OSSERVATORIO WELFARE LUISS
Se i fondi pensione languono è colpa della mamma

Uno studio analizza per la prima volta la relazione tra la struttura familiare italiana, il comportamento nei confronti del welfare e il senso civico. Con una colpevole

Paola Pilati

Perché in Italia, al contrario di altri paesi sviluppati, i fondi pensione integrativi sono così poco diffusi? Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Welfare della Luiss diretto da Mauro Marè, realizzato con Francesco Porcelli dell’Università di Bari e Francesco Vidoli di quella di Urbino, dipende dalla struttura della famiglia italiana. Anzi, più precisamente dipende dalle madri. I tre professori che sostengono questa tesi hanno anche dichiarato che, dopo aver esposto questa tesi alle proprie madri, sono stati da quelle bocciati su tutta la linea.

Tuttavia, valutare le esternalità – positive e negative – prodotte dalla relazione che i figli hanno con la famiglia d’origine non solo è un modo nuovo per guardare ai comportamenti collettivi sul fronte delle scelte del welfare e su quello che il rapporto definisce il capitale sociale, ma trova anche dei riscontri econometrici.

Se l’investimento in un fondo pensione è l’indicatore più significativo di un progetto individuale di welfare, il capitale sociale è quell’insieme di relazioni da cui si sviluppano delle reti sociali che influenzano il senso civico, la fiducia negli altri e che rende solidi gli stessi rapporti di reciproco sostegno familiare. Ebbene, anche secondo l’Ocse, i paesi con i legami familiari più forti sono quelli che hanno un livello di capitale sociale e di trust più basso. Specularmente, laddove lo Stato è debole e le politiche pubbliche sul piano del welfare sono povere, tanto più il legame con la famiglia è forte in quanto è l’unico provider di welfare.

Per andare aldilà di questa interpretazione, il Rapporto si inoltra per la prima volta in Italia in una indagine campionaria che stima tipo e dimensione degli effetti dei legami familiari e l’approccio al welfare basandosi su 12 mila intervistati organizzati sulle risposte a quattro variabili: se hanno aderito ai fondi pensione, che giudizio hanno sui fondi pensione, qual è la propensione verso una pensione minima, qual è il loro grado di educazione finanziaria. Queste quattro categorie sono state poi combinate con altre variabili: quelle del senso civico (misurato con la partecipazione al voto o ad attività di volontariato), con il grado di fiducia negli altri e con l’intensità dei legami familiari, cioè se si vive vicino ai genitori, quante volte ci si vede, quanto aiuto reciproco ci si fornisce.

I risultati raccontano di un paese in cui più i legami familiari sono stretti più si riduce l’adesione ai fondi pensione, perché si considera la famiglia come il proprio ammortizzatore sociale. Dal punto di vista geografico, l’adesione verso un fondo aumenta al Nord e diminuisce al Sud e nei comuni di cintura dei grandi centri urbani, dove la preferenza va invece al settore pubblico e all’istituzione di una pensione minima.

Anche la fiducia degli altri è correlata con l’adesione ai fondi pensione. Dove è alta la prima, aumenta la seconda; dove si riduce la fiducia nella propria famiglia, aumenta quella per il sistema pensionistico pubblico.

Rivelatore del clima sociale anche un altro dato, quello sulle principali preoccupazioni rispetto al futuro: rispetto a 10 anni fa, la malattia come fonte di preoccupazione è esplosa dall’11 per cento del 2012 al 42 per cento di oggi, affiancando quella di una pensione non adeguata. L’altro boom tra le ansie per il futuro degli italiani è quello dell’assistenza ai genitori: era una preoccupazione solo per l’un per cento della popolazione dieci anni fa, ora è salita al 16 per cento.

Per tornare all’assunto di partenza, la ricerca si chiede se la famiglia sia insomma una causa o un effetto, cioè se sia essa a influenzare il capitale sociale – e quindi i comportamenti di welfare – e se viceversa sia il rifugio da un sistema pubblico privo di garanzie abbastanza forti di protezione. La risposta dei ricercatori è che sia una causa. E che le madri c’entrino in quanto del sistema del welfare familiare sono loro a portare carico e responsabilità.

Essendone quindi anche delle vittime, una strada per cambiare il modello italiano dovrebbe essere quello di sollevare le donne dal ruolo che nella famiglia le condanna a essere il pivot del welfare per figli e genitori. In che modo, con quali azioni concrete? Da un lato con la costruzione di un welfare pubblico diverso, meno basato su ospedali e pensioni e più su servizi di assistenza e investimenti sul capitale sociale. Dall’altro, più opportunità di lavoro per le donne al di fuori della famiglia, per liberarle dalla prigione di angeli del focolare e di dispensatrici di welfare per tutti.