Il Principe

di Leonardo Morlino

Tre passi per una nuova governance del paese
Leonardo Morlino

Mentre siamo ancora in piena crisi da pandemia, i motivi di pessimismo si accalcano. Le incertezze e le paure della fase due sembrano dominare, ma proprio per questo occorre reagire e pensare in positivo a come costruire il nostro futuro. 

In un’intervista del 1° maggio su Robinson di Repubblica, Joseph Stiglitz segue questa linea quando ricorda una frase, spesso attribuita ad Obama, ma il cui autore sarebbe Rahm Emmanuel, capo staff di Obama: “non bisogna mai sprecare una crisi”. Già a metà del secolo scorso, Schumpeter ricordava come la crisi possa tradursi in un’opportunità di innovazione e, più tardi, Einstein aveva sostenuto che “la crisi può essere una vera benedizione”. In breve, questa opinione è stata condivisa da diversi politici e studiosi. Ma come facciamo a non sprecare questa crisi? Su che cosa ci dovremmo focalizzare? 

Su “Rassegna Sindacale” di un mese fa, la risposta di Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, evidenzia l’impatto negativo sulle disuguaglianze, sulla povertà e sulle imprese e, dunque, la necessità di intervenire in quegli ambiti. Qui, in una diversa prospettiva potremmo cogliere l’opportunità che si è creata per costruire una nuova governance del paese. Come? In che direzione?

Tre sono i fenomeni che si stanno intrecciando e che potrebbero portare a una nuova e più efficace governance, se opportunamente indirizzati. Il primo fenomeno si era già manifestato a seguito della lunga crisi economica, iniziata nel 2008 e ormai nota come Grande Recessione, e cioè il crescente intervento dello stato in economia, malgrado gli ostacoli posti dalle normative europee. Tornando indietro di diversi decenni il preponderante ruolo pubblico in economia aveva sia accresciuto l’indebitamento, sia creato occasioni di corruzione ed occupazione politica di gangli centrali dell’economia. Gli anni Novanta dello scorso secolo avevano segnato una svolta con diverse e rilevanti privatizzazioni. 

Già in questi mesi e, in prospettiva, nell’immediato futuro si sta tornando indietro. Quale che siano le nostre opinioni sulla presenza della politica in economia, è ora evidente che questa tendenza sarà inevitabile. Dunque, dovremo fare tesoro delle esperienze negative precedenti per avere le indicazioni necessarie per non ripetere gli stessi errori. 

Il secondo fenomeno è il maggior ruolo oggettivo dell’amministrazione nello spingere la ripresa dell’economia. Anche in questo caso, la domanda di un reddito di cittadinanza, sostenuta dal Movimento 5 Stelle dopo le elezioni del 2018, aveva richiesto un impegno amministrativo sostenuto dall’INPS e da una nuova legislazione. Con questa crisi è l’intero sistema amministrativo, banche private e pubbliche comprese, che dovrebbero dare prova di sapere fare fronte alla sfida.

Se invece di richiedere controlli di conformità alla legge si riuscisse a cambiare adottando piuttosto controlli sui risultati raggiunti e definendo le responsabilità per quelli non raggiunti, ci sarebbe lo spazio per un miglioramento burocratico. Questo anche in parziale assenza di leggi generali e scritte con chiarezza dispositiva, cioè senza rincorrere quei sogni di semplificazione legislativa che richiederebbe un’attenzione e un impegno finora assenti. 

Il terzo fenomeno è anch’esso legato alla crisi del 2008. Dopo una fase in cui i diversi partiti volevano riforme per realizzare un maggiore decentramento regionale, tra la fine del secondo precedente e i primi anni di questo, la Grande Recessione con la conseguente diminuzione di risorse pubbliche ha spinto per un forte accentramento. Questa nuova crisi ha mostrato invece l’importanza dei territori in quanto è avvenuta in una fase in cui le maggiori regioni sono gestite da presidenti contrari al governo attuale che hanno potuto sfruttare questa occasione per fare emergere un’opposizione politica schiacciata dall’emergenza sanitaria.

In questa situazione, però, sembra evidente che un conflitto del genere sia una condotta sbagliata in quanto vi è la forte necessità di gestire la crisi. Questo è possibile solo attraverso la stretta collaborazione dei poteri, centrali e locali. Se si realizzasse, si porrebbero le basi per un’uscita più efficiente dall’attuale momento.

In breve, se si realizzasse un impegno virtuoso del potere politico in economia, se si assumessero alcuni provvedimenti, anche a livello dei singoli ministeri, per spingere l’amministrazione a misurarsi  con il raggiungimento degli obiettivi posti, se i poteri locali e quello centrale riuscissero a cooperare, come già si sta facendo da parte sindacale, avremmo la possibilità di migliorare sostanzialmente la governance del paese sostenendo molto meglio una ripresa non semplice, anche perché condizionata da un forte indebitamento pubblico. Questa sembra questa la vera partita da giocare, preliminare rispetto a tutte le altre.

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