approfondimenti/politica economica
Una strategia nazionale per l'educazione finanziaria

L'approvazione della legge per l'educazione finanziaria nel 2017 e il varo del Comitato per la definizione di una strategia nazionale e il coordinamento costituiscono segnali importanti per colmare il forte gap che separa l'Italia dagli altri paesi industrializzati in questo campo. Intanto si va colmando il divario per i giovani. Per fare la differenza, nel 2018 il comitato ha il compito di avviare la strategia nazionale e di coordinare le tante, ma piccole iniziative private.

Giovanni Parrillo

In tutte le economie avanzate le persone sono chiamate sempre più a compiere scelte finanziarie che impattano fortemente sul loro futuro, ma spesso non hanno tutte le competenze necessarie. Oggi, l’Italia si sta muovendo per colmare il divario che registra nella cultura finanziaria rispetto agli altri paesi europei: all’inizio del 2017 è stata approvata la legge per l’educazione finanziaria (legge n. 15/2017); la scorsa estate è stato nominato il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, cui è demandato il compito di promuovere e programmare iniziative di sensibilizzazione ed educazione finanziaria.
Le premesse ci sono, finalmente. Ma cosa si fa ora? Se ne è occupato un recente Convegno promosso da Rivista Bancaria – Minerva Bancaria. Emergono luci ed ombre. In positivo, oltre al nuovo quadro normativo e organizzativo, si riscontra il recupero del gap per i giovani, che in tre anni si allineano alla media OCSE, e il fiorire di tante iniziative; in negativo, manca ancora un effettivo coordinamento delle iniziative pubbliche e private nell’ambito di una strategia nazionale; non vi è ancora un portale unico che permetta di avere un quadro complessivo di quanto si sta facendo.
La legge chiarisce (articolo 24-bis) che “per educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale … si intende il processo attraverso il quale le persone migliorano la loro comprensione degli strumenti e dei prodotti finanziari e sviluppano le competenze necessarie ad acquisire una maggiore consapevolezza dei rischi e delle opportunità finanziarie”. Non solo nozioni quindi, ma appunto un “processo mirato” per l’acquisizione della consapevolezza in tema finanziario e la conseguente capacità di compiere scelte indipendenti ed efficaci, nel quadro di una strategia nazionale. Questa ha l’obiettivo di “organizzare in modo sistematico il coordinamento dei soggetti pubblici e, eventualmente su base volontaria, dei soggetti privati già attivi nella materia…, promuovendo lo scambio di informazioni tra i soggetti e la diffusione delle relative esperienze, competenze e buone pratiche…”. Una strategia di formazione efficace non può dunque limitarsi alla divulgazione ma deve favorire lo sviluppo di un’attitudine corretta alle decisioni economiche.
La survey Financial Literacy around the World – curata da ricercatori della Banca Mondiale e della George Washington University e diretta fra gli altri da Annamaria Lusardi, ora presidente del Comitato italiano per l’educazione finanziaria – ha evidenziato, sono dati del 2014, che solo il 37% degli italiani intervistati ha risposto correttamente a 3 delle 5 domande sui concetti di base (inflazione, tasso di interesse, capitalizzazione semplice e composta, diversificazione del rischio) contro una media europea del 55%.
Il Rapporto della Consob 2017 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane ci mostra con dati aggiornati che il gap culturale permane, nonostante il grande clamore suscitato dai fallimenti bancari e dalla conseguente crisi per gli obbligazionisti.
Anche in questo caso le nozioni di base (inflazione, rischio/rendimento, interesse semplice, diversificazione) rimangono oscure per la maggior parte degli intervistati. Solo il 53% ha una conoscenza precisa del concetto di inflazione, si scende al 33% per un principio cardine come la diversificazione. Il 20% degli intervistati non conosce alcun prodotto finanziario e il 35% non sa valutare la rischiosità dei prodotti più noti: il 59% degli intervistati ritiene le azioni meno rischiose delle obbligazioni.
In queste condizioni, assume un ruolo anche l’attività di consulenza: essa deve apportare valore, soprattutto nelle fasi negative del mercato per evitare la corsa avventata ai disinvestimenti. Tuttavia dalle indagini periodiche emerge che la consulenza finanziaria è scoraggiata da due fattori in particolare: sfiducia e costi. Solo un risparmiatore su tre in Italia usufruisce di consulenza finanziaria propriamente detta (MIFID) e si tratta di quelli maggiormente “acculturati”. Quanto ai costi, poi, il 45% degli investitori non sa come viene remunerato il proprio consulente e il 37% crede che il servizio sia gratuito. Il tema è particolarmente delicato, con l’entrata in vigore della MIFID II, fra le altre cose, sarà comunicato espressamente al cliente il costo complessivo della consulenza.
La crisi finanziaria ha posto in rilievo la stretta relazione tra protezione degli investitori e robustezza del sistema finanziario. Oggi sono molti i fattori che rendono ancora più complesse le scelte di investimento. In primo luogo, la crisi ha generato “ansia” negli investitori, ce lo conferma l’ultimo Rapporto Consob. Il Quantitative Easing e la discesa in territorio negativo dei tassi a breve, poi, hanno comportato la ricerca affannosa di rendimenti, con l’aumento dei rischi.
Come ha sottolineato a novembre scorso il Global Financial Stability Report del Fondo Monetario Internazionale, mai ad una situazione così buona dal punto di vista finanziario ed economico si sono associate tante potenziali vulnerabilità. In positivo è decisamente migliorata la stabilità dei mercati finanziari, grazie alla convergenza di tre fattori: supporto politico alla stabilità, rafforzamento della regolamentazione prudenziale (con effettiva ricapitalizzazione delle maggiori banche mondiali), ripresa economica. Ma allo stesso tempo, la vulnerabilità è alta per la crescita del debito complessivo e per la necessità di governare la ricerca dei rendimenti da parte degli investitori in questa particolare fase di bassi tassi di interesse.
In negativo pesano dunque la crescita del debito e la caduta dei rendimenti. Come ammonisce nella sua introduzione Tobias Adrian, coordinatore del rapporto FMI, “l’esperienza ci ha insegnato che è proprio quando il denaro è a buon mercato che viene costruita la vulnerabilità del sistema”. Ecco dunque un altro motivo, importantissimo, per sviluppare l’educazione finanziaria.
L’educazione finanziaria si compone di due elementi: le conoscenze e la capacità di applicarle. Queste capacità hanno bisogno di essere aiutate a svilupparsi, magari con una “spinta gentile”, come ha indicato Richard Thaler, premio Nobel 2017 per i suoi studi sulla finanza comportamentale. E infatti, “le persone ‘normali’, non gli individui razionali teorizzati dagli economisti, spesso fanno fatica a controllarsi perché privilegiano il consumo odierno a quello futuro, non risparmiano a sufficienza per la pensione, eccetera. Il nudge è una spinta ‘gentile’ perché indirizza nella direzione ritenuta più giusta, lasciando però la facoltà di scegliere diversamente”. Nessuno vuole ridurre la libertà dell’individuo, ma è necessario in questo “paternalismo libertario” aiutarlo a compiere le scelte migliori attraverso un vero processo di educazione finanziaria. La strategia che verrà attuata dovrà valorizzare un approccio multidisciplinare, volto a una migliore comprensione della personalità dei risparmiatori e quindi dei diversi processi decisionali alla base delle scelte di investimento, come sottolinea la recente ricerca “Challenges in ensuring financial competencies”.

*  Rivista Bancaria – Minerva Bancaria e Assonebb.
1 L’educazione finanziaria. Tutti la vogliono, ma che cosa si fa? Convegno promosso da Rivista Bancaria – Minerva Bancaria, Financial Community Hub e Assonebb, Associazione Nazionale per l’Enciclopedia della Banca e della Borsa. Roma, Gruppo INTESA Sanpaolo, 27 novembre 2017.
2 M. Bianco, Intervento al Convegno L’educazione finanziaria. Tutti la vogliono, ma che cosa si fa? cit.
3 E. Cervellati, La finanza comportamentale ha scoperto le “spinte gentili”, www.fchub.it , novembre 2017.
4 N. Linciano, P. Soccorso, Challenges in ensuring financial competencies”, Consob, Quaderni di finanza, n. 84, ottobre 2017.

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