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Società fiduciarie e clienti: chi paga le imposte?

Una recente sentenza chiarisce le modalità di gestione delle plusvalenze: le società fiduciarie sono tenute a versare le imposte per conto del cliente solo se quest'ultimo ha esplicitamente scelto il regime del risparmio amministrato. Lo spiega in questo articolo la segretaria generale di Assofiduciaria, insieme ad alcuni importanti principi messi in evidenza 

Lucia Frascarelli
Frascarelli

Con la sentenza n. 3356 del 30 dicembre 2024, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia ha enunciato un principio rilevante in materia di risparmio amministrato, sancendo che, ai sensi dell’art. 6, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 461/1997, la qualifica di sostituto d’imposta in capo alla società fiduciaria si configura esclusivamente a seguito dell’esplicita e volontaria adesione del contribuente al regime opzionale in esame.

La sentenza in oggetto trae origine da un accertamento dell’Agenzia delle Entrate in cui veniva contestato ad una società fiduciaria sia l’omesso versamento dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze nell’ambito del regime del risparmio amministrato di cui all’art. 6 del D.Lgs. n. 461 del1997, sia il mancato versamento della Tobin Tax di cui alla legge n. 228 del 2012, sostenendo che la fiduciaria rivestiva comunque il ruolo di sostituto d’imposta.

La Corte, accogliendo integralmente il ricorso della società fiduciaria, ha tuttavia escluso la sussistenza dell’obbligo tributario in capo all’intermediario, sostenendo che, in assenza di formale opzione da parte dei fiducianti per il regime del risparmio amministrato il recupero dell’imposta non assolta resta esclusivamente a carico del contribuente.

Secondo i giudici, la normativa vigente richiede, per l’applicazione dell’imposta sostitutiva da parte dell’intermediario, la presenza di un rapporto di amministrazione attivo e stabile, accompagnato da una scelta esplicita e tracciabile da parte del contribuente, vincolante per l’intero esercizio fiscale. Inoltre, la Corte ha richiamato anche la relazione illustrativa al D.Lgs. n. 461/1997, che attribuisce al contribuente la responsabilità degli adempimenti tributari in assenza di comunicazione formale dell’opzione: dal combinato disposto di tale disposizione e della lett. f) del comma 160 dell’art. 1 della legge delega 23 dicembre 1996, n. 662, risulta che tale opzione implichi l’instaurazione di un rapporto stabile con un intermediario autorizzato e che debba essere espressamente comunicata. Poiché, dunque, nel caso in esame i soci non avevano esercitato tale opzione, la fiduciaria non era tenuta ad alcun adempimento in qualità di sostituto d’imposta.

Come noto, la sostituzione di imposta è una delle principali funzioni assunte dalla società fiduciaria, la quale, attraverso lo strumento del mandato fiduciario, solleva il fiduciante dall’assolvimento degli oneri dichiarativi connessi alla tassazione dei redditi di natura finanziaria. Tuttavia, tale funzione non si attiva automaticamente con l’instaurazione del rapporto fiduciario: è, infatti, necessaria una manifestazione di volontà espressa da parte del fiduciante, da formalizzarsi al momento della stipula del contratto ovvero, per i rapporti già in essere, in qualsiasi momento dell’anno con effetto dal successivo periodo d’imposta.

Basti pensare, infatti, che laddove in sede di versamento delle imposte, l’intermediario non sia in possesso di tutti i dati utili per calcolare l’ammontare della plusvalenza deve richiederli al contribuente, o sospendere l’esecuzione di tali prestazioni, fintanto che non abbia recuperato dallo stesso la documentazione utile.

La fiduciaria può – non deve – assumere le vesti di sostituto d’imposta e applicare l’imposta sostitutiva di cui all’art. 6 del Dlgs 461/1997 sui redditi diversi di natura finanziaria sulla base dell’esistenza del rapporto di amministrazione. Difatti, affinché tutto sia in regola, nel contratto devono essere specificati gli obblighi di comunicazione, da parte del contribuente, e di rendicontazione, a carico della fiduciaria. Pertanto, l’intermediario che interviene nelle operazioni oggetto di mandato deve effettuare le ritenute previste solo se il cliente sostituito abbia optato per l’imposta sostitutiva. Ne consegue che, in difetto di tale adesione, ogni onere impositivo – incluso quello relativo alla Tobin Tax – resta a carico del contribuente stesso, secondo il regime ordinario dichiarativo.  

Attraverso la sentenza resa dalla Corte di giustizia tributaria, si riafferma dunque un principio importante: la società fiduciaria, pur operando nell’interesse del fiduciante, non diviene titolare né dei beni né dei redditi da questi derivanti, né tantomeno può essere qualificata quale soggetto passivo d’imposta per obbligazioni fiscali proprie del fiduciante. Le società fiduciarie agiscono nell’interesse del cliente, ma sempre nei limiti del mandato conferito.

Viene, dunque, evidenziata la centralità della volontà del contribuente nell’attivazione del regime agevolato e sottolineata l’importanza della corretta formalizzazione delle opzioni fiscali. A tal proposito, Assofiduciaria ha previsto, nell’ambito della propria modulistica contrattuale, un apposito allegato al contratto standard volto a consentire l’esercizio formale dell’opzione per il regime del risparmio amministrato, a tutela della chiarezza nei rapporti tra fiduciaria e clientela.

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