approfondimenti/politica economica
Ripensare il modello di crescita in un paese che invecchia

Nella congiuntura demografica attuale, la visione tradizionale della popolazione come catalizzatore per la crescita economica non è più appropriata e occorre adottare una nuova visione che valorizzi una forza lavoro invecchiata e avviare una riforma dei servizi sociali per allentare la crescente pressione sulle finanze pubbliche

Maria Rita Testa
Maria-Rita-Testa

In Italia la demografia attuale è suscettibile di avere ricadute negative su tasso di crescita del Pil pro capite e sulla performance economica del paese. In passato, al contrario, una popolazione in espansione alimentava crescita e sviluppo.

All’inizio del XX secolo l’Italia si avviava verso la crescita economica moderna. Tale crescita era supportata da quella demografica generata dai guadagni di sopravvivenza che consentivano ad una proporzione sempre maggiore di bambini di sopravvivere mentre il numero di nati per donna iniziava a diminuire. La popolazione – circa la metà rispetto alla dimensione attuale -era in una fase espansiva con proliferazione di giovani nella fascia in età da lavoro, 15-64 anni. Una popolazione in veloce ricambio stimola la crescita economica grazie alla maggiore efficienza e produttività della forza lavoro giovane, solitamente più aperta a innovazione e imprenditorialità.

Verso la fine del XX secolo, il perdurare della diminuzione della natalità e dell’allungamento nella vita media incrementava la popolazione in età anziana, 65 anni e più, e faceva aumentare il suo peso percentuale sull’indice di dipendenza, ovvero il numero di anziani e giovani non lavoratori (0-14 anni) rispetto alla popolazione in età da lavoro (15-64 anni).

La demografia, dopo aver contributo significativamente alla crescita economica del paese con il suo bonus di forza lavoro giovane (first demographic dividend), iniziava nei tardi anni Novanta ad essere motivo di preoccupazione per il suo sviluppo.

La società italiana, come quella delle altre economie occidentali, invecchia a ritmo sempre più sostenuto. L’economia ne risente, così come il mercato del lavoro, la produttività, le finanze pubbliche e i sistemi di assistenza sociale. L’invecchiamento della popolazione è destinato ad accentuarsi negli anni a venire. L’età mediana della popolazione – 48,3 anni nel 2023 – è la più elevata tra i paesi Ue27 e salirà fino a 51,6 anni nel 2050 secondo le previsioni dell’Istat. Le tendenze demografiche diventano motivo di preoccupazione non solo per i politici intenti a fronteggiare l’invecchiamento ma anche per economisti e investitori. L’invecchiamento della popolazione esacerba gli oneri del debito pubblico e influenza negativamente il rating del credito. L’aumento degli investimenti potrebbe non essere sufficiente a compensare il calo del numero di lavoratori.

Previsioni sull’andamento della popolazione italiana

Nella congiuntura demografica attuale, la visione tradizionale della popolazione come catalizzatore per la crescita economica non è più appropriata e occorre adottare una nuova visione che valorizzi una forza lavoro invecchiata e avviare una riforma dei servizi sociali per allentare la crescente pressione sulle finanze pubbliche.

Teoricamente effetti positivi potrebbero derivare dalla minore offerta di lavoro, che a sua volta potrebbe portare a salari più elevati e a condizioni migliori per i lavoratori, innescando tassi di partecipazione economica più elevati. È necessaria una politica economica che miri ad aumentare i tassi di partecipazione femminile per compensare la riduzione della forza lavoro e che mitighi le conseguenze negative dell’invecchiamento demografico impiegando più capitale e facendo un uso migliore dei lavoratori a disposizione. 

Inoltre, i finanziamenti per la previdenza sociale e le aliquote fiscali potrebbero avere un impatto sugli investimenti. La digitalizzazione potrebbe venire in aiuto della riduzione della forza lavoro. Investimenti in ricerca e sviluppo e automazione potrebbero aiutare a compensare la contrazione della forza lavoro e aumentare i livelli di produttività. Questi cambiamenti potrebbero agire da catalizzatori per l’innovazione e il progresso.

Quando la proporzione di popolazione in età lavorativa diminuisce, fare affidamento esclusivamente su modelli di crescita ad alta intensità di lavoro diventa insostenibile. Promuovere la crescita sostenibile in un contesto demografico in declino richiede politiche economiche innovative e proattive. In particolare, l’allungamento della vita lavorativa, l’aumento della partecipazione femminile e l’innalzamento dei livelli di istruzione, potrebbero avere un importante impatto positivo sulla crescita del reddito pro capite nel lungo periodo, compensando gli effetti negativi della diminuzione attesa nella popolazione e in particolare in quella in età da lavoro.