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Rendimenti da stablecoin. Opportunità o minaccia per le banche?

I prestatori di servizi per le cripto-attività hanno iniziato a offrire prodotti che generano rendimenti su stablecoin. Alcuni regolatori, a cominciare dalla Ue, vietano che gli emittenti di moneta elettronica privata possano allargarsi alle funzioni bancarie. Vincerà il trend del mercato o saranno le stesse banche a entrare in pista?

Salvatore Luciano Furnari
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L’offerta di prodotti che generano rendimenti su stablecoin, pur non essendo strumenti concepiti per produrre interessi, solleva interrogativi sul confine tra mezzi di pagamento e strumenti d’investimento. Ciò dimostra un interesse dei CASP verso un settore prettamente bancario.

Il recente studio del Financial Stability Institute (FSI) “Stablecoin-related yields: some regulatory approaches” (FSI Briefs No. 27, ottobre 2025) – analizza le pratiche di mercato e i diversi approcci regolatori in quattro giurisdizioni (Unione europea, Hong Kong, Singapore e Stati Uniti), evidenziando la necessità di un quadro armonizzato che eviti arbitraggi e lacune di vigilanza.

Il fenomeno dei rendimenti da stablecoin

Il documento del FSI descrive un’evoluzione significativa del mercato delle stablecoin, cripto-attività che mantengono ancorato il proprio valore una valuta fiat di riferimento e oggi sempre più utilizzate come mezzo di scambio o riserva di valore.

Il documento segnala, in particolare, come alcuni cryptoasset service providers (CASP) – imitando, potremmo dire, un business tipico degli istituti di credito – abbiano iniziato a offrire prodotti remunerati basati su stablecoin, generando rendimenti per gli utenti attraverso il re-impiego dei fondi ricevuti in attività di prestito a trader o market maker, la partecipazione indiretta a protocolli DeFi di lending o staking oppure programmi di loyalty o reward finanziati direttamente dall’intermediario.

Queste pratiche, osserva il FSI, rendono meno netti i confini tra strumenti di pagamento e strumenti di investimento (ma anche con l’attività bancaria, se vogliamo), con implicazioni sulla tutela del consumatore, sulla stabilità finanziaria e sulla corretta separazione delle funzioni operative nei soggetti intermediari.

Approcci regolatori a confronto

  • Unione europea: il divieto generalizzato di remunerazione

Il Regolamento (UE) 2023/1114, noto come MiCAR, vieta espressamente agli emittenti di electronic money token (EMT) e asset-referenced token (ART) di riconoscere interessi ai detentori. Il divieto si estende anche ai CASP, che non possono offrire benefici o compensi correlati alla durata del possesso dei token. Le linee guida pubblicate da ESMA nel marzo 2025 precisano i criteri di classificazione dei crypto-asset, assicurando un’applicazione uniforme del divieto. L’obiettivo politico è chiaro: evitare che gli EMT assumano le funzioni tipiche della raccolta bancaria o che si pongano in concorrenza con i depositi regolamentati.

  • Hong Kong: la “Stablecoins Ordinance” del 2025

La Stablecoins Ordinance approvata dal Legislative Council nel maggio 2025 introduce un quadro organico per le fiat-referenced stablecoin (FRS), con l’obiettivo di tutelare la stabilità monetaria e preservare il ruolo del dollaro di Hong Kong. Il testo vieta agli emittenti e ai permitted offerors (banche, piattaforme autorizzate e istituzioni finanziarie) di corrispondere interessi o altri rendimenti legati alla detenzione delle stablecoin. La Hong Kong Monetary Authority (HKMA) specifica che gli eventuali proventi derivanti dalla gestione delle riserve restano di competenza esclusiva dell’emittente, non trasferibili ai detentori.

  • Singapore: restrizioni differenziate per retail e professionali

Il quadro definito dal Monetary Authority of Singapore (MAS) nel 2023 disciplina le single-currency stablecoins (SCS) ancorate alle più diffuse valute fiat o al dollaro di Singapore. Gli emittenti di stablecoin regolamentate non possono offrire attività di lending o staking, né altre operazioni che comportino il pagamento di interessi ai clienti. I digital payment token service providers (DPTSP), invece, sono soggetti a restrizioni più severe per la clientela retail, mentre per i clienti professionali resta consentita la partecipazione a programmi di rendimento, previa disclosure dei rischi e consenso informato.

  • Stati Uniti: il “vuoto regolatorio” per i CASP

Il GENIUS Act (Guiding and Establishing National Innovation for US Stablecoins Act, luglio 2025) rappresenta il primo quadro federale statunitense in materia di stablecoin. Il testo vieta agli emittenti di payment stablecoin di pagare interessi ai detentori, ma non estende il divieto ai CASP che offrono tali token. Ciò sembrerebbe consentire a molte piattaforme di proporre rendimenti superiori ai tassi bancari (fino al 4,25% su USDC nel settembre 2025).
Il successivo CLARITY Act, ancora in discussione al Congresso, mira a colmare questa lacuna, armonizzando la vigilanza tra SEC e CFTC e definendo obblighi uniformi per gli intermediari digitali.

Verso una regolamentazione estesa ai CASP

A conclusione del suo documento il Financial Stability Institute raccomanda un’estensione del perimetro regolatorio oltre l’emittente, includendo le attività dei CASP in materia di stablecoin. Tra le misure suggerite si trovano:

  • divieto o limitazione della remunerazione dei saldi anche da parte degli intermediari;
  • restrizione dell’accesso retail ai prodotti con rendimento;
  • requisiti di governance, trasparenza e solvibilità più stringenti;
  • riconduzione dei “yield-bearing stablecoin” sotto il regime degli strumenti di investimento (es. fondi monetari tokenizzati);
  • rafforzamento della cooperazione internazionale tra autorità di vigilanza.

Implicazioni pratiche e prospettive

Il tema dei rendimenti da stablecoin si colloca al crocevia tra diritto dei pagamenti, diritto bancario e disciplina dei mercati finanziari. Alcuni regolatori meno permissivi (EU, HKMA e MAS) convergono verso un principio comune: evitare che la moneta privata evolva in una forma di raccolta bancaria non regolata. L’approccio statunitense, più permissivo, rende vano un approccio troppo “duro”, soprattutto in presenza di intermediari transnazionali capaci di spostare la localizzazione del rischio regolatorio.

Ma il trend di mercato è chiaro: gli operatori del settore delle cripto-attività stanno aggredendo un mercato tradizionalmente bancario. Le banche si trovano di fronte a un chiaro bivio: lasciare fette di mercato sempre più rilevante a questi operatori oppure innovare e divenire parte attiva all’interno di questo nuovo mercato.

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