Una DSR Bank, un SAFE, un EDM...le soluzioni finanziarie per sostenere la forza di deterrenza europea senza indebitare i singoli paesi sono sul tavolo. Eccole
C’è già il nome: DSR Bank, cioè Defence, Security, Resilience Bank. L’iniziativa per creare una nuova istituzione multilaterale che finanzi i processi di costruzione di una difesa europea sostenendo l’industria e gli stati membri, ha già molti sostenitori. Caldeggiata sul FT da Rebecca Harding, chief executive del britannico Centre for economic security, non è però l’unica ricetta messa sul tappeto da quando l’Unione Europea ha lanciato il programma SAFE, Security Action for Europe che dovrebbe raccogliere 150 miliardi di euro sui mercati, da offrire sotto forma di prestiti ai Paesi UE per finanziare le spese congiunte per la difesa.
La DSR Bank, secondo la Harding, dovrebbe essere un organismo non solo europeo, ma dovrebbe cercare l’adesione di altri stati come Canada, Australia, Giappone e ovviamente Gran Bretagna. E dovrebbe fungere da facilitatore sia per trovare il giusto mix di fonti di finanziamento, pubblico e provato, ma anche per offrire garanzie al mercato e consulenza per allineare i vari procurement nazionali a ottenere le migliori condizioni d’acquisto.
Una banca multilaterale, ma limitata all’Europa più UK e la Norvegia, potrebbe essere una alternativa alla DSR Bank, o una sua forma iniziale. L’hanno lanciata, sempre sul FT, un generale britannico e due esperti del settore finanza e difesa, immaginando una Rearmament Bank modellata sulla Banca europea di ricostruzione e sviluppo, che sarebbe finanziata dal capitale versato dai paesi sottoscrittori, per esempio per 100 miliardi di euro, di cui soltanto il 10% verrebbe versato. Una simile struttura potrebbe avere la tripla A, e trovare sul mercato i capitali, senza ipotecare la capacità di indebitamento dei singoli stati partecipanti.
A rinforzare questo progetto è uscito a inizio aprile un nuovo paper attribuito a protagonisti del mondo della difesa britannico, che si rivolge alla cosiddetta “coalizione dei volenterosi” – non l’intera Ue, ma i paesi decisi a muovere per primi verso l’obiettivo di rafforzare la deterrenza del continente –. Il paper propone di creare un soggetto che acquisti i sistemi di difesa – munizioni, logistica, elicotteri – tenendoli in deposito, e quindi a carico del suo bilancio, fino al momento in cui ciascun paese ne dovesse avere bisogno. Solo allora dovrebbe pagare per usarli.
Il SAFE invece funzionerebbe sul modello del programma SURE, la linea di credito attivata durante il Covid per finanziare il sostegno ai lavoratori dei paesi UE. Come ha spiegato in un articolo l’Osservatorio sui conti pubblici della Cattolica la convenienza ad aderire sarebbe però limitata solo a quei paesi che hanno uno spread alto rispetto ai titoli UE, in prima fila l’Italia. Non sarebbe quindi uno strumento utilizzabile per una difesa collettiva.
Infine c’è il progetto del think tank Bruegel: lo European Defence Mechanism, modellato sullo European Stability Mechanism, cioè un soggetto che operi sulla base di un trattato tra i paesi aderenti.
Il Bruegel lo spiega così: “L’EDM si occuperebbe di appalti congiunti e pianificherebbe le forniture in grado di armonizzare i bisogni strategici in aree specifiche, con la capacità di finanziare tali necessità. Potrebbe possedere strutture di difesa strategiche e addebitarne le tariffe d’uso ai membri dell’EDM, riducendo l’impatto finanziario del riarmo. L’adesione all’EDM comporterebbe il divieto sia di aiuti di Stato che di agevolazioni negli appalti che avvantaggiano gli appaltatori della difesa nazionale a scapito degli appaltatori di altri membri dell’EDM.“
Un simile veicolo avrebbe diversi vantaggi: creerebbe un mercato unico dell’industria della difesa tra i membri dell’EDM, offrirebbe finanziamenti per rendere fiscalmente fattibili progetti su larga scala e includerebbe le democrazie non appartenenti all’UE come il Regno Unito su un piano di parità, dando anche ai paesi Ue non interessati a una maggiore integrazione della difesa, l’opzione di restarne fuori.
I vari progetti non si escludono l’un l’altro. E l’ingegneria finanziaria è in grado di sfornarne altri. Al frammentato mercato della difesa europea non resta che scegliere se andare avanti con tanti diversi standard nazionali o costruire un nuovo soggetto che disegni la nuova autonomia continentale dal sempre più incerto ombrello americano.