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Tutela degli investitori: molte promesse, tanti dubbi
Lia Robustella

Con il volume di Danny Busch e Guido Ferrarini, intitolato Regulation of the financial markets, lo studio della normativa europea in materia di intermediari e di mercati degli strumenti finanziari si arricchisce di un titolo di grande rilievo. Il copioso volume, edito dalla Oxford Press, ospita infatti 23 saggi, a loro volta raggruppati in cinque aree tematiche, in cui si affrontano in modo puntuale tutte le principali novità introdotte dalla Direttiva 2014/65/UE (la cd. “Markets in Financial Instruments Directive II”, di seguito “MiFID II”) – recentemente attuata a livello nazionale con il D.Lgs. 3 agosto 2017, n. 129- e dal Regolamento self executing 2014/600/UE (il cd. “Markets in Financial Instruments Regulation”, di seguito “MiFIR”).

Nella parte introduttiva, intitolata provocatoriamente “Chi ha paura della MiFID II”, i due editors offrono un sunto dei contenuti del volume, quasi a voler preparare il lettore alle innumerevoli novità introdotte dalla nuova regolamentazione di matrice europea. La Direttiva e il Regolamento modificano, infatti, la precedente disciplina, includendo settori in precedenza non regolamentati, allo scopo di disciplinare un mercato sempre più vario e complesso, caratterizzato dall’incremento delle tipologie di strumenti finanziari e dalla diffusione dei sistemi di high frequency trading, attraverso i quali, come è noto, ormai da diversi anni, ha luogo una quota rilevante delle transazioni sui mercati telematici più evoluti.

In particolare, perseguendo l’obiettivo di favorire lo sviluppo di un mercato unico dei servizi finanziari in Europa, la MiFID II detta importanti disposizioni destinate a favorire sia una maggiore tutela e trasparenza nei confronti degli investitori, sia ad introdurre una disciplina più stringente per i mercati finanziari.

Non essendo possibile, in questa sede, riferire in modo dettagliato sul contenuto dell’ampia trattazione, nella presente recensione l’attenzione si concentrerà sulla seconda parte del volume, dedicata alle principali novità dettate in tema di tutela degli investitori, per le numerose e rilevanti questioni che vengono poste all’attenzione del civilista.

Il legislatore europeo, infatti, si pone il prioritario obiettivo di accrescere e rafforzare il livello di protezione da accordare agli investitori, non solo imponendo agli intermediari l’osservanza di puntuali regole di condotta per assicurare comportamenti improntati alla correttezza e alla efficacia operativa, ma anche, e soprattutto, richiedendo che il personale addetto alla prestazione di “servizi di investimento”sia inpossesso di un adeguato livello di conoscenza e competenza sui prodotti finanziari offerti o raccomandati alla clientela.

In questa prospettiva, nel volume si analizza il dovere di agire nel migliore interesse del cliente (Enriques e Gargantini), la nuova distinzione tra consulenza indipendente e dipendente (Giudici), seguita da una valutazione delle disposizioni sul conflitto di interessi (Grundmann e Hacker) e sul riformato regime degli incentivi per la prestazione dei servizi di investimento (Silverentand, Sprecher e Simons).

Una delle novità di grande rilievo introdotte dalla normativa europea è, come si diceva, quella che impone alle imprese di investimento la comprensione delle caratteristiche degli strumenti finanziari offerti o raccomandati (Bush). Con le nuove regole di product governance e di product intervention, il legislatore europeo intende rafforzare i presidi preposti per la tutela degli investitori, imponendo una responsabilizzazione degli organi societari e dei vertici delle strutture aziendali durante l’intero ciclo di vita del prodotto, dalla fase della ideazione e realizzazione dei prodotti finanziari fino a quella post-vendita.

Nel saggio si mette opportunamente in evidenza come attraverso le regole di governance del prodotto il legislatore europeo imponga alle imprese di investimento, sia produttrici che distributrici, una preventiva “mappatura dei prodotti”, al fine di poter definire strategie commerciali e di business strettamente coerenti con i bisogni e le caratteristiche dei destinatari dei prodotti stessi. Laddove, inoltre, l’azione di product governance interna dovesse rivelarsi inadeguata, la nuova regolamentazione europea rafforza il potere delle autorità di controllo, che interverranno in una logica di Product intervention, vietando o limitando la commercializzazione, la distribuzione e la vendita di qualsiasi strumento finanziario o deposito strutturato che sollevi gravi timori in merito alla protezione degli investitori. Nelle intenzioni del regolatore europeo, dunque, la combinazione di queste due misure dovrebbe riuscire a scongiurare la commercializzazione di prodotti finanziari potenzialmente dannosi per l’investitore e per l’ordinato funzionamento e l’integrità dei mercati finanziari.

Nell’ambito delle pagine dedicate alle misure volte a rafforzare gli strumenti di tutela degli investitori, ricche di spunti ricostruttivi si presentano quelle che analizzano le novità normative riguardanti il servizio di consulenza finanziaria e, in particolare, di consulenza finanziaria prestata su base indipendente (Giudici).

La consulenza offerta su base indipendente non è un nuovo servizio di investimento, ma una specifica modalità attraverso la quale è possibile prestare il servizio di consulenza in materia finanziaria e si caratterizza per le specifiche previsioni che devono essere osservate dalle imprese di investimento. Anzitutto la trasparenza circa la fornitura del servizio: quando l’impresa di investimento informa il cliente che la consulenza verrà fornita su base indipendente, prima di formulare una raccomandazione personalizzata, è obbligata a valutare un’ampia e congrua gamma di strumenti finanziari disponibili sul mercato, che dovranno essere sufficientemente diversificati in termini di tipologia, emittenti o fornitori di prodotti. La sufficiente diversificazione è finalizzata a garantire che gli obiettivi di investimento del cliente siano ampiamente soddisfatti e che la scelta dei prodotti finanziari non sia limitata ai prodotti emessi o forniti dalla stessa impresa di investimento o da enti con i quali quest’ultima è collegata o con cui ha rapporti.

In secondo luogo, sempre al fine di assicurare l’effettiva indipendenza della consulenza prestata, la direttiva MiFID II prevede che il servizio venga         remunerato direttamente dal cliente beneficiario del servizio stesso (c.d. fee-only). In altri termini, è fatto espresso divieto all’impresa di investimento di trattenere qualsiasi genere di incentivo, commissioni, onorari o altri benefici economici, monetari e non, pagati da terzi, in particolare dagli emittenti degli strumenti finanziari oggetti di raccomandazione. Sono, tuttavia, ammessi benefici non monetari di entità minima che possono essere accettati a condizione che siano finalizzati a migliorare la qualità del servizio offerto ai clienti e che siano di entità tale da non pregiudicare il dovere dell’intermediario di agire nel miglior interesse del cliente. Proprio l’assenza di un rapporto economico con gli emittenti e con le case prodotto, secondo l’A., dovrebbe assicurare l’assenza di ipotesi di conflitti di interessi e di una effettiva autonomia ed indipendenza della consulenza prestata.

Infine, sempre nell’ambito delle novità dirette a rafforzare la protezione degli investitori, il volume si sofferma diffusamente sulla nuova valutazione di adeguatezza.

Come è noto, i c.d. test di adeguatezza rappresentano un obbligo per tutti gli operatori che svolgono operazioni di consulenza finanziaria e di gestione patrimoniale. Già con la prima Direttiva MiFID il legislatore ha imposto al consulente la verifica dell’adeguatezza del prodotto finanziario richiesto o consigliato al cliente, attraverso l’acquisizione di informazioni in merito alla conoscenza ed esperienza del cliente in materia di investimenti finanziari, alla sua situazione finanziaria e ai suoi obiettivi di investimento.

La direttiva MiFID II conferma l’impostazione della precedente regolamentazione, ma aggiunge nuovi obblighi: in particolare nell’individuazione degli strumenti finanziari più adatti al cliente, l’intermediario, nell’ambito delle informazioni sugli obiettivi di investimento, dovrà tenere conto anche della tolleranza al rischio del cliente, mentre nell’acquisizione delle informazioni in merito alla situazione finanziaria, dovràtenere conto anche della capacità del cliente di tollerare le perdite. Si tratta di una novità di grande rilievo destinata a modificare profondamente il modo di intendere il servizio di consulenza in futuro. In particolare, il concetto di tolleranza alle perdite, sconosciuto nella precedente regolamentazione, imporrà all’intermediario una valutazione oggettiva della sostenibilità finanziaria dell’investimento da parte del cliente, che andrà necessariamente appurata determinando i livelli di perdite che il cliente è in grado di fronteggiare -appunto perché compatibili con la sua situazione economico-finanziaria, presente e futura -e tali, quindi, da non compromettere il perseguimento degli obiettivi di investimento del cliente stesso.

Sotto questo aspetto, dunque, l’adeguamento al prossimo regime MiFID II imporrà a banche ed intermediari la revisione dei questionari e degli algoritmi di profilatura dei clienti, l’introduzione di nuovi presidi operativi e di controllo ai fini della comparazione dei prodotti equivalenti, la revisione della modulistica e dei report forniti al cliente al fine di esplicitare le motivazioni per cui il prodotto risulta adeguato.

La lettura dei summenzionati contributi si mostra estremamente istruttiva, poiché gli AA. non si limitano ad esaminare, con taglio esegetico, le principali modifiche apportate dalla nuova regolamentazione di matrice Europea, ma, al fine di valutarne le ricadute sul piano applicativo, si interrogano sull’effettivo potenziamento delle misure a tutela dei diritti dell’investitore che le nuove norme puntano ad assicurare, attesa l’assenza, anche nella normativa in parola, di un adeguato apparato sanzionatorio di tipo civilistico a presidio delle regole di condotta e degli obblighi informativi a cui sono tenuti gli intermediari finanziari.

La fitta trama dei tanti contributi e la mole delle informazioni in essi contenute rende il volume di grande interesse sia da un punto di vista pratico che teorico. Sebbene il livello di approfondimento non sia analogo in tutti i contributi, il pregio dell’opera sta nel rigore della tecnica argomentativa         che consente di considerarla, a pieno titolo, un punto di riferimento per coloro che affronteranno la tematica delle nuove sfide prospettabili con l’entrata in vigore della nuova Direttiva MiFID II e del Regolamento MiFIR.