Negli ultimi anni gli interventi legislativi per mettere l'Italia sulla strada della digitalizzazione non sono mancati. Ma siamo ancora il fanalino di coda in Europa. La strategia per accelerare il processo? Spingere verso la cashless society. Come hanno fatto Publica amministrazione e industria bancaria con il servizio CBill, che permette ai cittadini di pagare dal ticket sanitario alla multa con un semplice clic
Negli ultimi 15 anni sono stati fatti importanti passi in avanti nella digitalizzazione del rapporto cittadino-impresa-Pubblica Amministrazione.
Tra le iniziative che hanno caratterizzato in tal senso le scelte dei Governi che si sono succeduti, possiamo annoverare il “Decreto Bersani” del 2006 (D.L. 223/06) che introdusse l’F24 telematico obbligatorio; la Legge finanziaria del 2008 (L. n. 244/2007) che istituì l’obbligo di fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione, effettivamente partita nel 2014 e 2015 a seguito di appositi decreti attuativi; la più recente Legge di bilancio 2018 (Legge 205/2017), attraverso cui l’Italia, come primo paese europeo, ha dato il via all’obbligatorietà della fatturazione elettronica anche nei rapporti tra privati a decorrere dal 1° gennaio 2019, fino ad arrivare ai più recenti lavori in tema di riduzione dell’uso del contante.
Si parla sempre di processi di innovazione ma è possibile individuare nel tempo dei “punti domino”. Dopo il Decreto Bersani, uno dei momenti disruptive per la creazione dell’Italia Digitale può essere certamente datato il 10 febbraio 2015, quando la Camera dei deputati all’unanimità approvò l’emendamento “Quintarelli” che attribuì allo Stato il compito di coordinare l’informatica pubblica, consentendo di superare la frammentazione e mancanza di interoperabilità regionale, derivante dalla precedente formulazione dell’Art.117 comma r della Costituzione. Tale emendamento alla legge costituzionale ha dato l’avvio ai progetti di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, tra cui si cita, solo a titolo esemplificativo, l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID), la Fattura Elettronica e pagoPA.
È parimenti fondamentale creare una governance strutturata per gestire il processo di digitalizzazione. L’attuale Governo, con la creazione del Ministero per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione, che si avvale di un Ufficio di diretta collaborazione e del Dipartimento per la trasformazione digitale (in raccordo, fino al 31 dicembre 2019, con il Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale, e in accordo con l’Agenzia per l’Italia Digitale), sembra avere puntato ad una seria e chiara strategia: sostenere la svolta digitale e spingere sull’acceleratore – date le opportunità offerte dalle attuali tecnologie – al fine di migliorare i rapporti tra cittadini e Stato. E far ripartire l’economia italiana.
Tale strutturazione è sicuramente benvenuta perché se osserviamo i successi dei Paese Europei più digitali, essi sono il risultato di un chiaro percorso strategico sostenuto dalla politica con vari step e una chiara strategia per la creazione della cashless society.
La vision strategica che si sta attuando per digitalizzazione dei pagamenti è infatti un passo importante per la modernizzazione del Paese e, del resto, senza un intervento vigoroso di questo tipo potremmo perdere l’ultima occasione per recuperare il gap con il resto d’Europa.
Per dare una dimensione di quanta strada dobbiamo ancora percorrere, ricordo che nel 2019 l’Italia si colloca in 24esima posizione – fra i 28 Stati membri dell’Ue – nell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società, (DESI 2019), lo strumento mediante il quale la Commissione Europea monitora la competitività digitale degli Stati membri dal 2015. Prima di Polonia, Grecia, Romania e Bulgaria.
Ben tre persone su dieci non utilizzano ancora Internet abitualmente e più della metà della popolazione non possiede competenze digitali di base. Tale carenza nelle competenze digitali si riflette anche in un minore utilizzo dei servizi online, dove si registrano ben pochi progressi.
Per recuperare questo gap, la strada tracciata appare la più idonea, anche sfruttando le opportunità portate dai mezzi di pagamento cashless per ottenere importanti benefici in termini di maggiore sicurezza delle transazioni, riduzione dei costi del contante – non così evidente ma di importante impatto sul PIL – emersione dell’economia sommersa e nuovo stimolo ai consumi e al commercio.
Le imprese bancarie italiane, che lavorano da tempo a fianco del Governo e delle imprese per la creazione di strumenti di pagamento innovativi, hanno investito fortemente nella digitalizzazione e offerta di servizi altamente evoluti. Da anni l’industria bancaria agisce secondo quel “gioco di squadra per semplificare la Pubblica Amministrazione e la vita dei cittadini”, come recita il primo Piano Triennale per la Pubblica Amministrazione.
Come ha recentemente dichiarato il Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, Antonio Patuelli, in Italia le carte di pagamento e i terminali POS “sono ampiamente diffusi”, con un totale di 3,2 milioni di POS – oltre un terzo di quelli dell’intera area euro – sebbene le 111 transazioni pro-capite annue con strumenti alternativi al contante facciano precipitare il nostro Paese in ultima posizione nell’area Euro. Segno che l’industria bancaria ha fatto una grande azione per la diffusione dei POS, nonostante sia ancora ridotto il numero di pagamenti con carta per importi contenuti.
Anche in ambito business la digitalizzazione dei processi di pagamento, alla cui base c’è la fatturazione elettronica, è stata a lungo osteggiata e ha richiesto molti anni e molte legislature per divenire legge. Oggi il suo utilizzo ha fatto crescere il gettito Iva, tanto che si stima un incremento del gettito Iva di oltre 4 miliardi per il 2019.
La Pubblica Amministrazione ha certamente un ruolo trainante in questo processo di modernizzazione. Così come per la fattura elettronica si è partiti dall’obbligo verso le Pubbliche Amministrazioni per approdare all’obbligo nel rapporto tra imprese, molto sta facendo pagoPA per la digitalizzazione dei pagamenti.
In questo contesto l’industria bancaria italiana, tramite infrastrutture collaborative come quella gestita da CBI S.c.p.a., ha messo a disposizione un servizio per la visualizzazione e pagamento online degli avvisi di pagamento pagoPA (ad esempio ticket sanitari, bollo auto, multe, tributi, tasse, cartelle esattoriali) nonché di utenze domestiche, abbonamenti, ticket ed altro ancora. Si tratta di CBILL (www.cbill.it), il servizio offerto sugli internet banking dalla maggior parte delle banche italiane e disponibile anche su mobile banking, ATM e sportello bancario di alcune di esse.
Con CBILL il cittadino che deve pagare un avviso di pagamento pagoPA può farlo online in pochi semplici passi, quindi in qualsiasi momento della giornata e in qualsiasi posto si trovi, con la certezza che il proprio pagamento sarà immediatamente registrato dall’Ente che ha emesso l’avviso.
Gli interventi legislativi, insieme alle iniziative delle industrie private quali quelle del settore finanziario, potranno certamente incoraggiare l’uso degli strumenti di pagamento alternativi al contante, ma da soli non bastano.
A questo è necessario affiancare anche investimenti a favore dell’ampliamento delle infrastrutture a supporto: se si considera che in Italia molte zone non sono coperte da collegamenti internet ad alta performance, queste zone sono escluse dalla possibilità di usare strumenti finanziari digitali.
È parimenti necessario sostenere il processo di apprendimento dei cittadini e lo sviluppo, in generale, di una più ampia cultura dei pagamenti digitali alternativi al contante, anche nell’uso quotidiano.
Se infatti giriamo lo sguardo verso l’e-commerce, nessuno mette in dubbio il fatto che per procedere con un acquisto online non si possa pagare in contanti. E non solo il valore complessivo dell’e-commerce è in continua crescita – il valore degli acquisti online supera nel 2018 i 27,4 miliardi di euro, con un incremento del 16% rispetto al 2017 – ma in occasioni particolari come il recente Black Friday si registra anche un aumento significativo del numero delle transazioni online, pagate quindi con strumenti cashless (+48% nei pagamenti e-commerce rispetto al venerdì precedente e +37% rispetto al weekend del “Black Friday” 2018). Ciò a testimonianza che se c’è una forte motivazione (come lo sconto sui prodotti e/o incentivi particolari) gli italiani sanno usare i pagamenti elettronici.
Appare dunque necessario che il cittadino vada informato e accompagnato in questo processo di conoscenza dei nuovi strumenti di pagamento e dei vantaggi che da essi derivano. Siamo d’altra parte pienamente inseriti nell’era dell’open banking, dove la creazione di microservizi digitali, da parte di PSP tradizionali e nuovi attori del mercato tra cui le big tech e le fintech, può essere la chiave di volta per traghettare il nostro Paese verso una maggiore digitalizzazione, e posizionarci a livello internazionale come paese moderno e competitivo.