Quando il cliente chiama, è l'AI di Spitch che risponde

Intervista a Piergiorgio Vittori, CEO di Spitch US Corp. & International Managing Director

Si chiama AI conversazionale e produce assistenti virtuali, biometria vocale, speech analytics, chat platform...  Insomma prodotti di intelligenza artificiale che possono elaborare automaticamente le interazioni con i clienti. A chi serve e come evolveranno i rapporti interpersonali e quelli lavorativi

Simona D'Amico

L’intelligenza artificiale (IA) generativa suscita un crescente interesse da parte di diversi settori. Un recente rapporto di Capgemini ha evidenziato che il 67% delle mille organizzazioni intervistate (60 in Italia) non ritiene che l’IA generativa sconvolgerà in modo significativo i propri modelli di business, ma oltre la metà (60%) ha anche affermato che l’IA generativa rivoluzionerà completamente il loro modo di lavorare.

Oltre la metà degli intervistati (53%) si affida ad esempio all’IA generativa per la propria pianificazione finanziaria. A livello globale, il 67% dei consumatori ha dichiarato che potrebbe affidarsi all’IA generativa per ricevere una diagnosi o una consulenza medica, mentre il 63% ha affermato di vedere con favore la possibilità che l’IA generativa favorisca la scoperta di farmaci più precisi ed efficienti. Inoltre, due terzi (66%) degli intervistati si sono detti disposti a chiedere consigli all’IA generativa per le relazioni interpersonali o per i progetti di vita e di carriera, in particolare i Baby Boomer (70%).

Secondo McKinsey, la nuova tecnologia potrebbe aggiungere fino a 4,4 trilioni di dollari alla produzione globale, e sette dirigenti su dieci della ricerca Capgemini ritengono che l’IA generativa li aiuterà a migliorare l’esperienza dei clienti.

Ne discutiamo con Piergiorgio Vittori, CEO di Spitch US Corp. & International Managing Director, fornitore globale di soluzioni conversazionali B2B e B2C basate sull’IA.

Dott. Vittori, ci spiega esattamente di cosa si occupa Spitch.ai?

«Spitch è un fornitore globale di soluzioni di AI conversazionale B2B e B2C, con sede in Svizzera dal 2014 e una presenza in molti paesi in Europa e Nord America. Ha anche una succursale italiana dal 2016. Spitch aiuta le aziende a comprendere e servire meglio i propri clienti attraverso il natural language processing (NLP), l’intelligenza artificiale (IA) e il machine learning. Questo si traduce sul mercato sotto forma di prodotti end-to-end come assistenti virtuali, biometria vocale, speech analytics, chat platform, knowledge base e agent assistant suite. Questi prodotti di intelligenza artificiale conversazionale possono elaborare automaticamente le interazioni con i clienti, supportare gli agenti del contact center nell’erogazione di un servizio di qualità superiore e migliorare l’esperienza dei clienti e dei dipendenti».

Cosa si intende per “soluzione conversazionale”?        

«Sono soluzioni che forniscono servizi di assistenza sia ai clienti che ai dipendenti in modo flessibile e con continuità e, come detto in precedenza, possono assumere molte forme e servire a scopi diversi. Una buona soluzione conversazionale dovrebbe fornire un’esperienza unica e realmente omnicanale, in cui le comunicazioni vocali e testuali sono automaticamente sincronizzate e diverse funzionalità come l’assistenza e la sicurezza sono profondamente integrate tra loro. I modelli di intelligenza artificiale conversazionale sono addestrati su serie di dati con dialoghi umani per aiutare a meglio comprendere i modelli linguistici. Utilizzano l’elaborazione del linguaggio naturale e la tecnologia di machine learning per creare risposte appropriate alle richieste, traducendo le conversazioni umane in linguaggi comprensibili alle macchine. In quanto tale, l’IA conversazionale si concentra sulle conversazioni umane».

Quali sono i settori in cui nei prossimi anni si assisterà ad un maggiore impiego di soluzioni digitali?

«Le aziende stanno adottando il machine learning e i large language model (LLM) a un ritmo rapidissimo. L’NLP è alla base della maggior parte dei casi d’uso, con un’attenzione particolare agli LLM, una delle aree più calde e più seguite nel campo dell’NLP. I LLM sono stati fondamentali per consentire alle macchine di comprendere, interpretare e generare il linguaggio umano in un modo che prima era impossibile, alimentando tutto, dalla traduzione automatica alla creazione di contenuti, fino al supporto al training per gli assistenti virtuali e i chatbot. I settori che si affidano pesantemente ai contact center (banche, sanità, e-commerce) sono stati in prima linea nell’IA conversazionale. Ma a questo punto possiamo dire che l’IA conversazionale ha avuto un impatto su tutti i settori, anche se con velocità diverse».

Secondo un recente studio di McKinsey, l’IA generativa rivoluzionerà completamente il modo di lavorare delle organizzazioni che ne faranno ricorso. A suo avviso, l’IA come può supportare la qualità lavorativa?

«Le tecnologie conversazionali, nei mesi e negli anni a venire, giocheranno un ruolo fondamentale nella ridefinizione della customer’s ed employee’s experience. L’IA generativa è un ulteriore passaggio nel processo di digitalizzazione che permette di accelerarne lo sviluppo. L’intelligenza artificiale si conferma non solo una componente tecnologica, ma anche e soprattutto un’attitudine mentale al servizio di stakeholder esterni ed interni di qualunque realtà, con una particolare attenzione all’esperienza offerta».

Può fare qualche esempio?

«Ci sono molti casi di uso già implementati dove l’IA generativa e le IA conversazionale vanno a braccetto per anticipare necessità e tendenze e modellare le risposte in modo efficace. Pensiamo al mondo dell’ e-commerce e alla profilazione del cliente, dove si va ad offrire il prodotto ricercato ancora prima che il cliente lo chieda, alla personalizzazione dell’offerta e del supporto prima e dopo l’acquisto. Ma non solo: consideriamo anche per esempio la possibilità di poter suggerire ad un operatore in tempo reale, durante una conversazione con il cliente, il “next best action” basato sull’elaborazione, assistita dall’IA, del motivo del contatto. L’IA, che percepisce la frustrazione di un cliente insoddisfatto che chiama il servizio clienti, potrebbe suggerire uno sconto in fattura, o innescare un processo di gestione diverso dal solito».

Da uno studio di Capgemini emerge che i dirigenti ritengono che customer experience e AI costituiscono un binomio vincente. A suo avviso, le soluzioni digitali come possono migliorare l’interazione tra brand e cliente senza rischiare una spersonalizzazione della relazione?

«Secondo il 33% dei partecipanti di un altro sondaggio, questa volta realizzato da McKinsey, l’IA è integrata in almeno una funzione aziendale, ma allo stesso tempo, solo un quarto degli intervistati ha dichiarato che l’IA ha portato benefici alla propria bottom line (riportando un aumento del 5% degli utili).
Uno dei motivi è per l’appunto che le IA vivono entro i “limiti dell’umano”, così che, trovandosi di fronte a richieste formulate in maniera non standardizzata o poco comprensibile, possono entrare in difficoltà. Questo per dire che l’automazione non comporta automaticamente un risultato e che l’impiego efficace delle soluzioni di IA prevede una compartecipazione di agenti umani e virtuali, in maniera da assistere al meglio i clienti, che devono beneficiare della rapidità dettata dall’IA senza però trovarsi impossibilitati ad entrare in contatto con una persona. Una funzionalità fondamentale dei virtual assistant in quest’ottica, è riconoscere al meglio l’intento del cliente e reindirizzarlo all’operatore maggiormente adeguato a soddisfare la sua richiesta. Quindi nel caso in cui l’assistente virtuale non riesca a gestire completamente la richiesta del cliente, può passare la chiamata al gruppo di operatori che ha le competenze richieste dal tipo di domanda posta insieme ai dati già raccolti dall’assistente virtuale. Questo è un valore aggiunto notevole se si pensa che, in caso contrario, il cliente potrebbe rimanere in linea, in attesa di un operatore, e a volte quello che lo assisterà non avrà le competenze specifiche per gestire la richiesta».

Passando alla prospettiva del cliente, Capgemini ha messo in luce che la diffusione dell’AI generativa tra i consumatori a livello globale è notevole. A suo avviso, il consumatore ha davvero consapevolezza dei rischi etici e dell’uso improprio dell’AI generativa?

«Ci troviamo sicuramente in una fase di adozione massiccia, ma le questioni etiche non sono di poco conto. Violazioni del copyright, generazione di discorsi mendaci e sfruttamento fanno parte del lato oscuro dell’IA generativa, ma il livello di consapevolezza è sicuramente basso. Per questo mi vedo concorde con le conclusioni di Capgemini: la supervisione umana dovrebbe rimanere parte integrante dello sviluppo dei sistemi e degli strumenti di IA generativa. Gli esseri umani possono identificare le distorsioni nel set di dati di addestramento sottostante, rivedere i risultati e prendere provvedimenti per mitigarli. La supervisione umana può anche contribuire a migliorare qualità, affidabilità e sicurezza dei sistemi. Inoltre, gli esseri umani possono garantire la conformità alle normative sulla privacy dei dati e alle linee guida».

Secondo Capgemini, i consumatori che utilizzano frequentemente l’AI generativa si dichiarano particolarmente soddisfatti delle sue applicazioni per quanto riguarda chatbot, videogiochi e attività di ricerca, ma le piattaforme di AI generativa sono molto utilizzate anche nella vita quotidiana. Come sono destinati ad evolvere i rapporti interpersonali?

«L’IA diventerà un nuovo interlocutore, probabilmente non sostituendosi alle relazioni umane, ma agendo da tramite e cambiando l’oggetto e lo scopo delle nostre interazioni. Ma è ancora presto per dare una risposta precisa».