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Sembra facile semplificare

Con l’addio alle commissioni di massimo scoperto, il legislatore ha puntato su trasparenza e semplificazione delle voci di costo, per una deflazione del contenzioso esistente. Che si è spostato dai tribunali all'Arbitro Bancario Finanziario.

Maddalena Marchesi
Marchesi

L’art. 117 bis T.u.b., nella sua formulazione (si spera) finale, e le relative disposizioni di attuazione (Dm 30 giugno 2012) disciplinano la commissione di affidamento (Ca) applicabile all’apertura di credito in conto corrente, e la commissione di istruttoria veloce (Civ) per il caso di sconfinamento.

L’obiettivo perseguito dal legislatore è la semplificazione e standardizzazione delle voci di costo applicabili alla clientela per lo scoperto – di diritto o di fatto – sul conto corrente, sui conti di pagamento nonché sulle carte di credito – art. 2, 1° co., Dm 30 giugno 2012 – con un incremento della trasparenza e della comparabilità.

L’effetto, se non l’obiettivo, è la deflazione del numerosissimo contenzioso giudiziario inerente la commissione di massimo scoperto (Cms), rectius, inerente le varie versioni di questa applicate dalle banche allorquando la disciplina di tale voce di costo era lasciata alla libera determinazione della parti (fase 1 – dalla sua introduzione con le norme bancarie uniformi alla disciplina contenuta nella L. 28 gennaio 2009 n. 2) e anche, sia pure per profili diversi, successivamente alla prima disciplina di tale materia (fase 2 – dalla L. 28 gennaio 2009 n. 2 alla L. 22 dicembre 2011 n. 214).

Contenzioso giudiziario che, però, a dirla tutta, quanto all’applicazione della L. 2/2009 è stato già sostituito dai ricorsi all’Arbitro Bancario e Finanziario (Abf) istituito ai sensi dell’art. 128 bis T.u.b. Come si legge nella Relazione sull’attività dell’Arbitro Bancario e Finanziario del 2011, infatti, le (numerose) decisioni Abf in materia di “commissione di massimo scoperto” hanno applicato per lo più l’art. 2 bis del Dl 185/2008 (convertito con modifiche in L. 2/2009), nonché recentemente l’art. 117 bis t.u.b. e relative disposizioni di attuazione. Di seguito ci si soffermerà brevemente su queste ultime.

In sintesi, l’art. 117 bis T.u.b. stabilisce che i contratti di apertura di credito possono prevedere quali unici costi per il cliente un tasso di interesse debitore sulle somme utilizzate e una commissione “omnicomprensiva”, inferiore allo 0,5 per cento per trimestre, “calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento”. Il Cicr (art. 3, 2° co., lett. ii) ha quindi specificato che la commissione si applica “sull’intera somma messa a disposizione del cliente in base al contratto”, e per il periodo in cui la stessa somma è messa a disposizione del cliente. Viceversa il tasso d’interesse si applica sulle somme effettivamente utilizzate dal cliente per il periodo in cui sono utilizzate (art. 3, 2° co., lett. iv).

Il Cicr ha quindi definitivamente spazzato via il campo dai dubbi interpretativi sulle modalità di calcolo della Ca, nati nell’immediatezza dell’emanazione della nuova disciplina, e, si ritiene, retaggio storico dell’incertezza normativa del passato a tale proposito.

Incertezza normativa che, è bene sottolinearlo, aveva causato tanta parte del contenzioso giudiziario sopra citato sia sotto il profilo della “mancanza” di causa della Cms calcolata con modalità similari o coincidenti con gli interessi passivi, sia sotto il profilo della (in)determinatezza / (in)determinabilità della Cms, nei casi in cui nel contratto non fossero indicati la percentuale di tale commissione e le relative modalità di calcolo. Profilo quest’ultimo vagliato pure dall’Abf che aveva ritenuto illegittime le Commissioni di messa a disposizione fondi (Cmdf) ex art. 2 bis comma 2 L. 2/2009 (applicate dalla banche in sostituzione delle vecchie Cms) con riferimento alle quali nel contratto non fossero indicati gli elementi idonei a consentirne “a priori” il calcolo ovvero percentuale, periodicità di applicazione, base di calcolo e criterio per assicurarne la proporzionalità a importo e durata di affidamento (Abf, Collegio di Milano n. 317 del 17 febbraio 2011), non fosse esplicitato il meccanismo di calcolo (Abf, Collegio di Milano n. 1016 del 1 ottobre 2010) e la cui clausola si limitasse a riprodurre la dicitura normativa (Abf, Collegio di Milano n. 1250 del 10 novembre 2010).

Orbene, ai sensi dell’art. 117 bis T.u.b., non sono più consentite commissioni che, al di là del nomen loro attribuito, non sono calcolate in maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento (ie le “vecchie” Cms), né oneri ulteriori per la messa a disposizione di fondi, e per il loro utilizzo. Dal punto di vista della trasparenza, poi, la Ca è assoggettata ai requisiti generali di forma previsti dall’art. 117 T.u.b.: forma scritta ad substantiam del contratto con indicazione espressa del tasso d’interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati. Non è viceversa (più) necessaria l’esplicitazione nella clausola contrattuale del meccanismo di calcolo della stessa, ben potendosi ritenere sufficiente a tali fini il richiamo all’art. 117 bis T.u.b. e alle disposizioni di attuazione del Cicr sopra richiamate.

Per quanto riguarda invece gli sconfinamenti (ie le somme di denaro utilizzate dal cliente, o comunque addebitategli, in eccedenza rispetto all’affidamento – cd. utilizzi extrafido – o anche in mancanza di un affidamento, in eccedenza rispetto al saldo del cliente – cd sconfinamento in assenza di fido), gli unici oneri addebitabili al cliente sono una commissione di istruttoria veloce (Civ) e il tasso d’interesse debitore. La Civ deve essere determinata nel contratto in misura fissa, espressa in valore assoluto (ie. non percentuale) e commisurata ai costi; costi che possono considerarsi il limite intrinseco, se non la misura, dell’importo richiedibile a tale titolo. Alla clientela siano devono inoltre essere resi noti i casi di applicazione della commissione, quali stabiliti dall’intermediario nell’ambito delle procedure appositamente formalizzate. Ma ciò, si ritiene, non già nel contratto, quanto piuttosto nella documentazione di trasparenza precontrattuale, prevista dalla relativa disciplina.

Come noto l’art. 117 bis T.u.b. (con le relative disposizioni di attuazione) era applicabile, oltre che ai contratti di apertura di credito e di conto corrente da stipularsi, anche a quelli in corso alla data del 1 luglio 2012; contratti che conseguentemente hanno dovuto essere adeguati ai sensi dell’art. 118 T.u.b. nel termine di tre mesi e con l’introduzione di clausole conformi alle nuove disposizioni. Il Cicr ha, infatti, specificato che l’adeguamento dei contratti costituisce giustificato motivo ai sensi dell’art. 118 T.u.b., sempre che, si intende, nei contratti fosse già prevista l’applicazione dell’art. 118 T.u.b. (occorrendo in caso contrario che le banche proponessero l’adeguamento al cliente).

Di tali profili si è occupato l’Arbitro Bancario e Finanziario, le cui decisioni hanno riguardato la validità delle clausole preesistenti nel periodo di transizione tra la vecchia disciplina e l’emanazione e entrata in vigore della nuova, l’utilizzo del meccanismo di cui all’art. 118 T.u.b. per la modifica delle vecchie commissioni, e la corretta applicazione della neo introdotta Commissione di Istruttoria Veloce (Civ).

Per quanto riguarda la validità delle clausole preesistenti nel periodo di transizione tra la vecchia disciplina e l’emanazione e entrata in vigore della nuova, l’Abf nei casi specifici sottoposti alla sua attenzione si è pronunciato per la soluzione negativa, ritenendo non consentito alle banche continuare ad applicare le previgenti e difformi condizioni nello spazio temporale entro il quale l’adeguamento poteva essere effettuato e dato che le disposizioni applicative erano già in vigore (Abf Collegio di Milano n. 4597 del 6 settembre 2013; conforme Abf Collegio di Milano n. 1805 del 26 marzo 2014).

Per quanto riguarda invece l’utilizzo dello jus variandi per la trasformazione delle commissioni esistenti in Commissioni di Affidamento e/o l’introduzione ex novo di esse l’Arbitro è rimasto nel solco degli orientamenti già consolidati a proposito della trasformazione delle “vecchie” Cms, divenute incompatibili con la disciplina della L. 2/2009, in Cmdf, e dell’introduzione ex novo nei contratti in essere di forme di remunerazione degli affidamenti in origine non previste.

Infatti, nel vigore della previgente disciplina (fase 2) si erano formati due diversi orientamenti dei vari collegi dell’Arbitro, nel senso, da un lato, di considerare legittima l’introduzione di una Cmdf in sostituzione della Cms mediante il meccanismo di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali (inter alia Abf, Collegio di Milano, n. 849 del 2 agosto 2010; Abf, Collegio di Roma, n. 545 del 17 giugno 2010; Abf, Collegio di Milano, n. 1012 del 1 ottobre 2010; Abf, Collegio di Roma, n. 1262 del 10 novembre 2010; Abf, Collegio di Milano, n. 108 del 14 gennaio 2011; Abf, Collegio di Milano, n. 318 del 17 febbraio 2011; Abf, Collegio di Roma, n. 487 del 11 marzo 2011; Abf, Collegio di Milano, n. 790 del 18 aprile 2011; Abf, Collegio di Milano, n. 1432 del 8 luglio 2011; Abf, Collegio di Milano, n. 1570 del 22 luglio 2011; Abf, Collegio di Milano, n. 2419 del 9 novembre 2011); dall’altro lato di considerare illegittima l’introduzione, mediante il meccanismo di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, di una commissione “nuova” da intendersi come “diversa” per natura, funzione e/o metodologia di calcolo da quella in origine prevista (Abf, Collegio di Napoli, n. 300 del del 28 aprile 2010, Abf, Collegio di Napoli, n. 396 del 28 febbraio 2011; Abf, Collegio di Napoli, Abf Collegio di Napoli n. 396 del 28 febbraio 2011, Abf Collegio di Napoli n. 397 del 28 febbraio 2011; Abf, Collegio di Napoli, n. 649 del 31 marzo 2011; Abf, Collegio di Napoli, n. 650 del 31 marzo 2011), o, secondo un orientamento meno restrittivo, come introdotta “ex novo” (Abf, Collegio di Roma, n. 1173 del 1° giugno 2011, Abf, Collegio di Roma, n. 980 del 24 settembre 2010, Abf, Collegio di Milano, n. 1298 del 10 novembre 2010).

Anche con riferimento alla Ca, l’Abf ha ritenuto legittima la comunicazione dell’intermediario finanziario di variazione unilaterale delle condizioni con motivazione “intervenute modifiche normative in materia di remunerazione degli affidamenti” e la sostituzione della commissione di massimo scoperto con la commissione di disponibilità fondi, – pur accogliendo il ricorso del cliente non essendo riuscito l’intermediario a dare prova dell’avvenuta ricezione da parte del cliente della citata comunicazione – (Cf. Abf Collegio di Milano n. 324 del 20 gennaio 2014); viceversa, l’Abf ha ritenuto illegittima una commissione di affidamento introdotta ex novo con il meccanismo dell’art. 118 T.u.b. (Abf, Collegio di Milano n. 5848 del 19 novembre 2013).

Quanto, infine, alla Civ, le decisioni Abf si sono concentrate sulla corretta applicazione della stessa da parte delle banche. Tra i profili analizzati vi sono stati l’applicazione ai saldi disponibili piuttosto che a quelli per valuta (Abf, Collegio di Milano, n. 369 del 22 gennaio 2014) e l’applicazione ai saldi di fine giornata (Abf, Collegio di Napoli n. 1637 del 17 marzo 2014). A quest’ultimo proposito potendosi già considerare consolidato l’orientamento secondo cui “la funzione della Civ è quella di remunerare forfettariamente la banca dei costi generali che essa è chiamata a sopportare per le necessarie attività di verifica circa la “meritevolezza” del cliente che viene istantaneamente affidato nel momento stesso in cui gli si consente di operare attraverso il conto corrente oltre i limiti del fido già assegnatogli ovvero addirittura in assenza di un fido precedentemente deliberato”. Per cui essa trova il suo “limite invalicabile di applicazione” “solo quando le somme utilizzate dal cliente siano in eccedenza rispetto al saldo, e perciò, là dove il conto si presenti già sconfinato, solo quando si realizzi un incremento dello sconfinamento rispetto a quello del giorno precedente, e che viceversa essa non possa mai trovare applicazione quando – pur restando ancora il conto sconfinato, il saldo delle operazioni di fine giornata sia di segno positivo determinandosi così una riduzione dello sconfinamento rispetto al giorno precedente (ovvero sia pari a , avendosi in questo caso invarianza dello sconfinamento)” (Abf Collegio di Napoli n. 1394 del 12 marzo 2014; Abf Collegio di Napoli n. 1396 del 12 marzo 2014; Abf Collegio di Napoli n. 1637 del 17 marzo 2014).

I problemi di determinatezza e di trasparenza delle clausole relative alla Ca e alla Civ possono ritenersi, invece, superati per effetto della normativa che ne ha dettagliato importi massimi, base e periodi di calcolo, oltre che requisiti di trasparenza; tanto è vero, a quanto è dato sapere, non vi sono decisioni Abf attinenti a tali profili.