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Spagna: l’economia va, ma il sistema del credito zoppica ancora

Numerosi osservatori italiani ritengono che la Spagna stia raccogliendo i frutti di molti interventi di riforma completati negli anni delle crisi (quella del 2008-09 e poi quella del debito sovrano nel 2012), interventi invece non realizzati (o depotenziati) in Italia. Chi formula questa valutazione appare decisamente colpito dalla recente brillante performance macroeconomica. Al tempo stesso però non coglie l’ancora non risolto problema del risanamento del circuito bancario, obiettivo che gli eventi recenti hanno di nuovo dimostrato non essere stato affatto raggiunto.

Silvano Carletti
Carletti

Il testo che segue è stato predisposto nel pieno di un aspro scontro che vede in Spagna contrapposti il governo centrale e la leadership catalana, scontro che ha radici profonde nella storia ma che è cresciuto di intensità con il referendum sull’indipendenza di questa regione convocato l’1 ottobre.E’ ancora presto per dire comesi chiuderà questa vicenda e quale impatto potrà avere sulle prospettive a breve e a lungo termine del Paese (e su quelle della Catalogna), conseguenze oltre che politiche anche economiche. Pur in questa incertezza, è ragionevole ritenere che la problematicabancaria qui esaminata difficilmente ne potrà essere condizionata in modo significativo.

Nell’ultimo triennio la Spagna è cresciuta ad un ritmo superiore al 3%, 1,3 punti percentuali al di sopra della media dell’eurozona; un contenuto rallentamento è atteso nei prossimi mesi ma questo non impedirà il conseguimento anche nel 2018 di una crescita (+2,4-2,6%) superiore a quella prevalente nell’eurozona. Il saldo delle partite correnti continua a mantenersi largamente positivo (€19 mld circa nei dodici mesi terminanti a giugno); per il 2018 si ipotizza un suo contenuto ridimensionamento ma numerosi previsori ritengono poco fondato questo timore.

Sotto il profilo della vulnerabilità finanziaria il Paese ha fatto in pochi anni rilevanti progressi. L’incidenza sul Pil dei debiti delle famiglie è al 63% (fine primo trimestre 2017), quota non lontana dalla media dell’area euro (58,5%) e 17 punti percentuali inferiore al dato di fine 2012. Sostanzialmente analoga l’evoluzione nel caso delle imprese: il loro indebitamento è pari al 102% (24 punti percentuali in menonell’arco di un solo quadriennio). Al riequilibrio finanziario del settore privato si affianca un deterioramento della posizione del settore pubblico per effetto di un disavanzo che, pur in contrazione (7% nel 2013), nel 2016 era ancora al 4,5%. Nei documenti del governo il rapporto debito pubblico/Pil è ipotizzato ridursi nel 2018 al 97,6%, ipotesi che la Commissione Europea ritiene un po’ ottimistica.

A togliere brillantezza a questo scenario è soprattutto l’andamento del mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione, pur diminuito di nove punti rispetto al picco del 2013,si posizionava a metà di quest’anno al 17,1%, quasi il doppio della media dell’eurozona (9,1%). Il tasso di disoccupazione allargato è pari al 26% e il tasso di disoccupazione giovanile appena inferiore al 40%.

La valutazione della Spagna ad opera delle maggiori agenzie di rating è in due casi su tre allineata a quella dell’Italia, nel restante caso migliore. Ad una recente verifica lo spread tra i Bonos spagnoli e il corrispondente titolo decennale tedesco si attestava intorno ai 120 bp, a fronte dei circa 155 bp risultanti per il Btp italiano.

A fronte di una dinamica economica favorevole, ancora fragile si prospetta la situazione del circuito bancario. A metà 2017 le autorità sono state chiamate a trovare una soluzione alla fase di acuta difficoltà del Banco Popular, sesto gruppo bancario spagnolo per dimensione dell’attivo (quasi €160 mld). La crisi è stata risolta con l’intervento del Santander che ha acquisito il gruppo al prezzo simbolico di €1 unitamente all’impegno di procedere ad una sua ampia ricapitalizzazione (€7 mld) per consentire un aumento delle coperture del portafoglio di attività deteriorate o illiquide (quasi €37 mld a fine marzo 2017). L’intervento del Santander ha reso possibile l’applicazione del principio del burden sharing che prevede il coinvolgimento nel risanamento della banca dei soli azionisti e creditori non privilegiati: i titoli dei primi sono stati azzerati, quelli dei secondi (bond subordinati) forzosamente convertiti in capitale. Il Santander ha annunciato peraltro che rimborserà la perdita subita dagli azionisti del Popular ad esclusione degli investitori istituzionali e degli azionisti titolari di “una partecipazione significativa”. Questa decisione accresce di €680 mln il costo complessivo dell’acquisizione.

Il crollo del Popular non ha rappresentato un evento completamente inatteso: il gruppo, infatti, aveva chiuso il 2016 con una perdita netta di circa €3,5 mld (dopo un utile di appena €105 mln l’anno precedente), ammontare di poco inferiore alla capitalizzazione di mercato (€3,9 mld a fine 2016).

A metà dell’anno scorso, il gruppo spagnolo aveva comunque superato i test condotti dall’Eba (European Banking Authority), posizionandosi nella prima metà della graduatoria in entrambe le versioni dell’esercizio (scenario base e scenario di stress).

In quelle stesse settimane, meno positiva era invece l’opinione del mercato finanziario che per completare un aumento di capitale di €2,5 mld aveva richiesto uno sconto di quasi il 50% sulla quotazione di borsa.

Come conciliare questa vicenda con lo scenario bancario spagnolo definito nel 2012? Nel luglio di quell’anno il circuito finanziario spagnolo evidenziò segnali di fragilità talmente gravi da indurre l’Unione Europea a deliberare un ampio e rapidointervento di supporto. Nel gennaio 2014, alla chiusura del programma, le risorse europee effettivamente utilizzate risultarono pari a circa a €41 miliardi, dei quali €39 mld impiegati per interventi di ricapitalizzazione. Il finanziamento ha una durata media di 12,5 anni e prevede un tasso d’interesse pari all’1,1%. Il rimborso è previsto avvenire nel quinquennio 2022-27 ma la Spagna ha già effettuato (metà 2017) rimborsi anticipati per €7,6 mld.

Il processo di ristrutturazione ha determinato la scomparsa delle cajas (casse di risparmio) scese a 2 dalle 45 esistenti nel 2007 per effetto di processi di fusione, aggregazione e risoluzione. Parallelamente si è realizzata una drastica riduzione della capacità d’offerta che nel quinquennio 2012-16 si è tradotta nella chiusura di quasi 11mila sportelli (-27%) e in una altrettanto forte riduzione del personale (-48mila unità, -20%). Nello stesso arco di tempo, l’attivo totale risulta contratto del 22% con una diminuzione sensibilmente più ampia (-28%) dei finanziamenti al settore privato non finanziario residente. La flessione degli aggregati di bilancio appare nel 2017 sostanzialmente esaurita.

Secondo un recente documento della Banca centrale, le operazioni di ricapitalizzazione pubblica hanno comportato un esborso totale di €64,1 mld, dei quali per ora (fine 2016) solo €4,5 mld recuperati; il saldo tra i due importi è pari al 5,3% del Pil 2016 della Spagna. Nel documento si stima che il recupero possa salire a €15 mld, ipotesi quasi interamente legata alla privatizzazione di Bankia (gruppo con una presenza pubblica al 67% e attualmente valutato dal mercato €9,2 mld). Tra le 14 istituzioni che hanno beneficiato del sostegno pubblico, tre hanno assorbito il 70% dei fondi (€22,4 mld alla sola Bankia).

Una parte del finanziamento europeo (€2,2 mld circa) è stata impiegata per la costituzione della Sareb (Sociedad de Gestión de Activos procedentes de la Reestructuración Bancaria), la bad bank incaricata di rilevare le attività divenute illiquide. Per non appesantire gli indicatori di finanza pubblica, la quota maggioritaria (55%) del capitale della Sareb è stata sottoscritta da 27 operatori privati.

Alla Sareb sono state trasferite attività immobiliari per un importo nominale di circa di €107 mld, svalutati in media del 53%, per un ammontare netto quindi pari a circa €51 mld. Si tratta sia di proprietà immobiliari (30% del valore del portafoglio) sia di prestiti (70%), questi ultimi sia deteriorati sia regolari. L’obiettivo è quello di liquidare le attività acquisite ad un prezzo remunerativo nell’arco massimo di 15 anni (quindi entro il 2027). Nei suoi primi quattro anni di attività (2013-16) Sareb ha perfezionato cessioni per poco meno di €11 mld (21% del suo attivo).

Come il collasso del Banco Popular ha nuovamente dimostrato, l’ampio intervento pubblico è servito a contenere il problema, non a determinare un risanamento integrale del circuito bancario. Secondo le rilevazioni della Banca centrale, il deterioramento della qualità del portafoglio prestiti ha comportato nel quadriennio 2012-15 per le banche spagnole svalutazioni per €160 mld. Malgrado questo imponente sforzo (reso possibile dal finanziamento europeo) le banche spagnole hanno nei loro bilanci finanziamenti non produttivi di ricavi per un totale di € 190 mld, il 9% circa del totale dei finanziamenti a privati. Alla determinazione di questo aggregato contribuiscono per €80-85 mld le attività immobiliari (foreclosure) derivanti da sequestri effettuati a fronte di inadempienze nei pagamenti o ricevute come pagamento. Nel 2016, per il secondo anno, la vendita di queste attività ha ecceduto il flusso in entrata alimentato dalle nuove operazioni di pignoramento. Il saldo dovrebbe quest’anno rimanere positivo e ulteriormente aumentato, considerata la diminuzione in atto nell’attività di confisca (nel secondo trimestre 2017, -20% t/t e -35% a/a).

L’onere che la sezione immobiliare del portafoglio determina sul conto economico delle banche spagnole è ampliato anche da altre disposizioni: dal 2012 sono previstiaccantonamenti prudenziali anche a fronte delle esposizioni immobiliari performing; nel 2015, inoltre, è stato introdotto un prelievo fiscale sugli immobili non locati di proprietà delle istituzionifinanziarie.

Per sottrarsi a questa situazione le banche spagnole stanno da tempo procedendo ad una riduzione del peso della loro esposizione verso il settore immobiliare, esposizione ora (fine 2016) ridimensionata a €157 mld, dai €376 mld del 2011. Sul totale dei finanziamenti ai privati, il peso dei finanziamenti riferibili al settore immobiliare risulta ridotto di quasi 10 punti percentuali (dal 22,5% al 13%). Pur migliorata, la qualità di questa sezione del portafoglio prestiti risulta sempre particolarmente modesta: nel 2013-14 (quindi dopo l’intervento della Sareb) i prestiti deteriorati rappresentavano ancora il 37% del totale dei finanziamenti al settore, livello ora ridimensionato al 26,5% (-1,8 pp rispetto al 2015),. Per il resto delle imprese spagnole lo stesso rapporto si posiziona al 9,8% (-2,3 pp rispetto al 2015). A fine 2016 sul totale dei prestiti irregolari delle banche spagnole quelli riconducibili al settore immobiliare pesavano per il 58% (37% i finanziamenti alle imprese di costruzione e alle imprese immobiliari, 21% i mutui alle famiglie per l’acquisto dell’abitazione).

Il processo il riequilibrio del sistema bancario spagnolo resta quindi in misura profonda condizionato dalla dinamica del mercato immobiliare, mercato che pur ancora molto depresso comincia a trasmettere limitati segnali di risveglio. Prima del 2008 il numero annuo delle compravendite era prossimo alle 900mila unità; diminuite fino alle sole 300mila del 2013, le operazioni hanno sperimentato una graduale risalita con una possibile chiusura del 2017 a quota 460mila. A rianimare il mercato ha contribuito in misura significativa la domanda estera attratta da una dinamica dei prezzi mantenutasi lungamente al ribasso (-42% nel periodo 2008-15). Questo ultimo trend ha conosciuto una prima timida inversione nel 2016 (+1,7%) confermata nel primo trimestre di quest’anno (+2,7% a/a).

In definitiva, l’esposizione immobiliare pur fortemente ridimensionata pesa ancora in misura decisamente importante sul sistema bancario spagnolo. Con la sistemazione del Popular risulta adesso concentrata soprattutto sui gruppi maggiori, in grado di sopportarne meglio l’onere grazie ad un portafoglio non solo più ampio ma anche molto diversificato sul piano settoriale e geografico. La combinazione di questo dato con la favorevole dinamica economica e i primi timidi segnali di ripresa del mercato immobiliare fanno ritenere non più lontana (a cinque anni dal salvataggio europeo) l’uscita del sistema bancario spagnolo dalla profonda crisi nella quale lo scoppio della bolla immobiliare l’aveva precipitato.