approfondimenti/politica economica
Sicuri che lo scudo anti-acquisizioni convenga sempre?

L'Italia è stata più volte censurata dalla Commissione europea per le regole sull'esercizio del golden power. Oggi, con il loro rafforzamento, che amplia anche i settori di intervento, rischia di violare il principio della libera circolazione dei capitali. Senza contare che, soprattutto nel settore IT, impedire la contendibilità delle imprese contrasta con il loro bisogno di finanziamenti, e limita le loro possibilità di crescita

Fabiano De Santis

Tra le misure varate dal Governo per il contenimento dei pregiudizi economici derivanti dall’emergenza epidemiologica, si annovera il rafforzamento dei “Golden Powers”, le cui finalità sono quelle di assicurare allo Stato il potere di porre un veto su potenziali acquisizioni, da parte di soggetti esteri, di aziende ritenute strategiche. 

Come già affrontato su questo stesso sito (sul punto il contributo di G. Agostini, Il super golden power passerà l’esame in Europa?  https://mirror.fchub.it/il-super-golden-power-passera-lesame-in-europa/ e F. Fiordiponti, Cosa pensa la Ue del golden power rafforzato, https://mirror.fchub.it/cosa-pensa-la-ue-del-golden-power-rafforzato/) i poteri di veto del Governo, oltre a riguardare nuovi settori, verranno estesi anche alle operazioni di acquisizione all’interno dell’Unione Europea, non solo per il controllo ma anche per l’acquisizione di quote dal 10% in su. Sarà possibile avviare d’ufficio l’esercizio dei poteri speciali anche per operazioni non notificate. Mediante un intervento sull’articolo 120 del TUF verranno inoltre riviste al ribasso le soglie per le comunicazioni alla Consob e tale obbligo verrà esteso anche alle Società con azionariato diffuso. 

Il Governo, mediante una manovra varata in un contesto emergenziale,  ha dunque ampliato significativamente  lo scudo a difesa delle imprese ritenute  strategiche, rafforzando i “golden powers” contro le scalate potenzialmente ostili non solo, – è questa una delle novità – rivolgendo la tutela ai settori tradizionali delle infrastrutture critiche e della Difesa, ma presidiandone molti altri: quello finanziario, creditizio, assicurativo, energia, acqua, trasporti, salute, sicurezza alimentare, intelligenza artificiale, robotica, semiconduttori, cybersicurezza.

L’apporto di questo contributo si riduce ad una riflessione sull’efficacia della misura e sulla su compatibilità con il quadro europeo, con particolare riferimento ai settori a più alto grado di innovazione, dall’energia alla IT. 

Occorre considerare che la Commissione Europea aveva  censurato il sistema dei poteri speciali risultante dalla disciplina precedente a quella recata dal D.L. n. 21 del 2012 [L’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia con sentenze del 23maggio 2000 (causa C-58/99 Commissione c. Italia, in Raccolta, 2000, p. I-3811) e del 2 giugno 2005 (causa C-174/04, Commissione c. Italia, ivi, p. I-4933), con riferimento agli artt. 1 e 2, D.L. 332/94. Da ultimo, con sentenza del 26 marzo 2009, Commissione c. Italia (C-326/07), in Raccolta, 2009, p. I-2291, la Corte ha ritenuto che le modifiche all’art. 2, D.L. 332/94, intervenute con l’art. 4, commi 227-231, L. 24 dicembre 2003, n. 350 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato»; “Legge Finanziaria 2004”), con cui si limitavano i poteri speciali garantiti al Governo negli statuti di importanti società partecipate, non fossero conformi ai Trattati in quanto non indicavano criteri precisi e specifici per l’esercizio dei poteri speciali.

A seguito di nuova procedura d’infrazione (n. 2009/2255), con decisione del 24 novembre 2011 la Commissione ha nuovamente deferito l’Italia alla Corte di Giustizia per l’inottemperanza alla sentenza della Corte, ritenendo che anche il D.P.C.M. del 20 maggio 2010 non fosse a tal fine adeguato].

Il malcontento dell’UE era stato manifestato nel lontano 1997, allorquando la Commissione Europea, in una Comunicazione ad hoc, aveva chiarito che l’esercizio dei poteri dovesse essere attuato senza discriminazioni e solo se fondato su criteri obiettivi, stabili e resi pubblici. E solamente se giustificato da motivi “imperiosi di interesse generale” [In relazione al principio di proporzionalità nell’azione della pubblica amministrazione cfr. Cons. St., sez. V, 14 aprile 2006, n. 2087, secondo cui il principio di proporzionalità è principio generale dell’ordinamento ed implica che la Pubblica Amministrazione debba adottare la soluzione idonea ed adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti. Il principio di ragionevolezza, a sua volta, si evince dal sistema, quale espressione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, così come dai principi cristallizzati all’interno della legge sul procedimento amministrativo: sul punto, cfr. Corte. cost., 4 marzo 1997, n. 59: «In generale, nelle scelte relative alla creazione e all’organizzazione dei pubblici uffici spetta al legislatore, sia statale che regionale, un vasto ambito di discrezionalità che non si sottrae, tuttavia, al sindacato sotto il profilo del buon andamento e dell’imparzialità proclamati dall’art. 97, primo comma, della Costituzione, secondo i canoni della non arbitrarietà e della ragionevolezza». Nello stesso senso anche Corte. cost., 18 gennaio 1989, n. 1; Corte cost., 30 gennaio 1980, n. 10; Corte cost., 9 dicembre 1968, n. 123. Sul punto, anche, per tutti R. CARIDÀ, Principi costituzionali e pubblica  amministrazione, in www.giurcost.org]. 

Con particolare riguardo al settore dell’energia, trasporti e comunicazioni il Decreto n. 21 del 2012 aveva previsto, all’art.2, la devoluzione alla disciplina secondaria, mediante Regolamenti da adottare previo parere delle Commissioni Parlamentari competenti, delle seguenti funzioni : 

– L’individuazione degli asset strategici nel settore dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni; 

– L’esercizio dei poteri speciali; 

– L’individuazione di ulteriori disposizioni attuative della disciplina.

I due Regolamenti di attuazione sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 6 giugno 2014 ed entrati in vigore il successivo 7 giugno 2014 [il riferimento va al D.P.R. 25 Marzo 2014 n. 85 “Regolamento per l’individuazione degli attivi di rilevanza strategica e D.P.R. 25 Marzo 2014 n. 86 che individua le procedure per l’attivazione di tali poteri].

Il Decreto legge n. 148 del 2017, convertito con modificazioni dalla L. 4 dicembre 2017, n. 17, ha modificato ed esteso la disciplina inerente l’esercizio dei poteri speciali del Governo in relazione alla governance di società considerate strategiche, altresì ampliando l’esercizio dei poteri speciali applicabili al settore dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni al settore dell’alta intensità tecnologica, prevedendo, in caso di omessa notifica, una sanzione amministrativa pecuniaria. 

Con particolare riferimento alle operazioni di acquisto da parte di soggetti extra UE di società che detengono attivi strategici, qualora l’acquisto determini l’insediamento stabile dell’acquirente, al Governo, nell’esercitare i poteri speciali attribuitigli, è attribuita la facoltà di valutare, oltre alla minaccia di grave pregiudizio agli interessi pubblici in ordine alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti, anche il pericolo per la sicurezza o per l’ordine pubblico. 

Lo stesso legislatore, con il medesimo Decreto, ha altresì individuato un criterio specifico cui il Governo deve attenersi nell’esercizio dei poteri speciali con riferimento alle operazioni di acquisto di soggetto extra UE di società che detengono attivi strategici nel settore energetico, dei trasporti e delle comunicazioni, qualora l’acquisto determini l’insediamento stabile dell’acquirente. 

Il Governo, in tali ipotesi, dovrebbe operare una valutazione anche inerente il pericolo per la sicurezza o per l’ordine pubblico e specificando che alle sanzioni amministrative pecuniarie già previste si applicano anche le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative ( legge n. 689 del 1981). 

Venendo al nuovo, l’art. 15 del Decreto Legge n. 23 del 2020 “Misure Golden Power” prevedendo l’obbligo di notifica anche per gli acquisti a qualsiasi titolo di partecipazioni, da parte di soggetti anche appartenenti all’Unione Europea che siano in grado di determinare l’insediamento stabile dell’acquirente mediante assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell’acquisto, rischia di contrastare con la libertà di stabilimento e  di circolazione dei capitali all’interno dell’Unione.

Non solo.

Come visto il rafforzamento dei “golden powers”, allineando la disciplina interna all’art. 4 del Regolamento (Ue) 2019/452, ed anzi ampliandone ulteriormente la portata, interesserà diversi settori, molto diversi tra loro, con il rischio concreto di diminuire sensibilmente la contendibilità delle imprese ivi operanti. 

Se lo scopo di questa maggior tutela è quello di proteggere e non di bloccare lo sviluppo interno, sarà necessario, oltre che schermare queste aziende da azioni ostili, sostenerle, affinché possano in primis resistere e poi, auspicabilmente, crescere  senza dover ricorrere a finanziamenti di capitale estero. 

La considerazione che precede è tanto più vera, quanto più si rivolga l’attenzione a quei settori, che come  IT,  implementazione intelligenza artificiale, robotica,  cybersicurezza, e cloud computing, presentano al loro interno aziende che fanno della contendibilità, anche intracomunitaria, un loro target; dato il minor consolidamento ed i maggiori costi di ricerca e sviluppo che caratterizzano la loro attività d’impresa .

Discorso simile può riguardare le imprese dedite alle attività di ricerca nei settori della nanotecnologie e della biotecnologie, nonché all’attività di stoccaggio dell’energia (specie se di fonte rinnovabile).

Con riferimento ai profili da ultimo sollevati, pare utile rammentare che le censure europee si concentravano non tanto sullo strumentario predisposto a tutela delle imprese strategiche, quanto sul pericolo derivante dalla discrezionalità  del suo utilizzo.

Data l’obiettiva eccezionalità di quanto accaduto e visto il limitato lasso temporale di efficacia della maggior tutela, tale pericolo dovrebbe essere scongiurato, ma allo stesso tempo, con specifico riferimento ai limiti intracomunitari ed alle aziende ancora in fase di sviluppo precario, il rafforzamento, se non opportunamente sostenuto da efficaci misure interne,  potrebbe innescare una stagnazione difficilmente reversibile; a danno, specialmente, delle imprese meno consolidate, che spesso, tuttavia,  presentano il più alto grado di innovazione.