“Partenariato pubblico-privato, concessioni e gestione dei rischi”, di Biancamaria Raganelli, I Quaderni di Minerva Bancaria n. 2/2019, Editrice Minerva Bancaria, pagg.64 euro 15
Il partenariato pubblico privato può costituire motore propulsivo allo sviluppo infrastrutturale italiano – inevitabilmente e profondamente interconnesso alle tematiche occupazionali e di competitività – e, con esso, alla crescita economica e alla competitività del Paese. L’assunto da cui muove l’autore, rilevante in considerazione del gap infrastrutturale italiano in rapporto alla media dei Paesi europei, assume una attualità particolare oggi in considerazione della crisi profonda che attanaglia il Paese e si discute di come consentire all’economia di ripartire.
Il lavoro analizza in chiave critica e con taglio pratico il tema del ricorso alle forme di cooperazione tra soggetto pubblico e operatori privati e le relative declinazioni teorico pratiche.
Come noto, il partenariato pubblico-privato rappresenta un’interessante innovazione nella disciplina della attività negoziale della pubblica amministrazione, sempre più valorizzato in qualità di contratto di tipo flessibile e a struttura variabile, che riserva alle parti la possibilità di plasmarne direttamente il contenuto a seconda delle concrete esigenze da soddisfare. Tipico l’oggetto, multiformi le possibili configurazioni contrattuali dell’attività. Applicabile a diversi settori di intervento, ricomprende diverse fattispecie espressamente previste e tipizzate tra le quali la finanza di progetto, le concessioni di costruzione e gestione, le concessioni di servizi e “qualunque altra procedura di realizzazione di partenariato in materia di opere o servizi” che presentino le caratteristiche individuate dal Codice degli appalti e dei contratti di concessione (art. 180 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).
Nonostante i molteplici interventi normativi a livello nazionale, le applicazioni pratiche sono ancora poche e non colgono le potenzialità dello strumento, che a livello internazionale trova declinazione in una molteplicità di modelli.
Il contributo ripercorre brevemente i principali fattori caratterizzanti il fenomeno del partenariato pubblico-privato e si sofferma sul modello concessorio, recentemente oggetto di armonizzazione normativa a livello europeo, sulla relativa disciplina nazionale di recepimento in vigore e le linee guida Anac di attuazione. Particolare attenzione è dedicata ai profili economico-finanziari riguardanti la redazione del piano economico-finanziario e la corretta gestione dei rischi, elemento fondamentale dei diversi modelli di riferimento e anello di congiunzione imprescindibile per il successo dell’operazione.
Il ricorso al PPP può essere previsto in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione intenda affidare a un operatore privato l’attuazione di un progetto per la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità, nonché per la gestione dei relativi servizi nell’ambito di una cooperazione di lungo termine. Viene, pertanto, ad esistenza una complessa operazione in cui possono coesistere, in tutto o in parte, attività di progettazione, di finanziamento, di costruzione o rinnovamento, di gestione, di manutenzione.
L’operatore economico svolge un ruolo fondamentale nella misura in cui è chiamato a partecipare attivamente alle diverse fasi del progetto. Il partner pubblico, per lo più, definisce gli obiettivi di interesse pubblico da raggiungere, di qualità dei servizi offerti, di politica dei prezzi, conservando la responsabilità organizzativa, di regolazione e vigilanza, oltre che la proprietà del bene.
L’elemento chiave riguarda il trasferimento del rischio in capo all’operatore economico privato. A questo aspetto il contributo dedica particolare attenzione, soffermandosi sulle diverse tipologie e l’allocazione delle stesse (costruzione, di disponibilità e di domanda dei servizi resi), in relazione a opere c.d. calde, anche dette self liquidating, opere c.d. tiepide, per le quali il soggetto pubblico elargisce un contributo per l’esecuzione, ma che sono comunque in grado di generare flussi di cassa per remunerare gli investimenti effettuati e opere c.d. fredde.
Al tema è dedicato un apposito capitolo, relativo alle Linee Guida n. 9 emanate dell’ANAC con delibera n. 318 del 28 marzo 2018, recanti “Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato (PPP)”, con particolare riferimento alla parte recante “Analisi e allocazione dei rischi”.
Vengono evidenziati gli aspetti più importanti connessi al trasferimento dei rischi all’operatore, alla matrice dei rischi e alla revisione del piano economico finanziario, fornendo una interessante quanto chiara classificazione delle tradizionali tipologie di rischio, nonché la definizione di ulteriori rischi quali, a titolo esemplificativo, quello ambientale e/o archeologico, normativo-politico-regolamentare, di finanziamento, finanziario, di insolvenza dei soggetti chiamati a pagare il prezzo dei servizi offerti, di obsolescenza tecnica.
Il testo si sofferma sul contratto di concessione, le caratteristiche essenziali, la disciplina nazionale in vigore, i più rilevanti profili procedurali. Ripercorre la giurisprudenza europea e nazionale di riferimento che ha cercato di fare chiarezza in merito ai principali profili problematici, gli elementi distintivi con altre fattispecie e modelli di riferimento (in particolare l’appalto), la delimitazione del c.d. rischio di gestione.
Il modello concessorio viene poi analizzato in rapporto alla finanza di progetto, che con il primo condivide il modello contrattuale ma, nella disciplina italiana, se ne distingue quanto alla procedura a monte di selezione dell’operatore economico privato. Ci si sofferma sui profili economico finanziari, il perseguimento dell’equilibrio economico finanziario, presupposto per la corretta allocazione del rischio e la predisposizione del piano economico finanziario (PEF), elemento costitutivo, spesso sottovalutato ma determinante per la buona riuscita dell’operazione. Quest’ultimo, infatti, permette di valutare la sostenibilità dell’investimento in termini di corretto bilanciamento delle fonti di finanziamento, della capacità del progetto di determinare un flusso di cassa idoneo a rimborsare il debito finanziario nel rispetto dei covenants bancari, di idoneità del progetto a far fronte agli obblighi contrattuali e di redditività dello stesso. Il PEF deve evidenziare la capacità del progetto di generare cashflow sufficiente a garantire un regolare servizio del debito e di remunerare il capitale di rischio in modo soddisfacente. Vengono quindi descritti step by step gli adempimenti procedurali necessari all’elaborazione del PEF definitivo.
Da ultimo, il lavoro si conclude proponendo un esempio di relazione descrittiva di accompagnamento di un progetto idroelettrico, articolato in un primo paragrafo di descrizione del progetto e del contesto di riferimento oltre alla successiva esplicazione di tutte le assumptions utilizzate nella redazione del PE. Sulla base delle assunzioni analizzate viene ricostruito il modello economico finanziario e i risultati di maggior rilievo solo trasposti in una tabella.
Il ricorso al partenariato pubblico e privato costituisce una grande opportunità per il nostro Paese e una sfida, oggi più che mai utile a rilanciare lo sviluppo infrastrutturale ed economico, con un basso impatto sul bilancio pubblico e senza che l’amministrazione sia tenuta ad assumere su di sé il rischio di gestione. A questi vantaggi si aggiungono quelli evidenziati in letteratura, riguardanti la maggiore qualità delle opere e di efficacia dei servizi resi, realizzate/gestiti in PPP e maggiore efficienza nella gestione. D’altro canto, in periodi di crisi come quello che stiamo vivendo si avverte, tra le altre cose, l’esigenza che il settore pubblico intervenga in forme e modi diversi, allo scopo di sostenere l’economia anche con investimenti produttivi e non solo con sussidi e trasferimenti a persone e imprese.
L’intervento dei soggetti privati nel finanziamento e nella gestione dei progetti pubblici è espressione di una concezione “orizzontale” del principio di sussidiarietà, per cui la pubblica amministrazione può agevolare l’esternalizzazione di compiti e funzioni di cui rimane titolare, favorendo la cooperazione con il privato a cui trasferisce, in modo trasparente, proporzionato e mirato, parte dei rischi e delle responsabilità derivanti dal progetto. Nel contempo, il soggetto pubblico non può e non deve rinunciare a vigilare sull’attività svolta dal privato.
Oltre a limitare l’impiego delle risorse finanziarie dell’amministrazione, il ricorso al PPP permette di perseguire ulteriori finalità – tipiche dell’affermarsi della concezione di un’amministrazione di risultato – grazie all’impiego di metodologie proprie del settore privato: dalla razionalizzazione del processo d’identificazione degli investimenti e di affinamento delle metodologie di valutazione dei progetti (grazie anche a tecniche di whole life costing), alla maggior certezza sui costi d’investimento e riduzione dei tempi di realizzazione, passando per l’ottimizzazione degli esborsi in conto capitale e della gestione delle diverse attività necessarie alla realizzazione del progetto attraverso il coinvolgimento dei soggetti specializzati. Ciò nonostante, le operazioni di PPP nel nostro Paese sono condannate a confrontarsi con numerose criticità applicative, che ne riducono sensibilmente il ricorso e la fattibilità.
Un freno al pieno sviluppo di tale approccio alla costruzione e gestione di opere pubbliche risiede, innanzitutto, nella patologica complicazione procedurale, nella faticosa ricerca di un equilibrio tra regole e flessibilità, nelle vischiosità del comparto dei lavori pubblici, nel timore di perdersi nei meandri della giustizia, nonché nella mancanza da parte delle amministrazioni pubbliche di competenze tecniche idonee a provvedere alla realizzazione e alla gestione di opere e servizi di pubblica utilità, a cui spesso di accompagnano una scarsa capacità propositiva e propulsiva delle stesse e una scarsa propensione al dialogo con i potenziali partners privati.
Il contributo in esame offre uno strumento agile per comprenderne i profili caratterizzanti l’istituto del partenariato pubblico privato e i principali passaggi procedurali ed operativi con un’attenzione particolare al modello concessorio.
L’auspicio è che – in un mercato come quello italiano, contraddistinto per preminenza di progetti di piccola e media dimensione – possa maturare la consapevolezza della necessità di non poter prescindere dalla sussidiarietà orizzontale e dal dialogo con il settore privato per favorire lo sviluppo infrastrutturale, la crescita economica e la competitività del Paese. Si tratta in particolare di superare la tradizionale diffidenza per le forme di flessibilità e di dialogo tra amministrazioni e privati, di avere il coraggio di agire ora per rilanciare il Paese, semplificando le procedure da un lato e potenziando la vigilanza dei fenomeni devianti dall’altro. Solo in questo modo possiamo sperare di colmare il gap infrastrutturale che, in molti settori, ancora caratterizza il nostro Paese e che rischia di aggravarsi in scenari di profonda crisi come quelli che stiamo vivendo.