approfondimenti/Mercato finanziario
Sbagliando si impara? Non sempre

Il Governo si appresta a varare nuove misure destinate alle piccole e medie imprese. Nella speranza che questa sia la volta buona. Perché in passato...

Alessandra Protani

Secondo l’economista Ezio Tarantelli “l’economia rischia di esibire modelli matematici in un teatro vuoto chiuso per restauro mentre il vero dramma si consuma per strada”. Di ciò, con il nuovo anno, ne è diventato ben consapevole il governo Renzi, tanto che, superata l’urgenza della legge si stabilità, in una prospettiva volta a creare nuove opportunità di sviluppo per il nostro Paese, senza perdere tempo, ha rimesso penna ad un nuovo decreto legge già in preparazione (c.d. decreto Investiment compact), i cui temi centrali sono: credito ed innovazione delle Pmi.

Non è una novità, infatti, che i finanziamenti e i crediti bancari siano bloccati e che le piccole e medie imprese, su cui si fonda principalmente il tessuto produttivo italiano, non riescano ad ottenere i soldi necessari per realizzare i loro progetti.
Il mondo delle piccole e medie imprese in Italia è oggi costituito da circa 3.220 realtà produttive. Per queste aziende la crisi si sta facendo sentire in modo duro. Il 72% di esse segnala infatti problemi di accesso al credito e delle imprese che hanno ottenuto dei finanziamenti, il 45% rileva problemi con l’ammontare del finanziamento richiesto e denuncia tassi più alti rispetto allo scorso anno. Oltre la metà delle medie imprese italiane, il 51% per la precisione, dichiara poi di avere intenzione di chiedere un finanziamento alle banche entro metà anno, non solo per realizzare nuovi progetti ma – soprattutto sembra – semplicemente per riuscire a mandare avanti l’attività.

A ciò si aggiunga che sino ad oggi tutti gli interventi normativi in favore delle Pmi, nonostante i propositi iniziali, non hanno fatto altro che illustrare, appunto, “meri modelli matematici”, senza risolvere alcunché. I tanto “pubblicizzati” vantaggi della s.r.l. semplificata (la cui costituzione era riservata esclusivamente agli under 35) e della s.r.l. a capitale ridotto si sono rivelati “una mera illusione”, infatti anche se queste società erano palesemente agevolate all’inizio, non usufruivano di alcuna forma di agevolazione una volta divenute operative, con la conseguenza che, lungi dal far ripartire l’economia, sono diventate delle mere palestre dottrinali a causa delle sovrapposizioni normative che si sono susseguite in brevissimo tempo, basti pensare che trascorso poco più di un anno dalla loro introduzione nel nostro sistema normativo, è stata varata una nuova disciplina di cui all’articolo 9 D.l. 28 giugno 2013 n. 76 (convertito nella Legge 99/2013) con lo scopo di ottenere una effettiva semplificazione attraverso la “fusione” delle due varianti e l’estensione, a tutti i soci persone fisiche, delle agevolazioni prima riservate alle sole s.r.l. semplificate, senza alcun riferimento all’età. Perciò, dopo tale riforma, sopravvive la sola s.r.l. semplificata, disciplinata dall’art. 2463 bis c.c., con la conseguenza che attualmente, pertanto, non ha alcuna importanza il dato anagrafico, né vi è divieto di trasferimento di quote a favore di persone over 35 anni; parimenti è stato abolito l’obbligo che imponeva di nominare gli amministratori tra i soci.

Inoltre, come non ricordare, anche in questa sede, l’ultima novità normativa contenuta nel Provvedimento n. 22 del 21 ottobre 2014, in attuazione del “Decreto Competitività 2014” (D.l. 24 giugno 2014, n. 91 convertito con modificazioni nella l. 11 agosto 2014, n. 116, di seguito: “Decreto Competitività”), volta a consentire l’erogazione del credito da parte delle compagnie assicurative in favore delle Pmi, così come già previsto in alcuni Paesi dell’Unione Europea. Novità che nonostante l’entusiasmo iniziale è stata criticata da più parti. Infatti, come ho già sottolineato in un mio articolo apparso il mese scorso su FCHub, se, in origine, il testo del Decreto Competitività prevedeva che l’assicurazione dovesse essere affiancata da una banca sia nella fase iniziale della selezione del debitore sia nelle fasi successive, in sede di conversione in legge (come poi anche nel Provvedimento n. 22 del 2014) il requisito della “collaborazione” assicurazione-banca è stato quasi completamente svuotato, poiché, come sostenuto dal Direttore della Banca d’Italia e Presidente dell’Ivass Salvatore Rossi, è prevalsa sulle preoccupazioni prudenziali l’ansia di far giungere all’economia nuovo credito da nuovi soggetti, col risultato che ora la banca potrebbe, al limite, rifilare all’assicurazione i crediti più deteriorati che ha e poi ritirarsi dalla partnership. Per evitare un simile risultato sarà necessario che le compagnie assicurative si attrezzino bene per valutare il merito di credito di un’impresa, come se fossero esse stesse le banche. Un compito di certo non facile dato che allo stato attuale non hanno le competenze necessarie. Perciò non è infondato il timore di chi sostiene che l’estensione alle assicurazioni della possibilità di concedere il credito alle imprese apra la strada ad arbitraggi regolamentari, anche perché, si ribadisce, attualmente le regole assicurative non trattano l’attività creditizia.

Alla luce di detti fallimenti normativi e sulla base del famoso monito di Cicerone “Historia magistra viate”, secondo le prime indiscrezioni il testo del nuovo decreto, ormai quasi pronto, evitando di inglobare norme eccessivamente eterogenee che lo renderebbero un altro decreto “omnibus” con una pluralità di microinterventi, dovrebbe contenere: la riforma del Fondo centrale di garanzia, norme specifiche per le fonti di finanziamento alternative al canale bancario, un mixdi semplificazioni e aiuti per le piccole imprese a maggiore potenziale competitivo, una revisione della regolamentazione per l’attrazione di capitali esteri.

E’ certamente vero che negli ultimi anni il Fondo centrale di garanzia per le Pmi è stato già stato bersaglio di diversi interventi regolamentari ma è anche vero che adesso il governo punta ad una riforma complessiva, con l’obiettivo principale di renderlo più funzionale alle fonti di finanziamento alternative al canale bancario. Il Fondo dovrà essere aperto a nuovi intermediari, e non più solo alle banche e ai Confidi, con un raggio d’azione più ampio per allinearsi anche agli strumenti e alle azioni della Bce. L’intenzione è aggiornare il funzionamento del Fondo alla luce delle modifiche già apportate dal decreto competitività dello scorso giugno, che, come sopra anticipato, ha consentito anche ad assicurazioni società di cartolarizzazione e fondi di credito (sia italiani sia Ue) l’accesso alla via dei finanziamenti diretti alle imprese. In altri termini il Fondo, entro limiti ben definiti, dovrebbe poter garantire anche le operazioni di questo nuovo panel di intermediari.
Sempre il capitolo credito contiene anche un’importante novità per apportare liquidità di investitori esteri a cantieri ed opere, così come già previsto in Germania ed in Francia. Si tratta del c.d. “leading indiretto”: gli investitori istituzionali esteri che operano in Paesi “withe list” potranno partecipare indirettamente in qualità di soggetti finanziatori, ad operazioni di finanziamento bancario godendo dell’esenzione della ritenuta.
Se le premesse sono queste, solo il testo finale, che potrebbe essere varato in queste settimane, potrà dire quanta benzina si sarà davvero messa nel motore dell’economia reale ed allora… buon lavoro governo Renzi!

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