetto ad altre alternative d’investimento sia rispetto a quelle di altri mercati importanti come quello americano.
Se dal punto di vista assoluto possiamo dire che è consigliabile una maggiore prudenza, riteniamo che vi siano comunque interessanti opportunità in termini relativi. Ad esempio, il rialzo delle materie prime, petrolio e metalli industriali in primis, spinti da un ciclo economico mondiale in fase espansiva, rappresenta un’opportunità per quei settori più legati a queste dinamiche dove la crescita degli utili è stata molto debole rispetto a quella dell’interomercato negli anni passati ma dal 2016 in avanti sta recuperando in modo significativo.
Claudio Casadei, portfolio manager, Multiasset team, Anima Sgr
* Estratto dell’intervento al convegno “Verso la fine del QE? Le prospettive per i mercati e investitori”, Roma 28 maggio 2018, Luiss Guido Carli