Ragioniamo sugli indennizzi ai clienti bancari
Giuseppe G. Santorsola
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Si dibatte da tempo in merito alle modalità di indennizzo per i clienti delle banche sottoposte a risoluzione negli ultimi anni attraverso le modalità evidenziate nel precedente articolo di questa rubrica. Non è compito, materia od obiettivo commentare la misura predisposta, in quanto ha una motivazione prettamente politica, cioè indirizzata a tutelare la civis dei soggetti penalizzati dagli accadimenti attraverso una soluzione legislativa non convenzionale e non tecnica.

Intendo, pertanto, evidenziare alcune imperfezioni del provvedimento, in relazione alle caratteristiche più tipiche della tecnica bancaria, capaci di: 

  • inficiare l’applicabilità di fronte a possibili azioni giudiziarie da parte di terzi;
  • creare un disallineamento rispetto alla protezione della clientela nei casi in cui la loro banca non sia sottoposta a risoluzione;
  • suddividere i clienti in classi di potenziale beneficio basate sul reddito e non sul rischio o sui tempi di acquisizione delle passività bancarie successivamente azzerate, soluzione tecnicamente errata.

Ribadisco in conclusione delle premesse che non intendo esprimere alcun giudizio sulla scelta adottata che non ha motivazioni e contenuti tecnici, quanto esaminarne conseguenze e applicabilità operativa con l’obiettivo di soddisfare le attese dei risparmiatori danneggiati (o ritenuti danneggiati) dagli eventi e/o dai comportamenti irregolari di bancari e banchieri. Altrettanto non ripresenterò considerazioni sull’operato della vigilanza, già commentato in precedenza.

LA VALIDITA’ GIURIDICA DEL PROVVEDIMENTO

È competenza di un governo proporre e di un parlamento approvare, provvedimenti legislativi utili a risolvere situazioni ritenute correttamente critiche. La platea potenziale è costituita da tutti i clienti che hanno subito perdite, indipendentemente dalla posizione in cui si trovassero e cioè azionisti, obbligazionisti o depositanti. Consideriamo peraltro, che taluni, invero numerosi, coprono tutte le posizioni e che, in ciascuna, le modalità di coinvolgimento possono risultare differenti.

Nella categoria dei depositanti è certamente difficile presuppore una forzatura del rapporto, quando datato da lungo tempo e profondamente radicato nel territorio. La posizione da azionisti ha prevalentemente anticipato quella da obbligazionisti, anche se in taluni casi è stata accentuata nel tempo, soprattutto nelle occasioni di maggiore pressione (per mutuatari ed affidati).

Il fattore tempo è invece tecnicamente fondamentale, in quanto non si possono trattare in parallelo clienti originati in anni lontani quali azionisti (anche negli anni Novanta dopo la Legge Amato) ed obbligazionisti (con le prime obbligazioni strutturate e subordinate nei primi anni Zero). Costoro, soprattutto, hanno beneficiato di premi al rischio consistenti nelle cedole erogate regolarmente nei primi anni, mentre gli azionisti hanno vissuto fasi di rialzo e di agevole negoziabilità per lungo tempo.

Considerare l’intero universo come danneggiato nella stessa misura è errato, non distinguendo fra coloro che hanno ricevuto beneficio (o potevano realizzarlo) e coloro che sono stati coinvolti nelle ultime emissioni di capitale e debito. Ulteriormente, fra questi taluni sono stati indotti a sottoscrivere (anche sotto condizionamento in taluni casi, certamente giuridicamente irregolari), mentre altri sono stati portati all’investimento attraverso mappature di clientela non regolari o conformi ai limiti della normativa in essere al momento (la Eurosim fino al 2007, la Mifid1 dal 2007, ma mai la Mifid2, alimentatrice della valutazione collocata nei tempi attuali).

Questa analisi crea condizioni differenziate che rendono complessa un’azione comune di classe resistente rispetto ai diritti legati ai risultati conseguiti prima del default e alle posizioni individuali, tralasciate da una scelta di indennizzo generalizzata e condizionate dalla somma complessiva messa a disposizione dal provvedimento legislativo.

DISALLINEAMENTO RISPETTO ALLA PROTEZIONE DELLA CLIENTELA DI BANCHE NON SOTTOPOSTE A RISOLUZIONE

In merito a questo profilo di valutazione, si ha motivo di ritenere che clienti di altre banche ancora operative, ma non per questo non apportatrici di perdite e di difficoltà nel recuperare i capitali investiti, potrebbero ritenersi colpiti da un provvedimento che li esclude da ogni beneficio a causa del mancato coinvolgimento della propria banca nei casi negativi oggetto di attenzione.

La scelta legislativa distingue non in relazione alla perdita nell’investimento o alla persistente difficoltà di liquidare le proprie posizioni, quanto in relazione all’oggettiva condizione dell’intermediario prescelto. Il diritto ha invece un carattere soggettivo, in questo caso subordinato e potenzialmente contestabile, laddove comportamenti non conformi hanno condotto alla scelta di sottoscrizione.

Un esame delle posizioni attuali lascia intendere che i clienti possano comunque subire perdite non compensabili con questo provvedimento, ancora da valutare nell’entità, ma non per questo minori (soprattutto nel settore azionario e, potenzialmente, nel segmento subordinato). Questo universo è affidato a logiche di mercato e non a quelle – non convenzionali – del provvedimento in esame; in particolare, saranno determinanti in futuro scelte di incorporazione o fusione, quando non il sopravvenire di difficoltà future determinate dalla misura effettiva di risk weighted assets, oggi non precisamente quantificabili.

Non è prevedibile, né auspicabile, che procedure simili siano ripetibili in futuro. Ne deriverebbe un moral hazard non controllabile.

SUDDIVISIONE DEI CLIENTI IN CLASSI DI POTENZIALE BENEFICIO BASATE SUL REDDITO E NON SUL RISCHIO O SUL TEMPO

L’ultimo criterio sottoposto a considerazioni si riporta ai criteri generali della finanza mobiliare. La soluzione adottata premia le condizioni reddituali dei soggetti penalizzati. È noto quanto sia complesso determinarle in modo corretto, rischiando di premiare la frequente situazione in cui gruppi familiari siano intestatari di azioni e obbligazioni, spesso riconducibili ad un unico produttore delle somme destinate agli investimenti. Ancor di più, quando l’origine del reddito sia risalente al passato e la condizione attuale il risultato di passaggi generazionali durante i quali la situazione patrimoniale dei singoli resta distinta dal valore degli strumenti finanziari oggetto dell’attuale protezione.

Si è già trattato del tema relativo al tempo, illustrandone il valore quando avesse prodotto redditi soddisfacenti in passato; chi ha ottenuto premi al rischio ha goduto di fatto di un rimborso periodico nel tempo che compensa le perdite finali nei casi considerati nel decreto.

Infine, resta il fattore principale dell’investimento e cioè la valutazione del rischio, l’elemento che – quando carente – può condurre all’errore, in particolare se l’induzione ad accettarlo non si sia formata attraverso una procedura corretta. Tralasciandola nel testo del decreto, si rivela la natura politica (nel senso già illustrato) e si compie l’errore tecnico fondamento di queste note. Inoltre, il legislatore riconosce quantomeno la lentezza ventennale della sequenza dei contenuti che hanno portato alla piena assunzione in capo agli intermediari della responsabilità di consulenza, riconoscendo la difficoltà di valutazione da parte dei clienti. Ne deriva una valutazione che valuta l’intervento attuale quale una sanatoria.

UNA CONSIDERAZIONE FINALE

Quanto esposto riporta alla mia ipotesi relativa al ruolo del pharmakos (veleno utile) quale oggetto dell’investimento. Fattore che impone regole precise in merito al ruolo del contraente forte che deve valutare l’idoneità del cliente/paziente nell’utilizzare gli strumenti oggetto delle sollecitazioni del risparmio. Il farmacista/distributore ha l’onere di negare quanto consideri pericoloso per il cliente e di soppesare le quantità più idonee rispetto alla condizione patrimoniale e finanziaria del soggetto. In tale visione si conferma la natura di sanatoria in assenza (MiFID 2 a parte) di un complemento essenziale (la capacità di rischiare) che avrebbe giovato nella valutazione complessiva del provvedimento di indennizzo. 

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