PRETESTI
Russia-Ucraina, il poco che le unisce, il tanto che le divide

Storia, propaganda e cifre reali dal conflitto Russia Ucraina, dalla partecipazione alla Nato alle ambizioni imperiali russe

Oliviero Pesce
Olivero-Pesce

1. Il conflitto in corso ha costretto a riportare l’attenzione su questo scacchiere, con richiami alla storia antica, agli scontri avvenuti all’interno dell’Unione Sovietica durante la Seconda guerra mondiale, alle “colpe” dell’Occidente e della NATO e alle “ragioni” della Russia di Putin, che meritano qualche approfondimento. A cominciare dall’idea che, chiamandosi Mosca “la Terza Roma”, la Russia sia un Impero. Con la stessa logica, la Prima Roma potrebbe aspirare a tornare in Gallia, al Vallo di Adriano e in Siria; il Papato, che quando l’Europa si chiamava Cristianità, inviava cardinali in Inghilterra a firmare la Magna Charta, a riconquistare il Regno Unito e la sua chiesa; e la Seconda Roma, Costantinopoli, a ricostituire l’Impero Romano d’Oriente. Anche l’Inghilterra, il Terzo Reich e il Giappone sono stati imperi: ma non per questo la prima può riconquistare l’India (o gli Stati Uniti) né il secondo avrebbe la benché minima giustificazione se cercasse di dominare l’Europa come ha fatto per qualche anno. E il terzo – anche se ha un Imperatore – non potrà più occupare l’Asia.

2. Qualche cifra illustrerà meglio la realtà dei fatti1 a partire dalla superficie e dalla demografia. Mettiamo a raffronto, oltre a Russia e Ucraina, Cina e Italia; la prima perché oggi, a parole, ne è il primo alleato, mentre il raffronto con l’Italia ci permette di avanzare qualche considerazione utile per gli altri paesi guardando a grandezze a noi note.

Già questi primi dati ci permettono di ritenere che, isolata – come si sta isolando – dal resto del mondo, la Russia, priva di terre arabili – è in gran parte un deserto nel quale la vita, per dirla con Hobbes, è solitary, poor, nasty, brutish and short – e con una popolazione pari a un decimo di quella cinese, ne diverrebbe un vassallo, sia pure “nucleare”, esponendosi a equilibri assai instabili. Purtroppo, il Covid 19 ha fatto diminuire la speranza di vita dappertutto, dal 2019 e nei due ultimi anni i decessi sono stati superiori alla norma, le nascite inferiori; ma le distanze permangono, se non si sono ampliate.

La superficie arabile dell’Ucraina la rende assai appetibile, ma anche un boccone difficile da inghiottire, con 44 milioni di abitanti e la sua grande superficie. Quanto al rapporto uomini donne, in Cina è il risultato della politica del figlio unico e della preferenza dei genitori per i maschi; negli altri casi a fattori naturali, che mostrano quanto sia più dura, in Russia e in Ucraina, la vita maschile di quella femminile e quanto i due paesi siano arretrati. Le vergognose, barbariche, iniziative di Putin, purtroppo, faranno ulteriormente diminuire l’aspettativa di vita dei maschi russi e ucraini. 

Sul piano dell’economia, malgrado l’importanza delle sue riserve petrolifere e di gas, i raffronti sono ancora più indicativi.

La Russia, con 145,9 milioni di abitanti e un Pil inferiore a quello dell’Italia (che di abitanti ne ha 60 milioni, ed è priva di risorse naturali) e pari all’11,8% di quello cinese (ma la Cina ha un tasso di crescita ben più vigoroso, un multiplo di quello russo). Con un Pil pro capite pari a meno di un quinto di quello statunitense e a circa un terzo di quello italiano, appare più un nano economico, incapace di trasformare le proprie risorse minerarie in crescita e prosperità per i propri cittadini, che non una potenza imperiale.

Va anche sottolineato che oltre il 50% del Pil russo deriva dall’estrazione di combustibili fossili; che, se la rende un paese strategicamente rilevante non ne fa certo un paese moderno e innovativo, al di fuori del settore militare. Inoltre, per mettere in prospettiva la situazione attuale, e la solidità di certe fraterne alleanze, va ricordato che l’interscambio commerciale cinese con la Russia è dell’ordine di 147 miliardi di dollari: meno di un decimo dell’aggregato di quello con gli Stati Uniti – intorno ai 750 miliardi – e di quello con l’Unione europea – di oltre 820 miliardi.

La Cina sembra molto più prudente e razionale di Putin, e saprà analizzare costi e benefici. Se la Russia viene considerata una grande potenza, è perché si è dotata di un enorme arsenale nucleare e si dichiara pronta ad utilizzarlo; può contare, per difendersi, sul gelo, che ha sconfitto Napoleone e fermato i panzer tedeschi; dato il totale disprezzo della vita umana che ha sempre caratterizzato i suoi governanti – sia nei confronti degli stessi russi che dei loro reali o pretesi nemici – può contare, al bisogno su milioni di morti senza soverchie preoccupazioni. Per fare solo due esempi, bastino la Seconda guerra mondiale (e i suoi massacri, anche interni) e la carestia imposta da Stalin all’Ucraina dopo la Rivoluzione.

Qualche ulteriore raffronto può venire fatto in tema di struttura dell’occupazione, energia, bilancia dei pagamenti, sanità e istruzione.

Quello dell’energia è il settore nel quale la Russia prevale, anche nei consumi pro capite e nella capacità di esportare, mentre l’Italia si allinea sostanzialmente a paesi ancora in via di sviluppo come la Cina o come l’Ucraina, povera malgrado il suo grano e le sue ricchezze minerarie. Tutte e tre, in diversa misura, dipendenti dalle importazioni. L’Europa è in larga misura dipendente dal gas russo, e l’Ucraina ha tratto sinora quasi tre miliardi l’anno per i diritti di passaggio sul suo territorio del gas russo.

Più simili alcuni aspetti collegati al benessere dei cittadini, sanità e istruzione (ma c’è una grande carenza di dati per l’Ucraina), salvo che per l’accesso alla rete idrica, che è più scarso in Cina.

3. E veniamo alle pretese colpe dell’Occidente. Quando nel 1989 cadde il muro di Berlino, e nel 1991 l’Unione sovietica si dissolse, – non certo per iniziative dell’Occidente, ma perché il sistema era insostenibile (come si era dissolto anni prima l’Impero degli zar, corroso dall’interno e dalle guerre civili europee) -, l’Occidente ha semmai tentato di soccorrere i paesi che uscivano dal giogo sovietico, la stessa Russia e i paesi della defunta Unione sovietica.

La NATO, spesso considerata una minaccia, ha compiuto i suoi ultimi interventi in Europa nel 1992, in Bosnia Erzegovina, e nel 1998, in Kosovo-Montenegro-Serbia, 30 e 24 anni fa. Per fermare stragi. Considerarla una minaccia – nel 2022 – per giustificare un’invasione,  quando i suoi principali membri e la stessa NATO hanno cooperato per anni con la Russia, tecnologicamente, economicamente, investendo nel paese, con il gasdotto North Stream, è un evidente pretesto (a parte il fatto che un’invasione e i relativi crimini non si giustificano comunque).

Nel 1991 – fatto che nessuno ha ricordato oggi – venne creata la European Bank for Reconstruction and Development (EBRD)2, con un capitale autorizzato di trenta miliardi di dollari, per assistere la ripresa della Russia, dei paesi ex sovietici e dell’Europa orientale, cui parteciparono, sin dall’inizio, tra i maggiori stati membri, gli Stati Uniti, con poco più del 10% del capitale (poco più di tre miliardi di dollari); la Francia, la Germania, l’Italia, il Giappone e il Regno Unito, ciascuno con quote di 2,556 miliardi; il Canada e la Spagna con quote di 1,020 miliardi di dollari, nonché l’Unione europea e la BEI con quote di 900,44 milioni, e quasi tutti i principali altri paesi con quote minori. Un anno dopo, nell’aprile 1992, ne entrarono a far parte la Federazione russa, con una quota di 1 miliardo e 200 milioni (il 40% di quella statunitense), e l’Ucraina, con una quota di 240 milioni.

Oggi la EBRD, creata «per incoraggiare la transizione verso economie di mercato e promuovere l’iniziativa privata e le capacità imprenditoriali», ha investito, dal 1991 a oggi, più di 160 miliardi di euro in oltre seimila progetti in tre continenti e conta 71 partecipanti, 69 stati oltre l’UE e la BEI. Negli anni Novanta del secolo scorso, la Russia fu assediata da una pletora di investitori e di consulenti stranieri che, se non l’hanno trasformata in una economia di mercato, hanno trasferito le sue risorse e il suo intero sistema economico agli oligarchi che l’hanno governata per anni. Un’economia di appropriazione privata, e spesso indebita, di beni pubblici.                         

Tre anni dopo, in occasione del vertice della NATO del gennaio 19943 venne creato il “Partenariato per la pace”, aperto a tutti gli Stati europei e a tutti i membri dell’ex-Patto di Varsavia, compresa la Russia (che vi aderì), nonché a taluni paesi della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa. Esso si concretizzò in un accordo quadro per la cooperazione militare, accompagnato da accordi bilaterali con gli Stati partecipanti.

Ai partner veniva richiesto l’impegno a rispettare principi fondamentali come la democrazia, la soluzione negoziale dei conflitti, il controllo dell’autorità civile sull’autorità militare, la trasparenza dei bilanci militari, l’ammodernamento e la standardizzazione delle forze armate. In cambio, tali paesi sarebbero stati associati alle esercitazioni militari della NATO, a operazioni di salvataggio e di mantenimento della pace e avrebbero beneficiato dell’applicazione dell’articolo 4 che li autorizzava a richiedere consultazioni con i sedici membri dell’Alleanza atlantica quando la sicurezza dei partecipanti al partenariato – ma non alla NATO – fosse stata in pericolo.

L’iniziativa atlantica riscosse un grande successo, e vi aderirono tutti gli stati dell’Est, le ex-repubbliche sovietiche, la Russia stessa, come anche la Danimarca, l’Austria, la Svezia, Malta e la Slovenia. Il vertice di Bruxelles offrì inoltre ai membri effettivi della NATO un’occasione per riaffermare l’apertura dell’organizzazione a nuovi membri, dando la priorità all’interoperabilità tra i mezzi militari degli alleati e quelli dei partner, alla standardizzazione degli armamenti e agli aiuti alla ristrutturazione dell’industria degli armamenti dei paesi dell’Est.

Nel dicembre 1994, il Consiglio dell’Alleanza atlantica annunciò la decisione di intraprendere uno studio sull’ampliamento della NATO, affermando, tra i numerosi principi, che il fine ne rimaneva «la difesa degli interessi vitali dell’Alleanza e la promozione della stabilità in tutta l’Europa». Ma già pochi anni dopo, la Russia aggrediva la Cecenia (1999, dopo aver perso nel 1996), la Georgia (2008), la Crimea, annessa nel 2014, il Donbass, e la situazione mutava sostanzialmente, anche se con scarse reazioni occidentali.

Un rapporto dell’Istituto affari internazionali (IAI), del 20084 metteva in evidenza come Germania, Francia, Italia, Spagna e altri stati dell’Europa occidentale – ritenessero comunque di vitale interesse, sia a livello nazionale sia a livello Ue, intrattenere con Mosca un rapporto di cooperazione e dialogo. Anche se alcune iniziative promosse dagli Stati Uniti nel primo decennio del secolo – l’espansione della Nato all’Europa orientale, la creazione di basi militari in Bulgaria e Romania, e l’installazione di parti del sistema di difesa antimissile in Polonia e Repubblica ceca – avevano contribuito a convincere Mosca che gli Usa volessero servirsi della Nato per un disegno espansionistico a danno degli interessi russi5. Tuttavia, essendo l’Unione il principale partner commerciale della Russia, Mosca avrebbe guardato all’Europa non tanto in termini di rivalità, quanto di mutue opportunità.

I russi, anzi, alla fine del decennio scorso, avrebbero visto l’Unione, almeno in parte, come un fattore di moderazione degli «eccessi» antirussi di alcuni paesi europei, in particolare di quelli dell’ex zona di influenza sovietica. I russi tendevano a privilegiare i rapporti con i singoli stati europei, soprattutto quelli più grandi come Germania, Francia e Italia (mentre la Gran Bretagna era considerata troppo legata agli Usa), che hanno sempre avuto maggiore interesse a relazioni stabili con Mosca. È evidente che alcuni degli assunti di quest’ultimo studio sono stati smentiti dagli eventi più recenti, e che le pretese aggressioni della NATO sono state pretesti, anche perché in troppi paesi europei, incluso il nostro, e negli USA di Trump, Putin (un genio, da scambiare con una Merkel o due Mattarella, se non addirittura «un fratello minore») veniva osannato.

Sotto attacco non è mai stata la Russia. Oggi – dopo alcuni ex satelliti – è  l’Occidente ad essere aggredito, perché la Russia non vuole essere circondata da stati che condividono principi troppo diversi da quelli di una autocrazia ottusa e dispotica; e che sono disposti, peccato massimo, a condividere la propria sovranità. Questa zona “cuscinetto”, che Putin sta cercando di desertificare, è la proiezione mondiale del tavolo smisurato attorno al quale tiene a distanze iperboliche i suoi interlocutori “diversi”, che potrebbero contaminarlo. Superior stabat lupus, longeque inferior agnus. Ma sarebbe stato l’agnello a intorbidare l’acqua che il lupo avrebbe voluto bere … Tanto da scatenare una guerra, se la vogliamo chiamare con il nome più appropriato.

4. E veniamo all’Impero, la Grande Russia, la Terza Roma, che sarebbero la grande ambizione putiniana. Qui ci facciamo assistere da qualche rudimento di storia russa6. Kiev, Kyiv in ucraino, fondata nel VII o nel VI secolo A.C., era già prima di Cristo un centro economico e commerciale che operava con le colonie greche del Mar Nero. Slavizzata nel VI o VII secolo D.C., alla metà del IX secolo conquistata dai vichinghi (normanni), che col principe Oleg ne fecero il capoluogo del regno (poi granducato) di Rus’ per le loro spedizioni militari e commerciali verso il Volga, Costantinopoli e la Transcaucasia, era già un centro economico e culturale importante, data la posizione strategica. «Da lì la terra russa trae la sua origine», dicono le cronache. I trattati commerciali riguardavano pelli, cera, miele e schiavi. Il granduca Svjatoslav e i suoi successori difesero Kiev contro gli attacchi turcomanni nel 949 e nel 1034. Massimo centro, allora, della Chiesa russa (che officiava sui testi tradotti dai santi Cirillo e Metodio), fu poi lituana, polacca, distrutta dai mongoli, spartita tra Russia e Polonia, parte dell’impero russo, dal 1917 capitale – dopo il crollo degli zar – della Repubblica Ucraina, bolscevica dagli anni Venti, martoriata dai nazisti, che ne distrussero la popolazione ebraica.                                                                                                         

Mosca, invece, fondata nel XII secolo, è menzionata per la prima volta nelle cronache nel 1147, secoli più tardi. Nel 1431 il metropolita fu trasferita da Kiev a Mosca, che divenne patriarcato dal 1589, autorizzata da Costantinopoli. Non terzo, ma quinto patriarcato, dopo Costantinopoli, Antiochia, Gerusalemme e Alessandria. Patriarcato soppresso da Pietro il Grande, nel 1700, che nel 1721 mise la Chiesa alle dipendenze dello stato, attraverso un Sinodo diretto da un procuratore supremo, sempre laico.

Quando fu impero, lo fu quando il suo mondo erano le steppe e il Baltico, e aveva la stessa potenza della Lituania, della Svezia di Gustavo II Adolfo (dalla quale fu sconfitta). L’invenzione della Terza Roma fu dovuta – come quella di alcune reliquie e veroniche lo furono dei cattolici – al metropolita Zosima, nel XV secolo, sicofante di Ivan III (come l’attuale metropolita Kirill lo è di Putin), che lo definì non solo «sovrano e autocrate di tutte le Russie», ma «nuovo zar Costantino», mentre definì Mosca «nuova città di Costantino», con il corollario  «due Rome sono cadute, Mosca è la terza, la quarta non vi sarà mai», profezia forse inconsapevolmente nucleare. Subordinata -come patriarcato – a Costantinopoli, occupata dai polacchi nel XVII secolo, poi in mano dei Romanov, incendiata durante la guerra napoleonica, Mosca subì gravi danni resistendo alla Rivoluzione di ottobre, e la sua popolazione scese in quegli anni da due milioni a 800.000 persone.

La potente Russia poi, nel suo insieme, subì numerose sconfitte, tra le quali quella con il Giappone (imperiale) del 1904, nella quale fu sconfitta in terra e in mare, perdendo due flotte  e venendo costretta, con il trattato di pace di Portsmouth (5 settembre 1905), a riconoscere la preponderanza giapponese in Corea e cedere al Giappone l’affitto della penisola del Liaodong, con le basi di Dairen e Port Arthur, e la parte meridionale dell’isola di Sachalin. La sconfitta, che seguiva al fatto che Nicola II  – contro il parere di suoi ministri e malgrado l’arretratezza del Paese – aveva avuto «progetti grandiosi: impadronirsi della Manciuria e annettersi la Corea», portò alla prima rivoluzione, del 1905. Cui seguirono il disfacimento dell’Impero russo, nel 1917, e di quello sovietico, nel 1991.

Più imperi falliti, che non grandi potenze, malgrado i momenti di gloria, Pietro il Grande, la grande Caterina, la Seconda guerra mondiale. Altro che Terza Roma, cui né Pietro il Grande né i Soviet credevano. E, storicamente, nella fondazione della Russia, Kiev precede le altre capitali. E fu essa a creare la Moscovia. Dovrebbe essere l’Ucraina ad annettere la Russia, non viceversa; o almeno a fornirle la capitale. Ma evidentemente Putin non lo vuole sapere, e sta bombardando la propria storia e il proprio passato. Auspichiamo che la stessa hybris che ha sconfitto tanti autocrati russi incomba su Putin, per le sue altrettanto grandiose ambizioni.

5. Al ricorso alla storia antica, per analizzare il presente preferisco l’esame dei dati, e della psicologia delle paranoie degli uomini soli al comando: Hitler, Trump, Putin. Il primo, un pittore fallito, un caporale, che, impadronitosi del potere, ha rinunciato all’umanità e l’ha attaccata, distruggendo civiltà e distruggendo se stesso e la Germania. Il secondo, un bru-bru, un palazzinaro fraudolento, incapace di perdere, che ha definito Putin un genio e che per non ammettere la sconfitta subita ha tentato di sovvertire la democrazia americana. Speriamo che le frodi fiscali gli impediscano di provarci ancora: negli USA ci sono precedenti, a cominciare da Al Capone.

Il terzo, uno spione di rango minore, frustrato da anni di esilio nella Germania dell’Est, distaccato alla Stasi, che al termine di un’oscura carriera, malgrado Yeltsin avesse avuto gravi dubbi su di lui, ha ottenuto un ruolo che non gli spettava e si è disfatto via via di chi gli poteva fare ombra, appropriandosi di troppi poteri e che – finalmente libero da ogni vincolo – si è gettato in una impresa che ne decreterà presto o tardi la fine. Che non sia un’Apocalisse. In prima istanza, con la sua invasione, per l’eterogenesi dei fini ha ricompattato e dato nuova vita alla NATO, data per morta da Macron e che Trump avrebbe voluto abolire; ha ricompattato l’Ue e l’Occidente; ha convinto la Germania ad armarsi e forse la stessa Ue a farlo; indotto Finlandia e Svezia a pensare all’ombrello della NATO (non per attaccare, ma per essere difese). All’interno, si è messo gravemente in discussione, effetto che certamente non prevedeva. Se ognuno credesse nei propri poteri, forse una scomunica, di Putin, per quello che ha fatto, e di Kirill, per quello che ha detto, un anatema, potrebbe aprire molti occhi, in Russia e altrove, e accelerarne la fine. E il resto del mondo dovrebbe esaminare i suoi crimini di guerra, e istituire un tribunale speciale.

 1 Tutti i dati delle Tabelle sono tratti da Il mondo in cifre 2022, di The Economist e Internazionale, e si riferiscono al 2019, tranne dove altrimenti indicato, ma sono tuttora grosso modo validi. La pubblicazione ha a sua volta tratto i dati da una pluralità di fonti in essa indicate,  usando criteri di classificazione omogenei e rendendoli facilmente raffrontabili.

 2 Fonte: Bilanci e pubblicazioni della stessa EBRD.

3  Sul tema, vedi Parlamento europeo, Nota tematica n. 31, «Le questioni della sicurezza e della difesa e l’ampliamento dell’Unione europea», 30 ottobre 1998. 

4  Senato della Repubblica, Servizio studi, Servizio affari internazionali, «La relazione della Russia con la Nato e l’Unione europea», Contributi di Istituti di ricerca specializzate, n.103, nov. 2008, a cura di R. Alcaro e V. Briani dello IAI.

 5 L’accerchiamento della Russia da parte della NATO rimane un pretesto. Il maggior numero di soldati statunitensi in Europa si è avuto nel 1957, 430.643. Ancora nel 1989, quando cadde il Muro di Berlino e si avviò il disfacimento dell’impero sovietico, erano 315.225. Da allora hanno iniziato a calare e nel 2014, quando Vladimir Putin attaccò l’Ucraina e annesse la Crimea alla Russia, erano 64.168. Nel 2021, 63.853. Quasi sette volte meno rispetto al picco. Lo scontro del secolo scorso tra le due superpotenze militari riempì anche gli arsenali nucleari in Europa: la Nato non dà cifre ufficiali ma il massimo delle testate fu toccato nel 1971, 7.300. Oggi, si calcola che i suoi ordigni atomici in Europa siano circa cento: una riduzione del 98%. Fonte: Taino, D., Corriere della Sera, 16 marzo 2022.

 6 Per non farci ingannare dalla propaganda corrente, abbiamo tratto le notizie storiche dal Lessico Universale Italiano della Treccani, degli anni attorno al 1980, e dalla Encyclopædia Britannica, degli anni Sessanta, alle voci Kiev, Mosca, Russia, Ucraina. E da pubblicazioni ufficiali. Le valutazioni e gli errori sono miei.

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