Per la Commissione Europea, gli attuali standard internazionali non sarebbero in grado di garantire un elevato livello di trasparenza circa il reale impegno sostenibile delle obbligazioni verdi. Ha quindi elaborato una sua proposta con le linee guida per l’emissione di green bond conformi ad uno standard comunitario. Ecco cosa prevede lo European green bond standard (EUGBS)
I Green bond sono titoli di debito (obbligazioni) legati al finanziamento di progetti volti a determinare un positivo impatto ambientale. Al livello fattuale costituirebbero, dunque, una valida possibilità di raccolta di capitali da investire in attività idonee a traghettare l’economia in un orizzonte di più ampia sostenibilità e suscettivi di ridurre, così, i costi del debito per finanziare iniziative positive per l’intero ecosistema.
In quest’ottica, recentemente, la Commissione Europea ha posto l’accento sulle prospettive del mercato dei green bond, dando luogo ad un pacchetto di iniziative dal titolo “Clean energy package” o “Energia pulita per tutti gli europei”, in virtù del quale dall’anno in corso sarà indispensabile un’integrazione di 177 miliardi di euro per anno per sostenere iniziative sugli obiettivi precisati per il 2030 di diminuzione delle emissioni nette di gas a effetto serra del 55 %.
Per quanto afferisce all’emissione delle obbligazioni verdi, questa può essere realizzata tanto da istituzioni finanziarie nazionali e sovranazionali (come la Banca mondiale o la Banca Europea per gli Investimenti), quanto da enti pubblici e privati. Segnatamente, nell’ultimo periodo si è registrata un’impennata della loro espansione, anche grazie a due importanti fattori: da una parte l’ingresso nel mercato delle obbligazioni green da parte delle grandi imprese dei paesi emergenti (Cina e India), dall’altra la crescente attenzione delle istituzioni sovranazionali al tema della sostenibilità ambientale.
Per quel che concerne il primo punto, nel 2016, circa 30 miliardi di dollari USA sono stati emessi da istituzioni finanziarie, enti locali e grandi imprese cinesi. Quanto al secondo fattore, è significativa l’attenzione delle organizzazioni internazionali al tema della sostenibilità ambientale: tutte le principali banche di sviluppo (International Finance Corporation, European Bank for Reconstruction an Development, Asian Development Bank) ogni anno rinnovano il loro impegno nella sostenibilità avviando nuovi piani di emissione di green bond. Dal lato degli investitori ambedue le impostazioni conducono ad un maggior grado d’interesse alle tematiche afferenti l’inclusione finanziaria e alla transizione ecologica, temi centrali nell’agenda mondiale che trovano un forte riscontro nelle linee guida definite all’interno dei Sustainable development goals promossi dalle Nazioni Unite.
Allo stato attuale sembra essere preclusa l’individuazione di standard globali, tendenzialmente univoci, per identificare come effettivamente “green” un dato strumento finanziario. In quest’ottica, tuttavia, l’International Capital Market Association “ICMA”, ha elaborato delle precise linee guida costruite, in particolare, intorno a quattro differenti principi: secondo il primo, chi emette un titolo deve identificare con chiarezza la destinazione dei proventi (Use of proceeds); per il secondo è necessario adottare alcuni procedimenti particolari nella valutazione e selezione dei progetti, che devono rientrare in un elenco di categorie (Process for Project Evaluation and Selection); l’emittente l’obbligazione deve, poi, garantire la massima trasparenza nel comunicare la gestione dei proventi (Management of Proceeds); devono, infine, essere resi disponibili dei report per mantenere aggiornati gli investitori sull’avanzamento dei progetti finanziati (Reporting).
Secondo la Commissione Europea, tuttavia, gli attuali standard internazionali non sarebbero, sempre, in grado di garantire un elevato livello di trasparenza e responsabilità dei revisori esterni, comportando la diffidenza da parte del mercato circa il reale impegno sostenibile delle obbligazioni verdi, sfocianti spesso in episodi di greenwashing.
Parallelamente ai principi internazionali elaborati dall’ICMA, dunque, il Technical Expert Group on Sustainable Finance (TEG), ha elaborato, il 6 luglio 2021, una proposta alla Commissione europea, relativa alle linee guida adottabili volontariamente, per l’emissione di green bond conformi ad un nuovo standard comunitario, l’European green bond standard (EUGBS). I tre pilastri su cui si fondano i nuovi criteri, consistono in primis nella pubblicazione di un framework, nel quale il singolo emittente sostiene di voler rifarsi volontariamente all’EU Green Bond standard per il singolo prestito obbligazionario. È necessario, inoltre, che il ricavato dell’emissione sia rivolto unicamente al sostegno di progetti verdi (green project) ed, infine, un apprezzamento positivo ad opera di un soggetto esterno, nella veste di revisore accreditato, designato dall’emittente, riguardo la rispondenza del bond allo standard europeo.
Ora, volendo osservare i punti di contatto e, conseguentemente, le difformità tra i due diversi standard, notiamo come i principi ICMA, a differenza di quelli europei, non prescrivono che l’emittente debba ricorrere ad uno schema peculiare per valutare la sostenibilità ambientale di un dato progetto. L’EUGBS esige, per contro, una perfetta rispondenza delle attività destinatarie dei proventi al Regolamento Tassonomia.
Alla luce di quanto detto, sarebbero, allora, rispondenti allo EU Green Bond standard solamente quei titoli obbligazionari i cui introiti siano devoluti inequivocabilmente al finanziamento o rifinanziamento di appena nati o già avviati green project, cioè progetti definibili come verdi in ossequio alla tassonomia europea. A ben vedere tra i green project rientrerebbero, comunque, sia gli investimenti per la c.d. spesa operativa, sia la spesa per capitale. Con la prima ci si riferisce ai costi necessari alla gestione di un prodotto, un business, ossia i costi operativi e di gestione; con la seconda il riferimento è, invece, ai costi per sviluppare o fornire asset durevoli per il prodotto o sistema.
Ulteriore distanza andrebbe colta nella documentazione alla cui produzione è destinato l’emittente. Se, infatti, l’EUGBS mira, al pari dei principi ICMA, ad assicurare un cospicuo grado di chiarezza circa l’impiego dei fondi e le performance legate all’investimento, nel rispetto dei Green Bond Principles, l’emittente è chiamato, inoltre, a rendere disponibile per gli investitori il c.d. Green Bond Framework. Ci si riferisce alla dichiarazione volta alla conferma dell’adozione dell’EUGBS, circa una o plurime emissioni obbligazionarie, indicante gli obiettivi legati all’ambiente, di cui al Regolamento Tassonomia avallati dalle obbligazioni in corso di emissione, ed il percorso seguito dall’emittente per misurare la rispondenza dello strumento agli obiettivi del Regolamento medesimo.
Nel Framework andrebbe pure inserita una descrizione del green project e le modalità mediante le quali i proventi siano destinati all’investimento. Nonostante l’assonanza col principio use of proceeds degli ICMA Green Bond Principles, in questo caso il tracciamento non è rivolto tanto alla creazione di valide strategie volte a determinare la segregazione patrimoniale degli attivi, quanto al trasferimento verso il progetto di un importo ad essi equiparabili.
È opportuna, inoltre, l’indicazione delle tecniche e delle strategie messe in campo per la preparazione degli strumenti metrici (key impact metrics) impiegati dall’emittente al fine di stimare l’impatto ambientale degli investimenti, nonché una relazione concernente le attività di reporting che verranno poste in essere.
Concentrando, ora, l’analisi sul report, questo prenderà forma nelle due fattispecie dell’allocation Report e dell’Impact Report.
Col primo ci si riferisce ad un’esposizione particolareggiata afferente alle finalità dell’emissione e alla dislocazione geografica dei progetti, come pure ad una asserzione di conformità all’EU Green Bond Standard. Quanto alle tempistiche, andrebbe stilato in occasione dell’emissione (Initial location Report), ed annualmente fin quando i proventi dell’obbligazione verde non vengano impiegati per intero verso il progetto (Final Allocation Report). Il report finale deve, poi, essere rimesso al vaglio di un revisore accreditato perché ne testimoni la rispondenza all’EUGBS.
Relativamente, invece, al c.d. Impact Report, questo contiene indicazioni relative all’apprezzamento dell’impatto ambientale del programma. Dovrà quindi dare indicazioni, integrando quanto già esposto nel Green Bond Framework, sulla metodologia e i principi di valutazione impiegati, offrendo pure una spiegazione del progetto, degli obiettivi climatici ripromessi, della fattispecie dell’asset finanziato e dell’ammontare del finanziamento destinato al green project. L’impact Report va redatto almeno una volta nell’arco della durata del bond, ma soprattutto nella fase successiva all’intera destinazione dei proventi al progetto.
Il Framework, l’Allocation e l’Impact report devono risultare pubblici e rimanerlo fino al termine dell’obbligazione. Questo ingenera l’esigenza di coordinamento tra le opposte necessità: da un lato l’interesse alla trasparenza degli investitori circa l’investimento, dall’altro l’occorrenza della riservatezza e concorrenza che possono associarsi alla messa in circolazione. Allorché questo si renda opportuno, sarebbe possibile circoscrivere le indicazioni date, o pronosticare una pubblicazione in modalità aggregata (facendo, magari, riferimento al portfolio in caso di copiosità di investimenti).
Analizzando la figura del revisore accreditato notiamo, poi, un ulteriore distacco tra lo standard elaborato dal TEG rispetto ai principi internazionali dell’ICMA. In questi ultimi, infatti, non è esplicitamente imposta un’approvazione dell’esperto indipendente nelle fasi di realizzazione del progetto. Per contro, il ruolo del revisore nell’EUGBS si risolve essenzialmente nel rilascio di una c.d. “verificazione” (da rendere pubblica ad opera dell’emittente), ossia un avallo sulla conformità del bond all’UE Green Bond Standard, tanto nella fase di emissione, quanto in quella post-emissione. Il revisore è, per di più, tenuto all’iscrizione in apposito registro, controllato dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), al fine di assicurare attendibilità e qualità dei servizi.
Il passo fatto dalla Commissione europea sulla costituzione del TEG e, dunque, sulla proposta dell’EUGBS, si giustificherebbe sulla base di alcune riflessioni. Tra le più salienti, l’assenza di indipendenza dei revisori esterni, la scarsa disclosure relativa ai criteri di valutazione usati e l’eccessiva gravosità di realizzare un soddisfacente canovaccio certificativo per il settore.
In questa direzione, quindi, la proposta legislativa rappresenta il primo approdo nel processo legislativo per l’attuazione del regolamento europeo sulle obbligazioni verdi. In considerazione dei tempi medi dell’iter legislativo europeo, ci si aspetta la sua entrata in vigore non prima dell’inizio del prossimo anno. Bisognerà, poi, capire quale sarà la posizione dei principi internazionali elaborati dall’ICMA. Se saranno cioè, perfezionati dallo standard europeo o, addirittura, soverchiati nel mercato di riferimento.