Un requisito indispensabile per decidere se accettare il taglio di più di un terzo dei parlamentari (da 945 a 600) è conoscerne le conseguenze. Malgrado quello che si scrive, anticipare con qualche precisione che cosa avverrà a causa del taglio non è facile. Diversi fattori possono, in un secondo momento, intervenire a cambiare l’esito, e probabilmente avverrà così. In breve, persistono elementi d’incertezza, al momento ineliminabile.
Ma con quest’avvertenza, che cosa pensiamo di sapere, sia pure approssimativamente, su quello che cambierebbe per effetto del taglio dei parlamentari?
Si può iniziare ricordando che questo comporterebbe un aumento del numero degli elettori per ogni eletto, e questo potrebbe significare una riduzione di capacità di rappresentanza. Malgrado questo punto sia stato ripetuto da diversi commentatori, va detto che nel modo in cui oggi si forma e rappresenta l’opinione pubblica, il rapporto eletti/elettori entra ormai assai marginalmente. Da una parte, come si è visto bene all’inizio della pandemia, ad esempio in val Seriana, gli interessi si sanno muovere ed essere efficaci, anche con risultati negativi. Dall’altra, la comunicazione elettorale e, in generale, quella politica non è più affidata ai rapporti personali eletto/elettore, ma ai social networks e a tutti gli altri tipi di comunicazione di massa rilevanti che le nuove tecnologie mettono a disposizione, senza escludere la televisione.
Di fatto, invece, un effetto potrebbe esserci sul versante del reclutamento dei candidati alle elezioni. Vi potrebbe essere una maggiore selezione delle candidature, ma soprattutto un rafforzamento delle leadership attuali nei partiti in cui queste sono forti. Nei partiti frammentati le conseguenze sul reclutamento sarebbero sostanzialmente casuali.
Altre conseguenze, però, sembrano più evidenti. Se passasse il taglio, dovrebbero essere rifatti i collegi elettorali e questo potrebbe, da una parte, rendere in concreto quasi impossibile uno scioglimento anticipato delle camere e, dall’altra, darebbe un qualche stimolo alla riforma elettorale.
Con meno parlamentari il parlamento sarebbe più efficiente? Se usciamo dalla retorica, oltre che simbolico, il ruolo principale dei parlamenti nelle attuali democrazie è di controllo della legislazione proposta dal governo. Il taglio potrebbe effettivamente rendere più responsabili i parlamentari in commissioni con meno componenti e indurli a migliorare quella funzione.
Ma se i gruppi parlamentari fossero composti da fedeli al leader di un partito al governo il risultato sarebbe esattamente contrario: la funzione di controllo si indebolirebbe. Per i partiti, pur al governo, ma frammentati e con leader deboli, paradossalmente il controllo potrebbe migliorare. In ogni caso, sarebbe probabile una diminuzione complessiva del ‘cambio di casacca’ con passaggi ad esempio al gruppo misto, specie in assenza di nuovi partiti.
Complessivamente, quindi, vi sarebbe la possibilità – non la sicurezza – di un rafforzamento limitato della rappresentanza, specie se alla fine il parlamento svolgesse meglio la sua funzione di controllo. Che questo possa avvenire a seguito di una proposta partita da una forza che faceva della democrazia diretta la propria bandiera, il M5S, fa sorridere.
Ma a questo punto che decidiamo? Come votiamo?
Possiamo essere a favore del taglio, se vogliamo che questa legislatura continui a lavorare fino a scadenza naturale, se vogliamo esercitare un po’ di pressione per cambiare la legge elettorale, se ci auguriamo una parziale razionalizzazione delle attività parlamentari. Di più non possiamo volere, in questi tempi in cui abbiamo altro e più importante a cui pensare.