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Tasso d'interesse

Interesse (ossia ogni corrispettivo in denaro del godimento di una somma, il capitale, anch’essa di denaro maturato in un determinato periodo) percepito per un anno (o riferito ad anno) diviso per il capitale ed espresso solitamente in percentuale. È detto anche saggio d’interesse e, nel linguaggio legale, misura degli interessi.

Nella notazione computistica il tasso d’interesse è indicato nell’uso italiano con la lettera i, sempre più soppiantata dall’universale r, iniziale dell’inglese “rate” (da interest rate). L’indicazione corrente universale è ormai quello percentuale e, nei calcoli, quello corrispondente in centesimi (p.es. un 7,5% viene immesso nel programma di computo come 0,075).

Un tempo era usuale la notazione frazionaria. P.es. per i Romani il 2,5% era detto “un quarantesimo” (quadragesima), il 5% “un ventesimo” (vigesima), il 10% “decima” (decuma). Una denotazione mista all’uso inglese era quella di indicare con una frazione la parte successiva alle cifre percentuali intere e, in particolare, con una frazione pari a un mezzo, un quarto ecc. fino a un 64mo. Così 7,5%, 7,25%, 7,125% ecc. si trovano scritti rispettivamente 71/2, 71/4, 7⅛ e cosi via fino a 71/64 (7,015625%), oltre alle diverse combinazioni (7⅜, 7⅝ ecc. ecc.).

Un tasso di interesse, se non è diversamente specificato, si intende sempre come tasso posticipato in ragione d’anno. Il tasso d’interesse può però essere anticipato o dovuto per periodi inferiori o superiori all’anno, essere cioè p.es. semestrale, trimestrale ecc. ovvero corrisposto in ragione di più anni. In questi casi il ragguaglio col tasso annuale, che è la misura standard di riferimento, viene compiuta col computo del tasso equivalente.

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