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Proposta per superare il "no" italiano al MES

L'Italia è l'unico paese che non ha ratificato il MES, ma c'è un importante pilastro dell'Unione bancaria - il Sistema Unico di Garanzia dei Depositi, EDIS - che incontra l'opposizione di paesi favorevoli invece al MES. Perché non proporre un approccio "a pacchetto" per assicurare la stabilità finanziaria nell'eurozona?

Giuseppe Boccuzzi
Giuseppe-Boccuzzi

Uno dei temi più delicati e complessi dell’attuale dibattito sulla stabilità finanziaria in Europa è il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). Si tratta di uno dei principali strumenti creati in Europa, a seguito della crisi finanziaria globale, per fornire assistenza finanziaria agli Stati e alle banche che si trovano in situazioni di gravi difficoltà. Il MES, il cui Trattato istitutivo è stato approvato da tutti gli Stati membri ed è entrato in vigore l’8 ottobre 2012, costituisce l’evoluzione, sul piano degli obiettivi e degli strumenti, delle istituzioni finanziarie (EFSM e EFSF) istituite in precedenza con le medesime finalità. Il Meccanismo è stato attivato per interventi di assistenza finanziaria a favore della Grecia, della Spagna e di Cipro, per un totale di 109,6 miliardi di euro.

L’esperienza applicativa del meccanismo e i continui cambiamenti degli scenari macroeconomici, che pongono sfide crescenti per la stabilità finanziaria nell’eurozona, hanno portato a rivedere, affinandoli e rafforzandoli, alcuni profili dell’architettura del Meccanismo, attraverso la riforma del suo Trattato istitutivo. La riforma ha lo scopo di rafforzare le funzioni, la governance e gli strumenti di intervento del MES a tutela della stabilità finanziaria dei Paesi membri e dell’eurozona nel suo insieme. La parte più innovativa del progetto è costituita dal rafforzamento della capacità di intervento del MES a favore di banche sistemiche in crisi sottoposte a risoluzione, nel quadro istituzionale e operativo dell’Unione Bancaria Europea.

A tale ultimo riguardo, nel nuovo assetto delineato dalla riforma, verrebbe ad essere modificato il meccanismo di sostegno alle banche: il MES non finanzierebbe più direttamente la banca insolvente, come previsto attualmente, ma fornirebbe assistenza finanziaria al Fondo Unico di Risoluzione Europeo (Common Backstop), gestito dal Single Resolution Board, che a sua volta finanzierebbe la banca sottoposta a risoluzione. Le risorse finanziarie utilizzate a tale scopo dovrebbero nel tempo essere restituite al MES dal Fondo di Risoluzione, attraverso integrazioni delle contribuzioni delle banche europee al Fondo medesimo (principio di finanziamento privato delle crisi).  

Il cammino della riforma è stato caratterizzato da un ampio dibattito nelle diverse sedi politico-istituzionali, europee e nazionali, nell’ambito del quale sono stati sollevati numerosi punti critici. Al termine del processo, in data 21 dicembre 2023, il Parlamento italiano ha espresso voto contrario alla ratifica della riforma del Trattato istitutivo del MES, impedendone l’applicazione a tutti gli altri paesi dell’eurozona che hanno espresso voto favorevole, in base al principio di unanimità delle decisioni in ambito UE. L’Italia è stato l’unico dei 20 paesi dell’eurozona che non ha ratificato la riforma. L’Italia ha quindi esercitato il potere di veto, insito nel principio di unanimità delle decisioni. Ciò ha costituito l’occasione per interrogarsi nuovamente su quale sia il più adeguato sistema di voto nei processi decisionali dell’Unione rispetto ai sempre più ampi e complessi ambiti di intervento di quest’ultima e ai crescenti impegni che ne discendono, come nel caso del MES.

Non potendo seguire, allo stato, altre strade pure astrattamente percorribili per il superamento del principio di unanimità, occorre entrare nel merito della riforma del MES, per esaminare quali iniziative possano consentire di superare sul piano sostanziale gli ostacoli che si frappongono alla sua adozione, con particolare riferimento alla posizione italiana. In proposito, nel corso del dibattito che ha accompagnato in Italia il processo di riforma del MES, sono stati espressi dubbi e preoccupazioni in merito a taluni aspetti dell’iniziativa, sorretti da argomentazioni di varia natura, sulla cui base è venuta a maturare la decisione del Parlamento italiano di non ratificare la riforma del MES. Su tali argomentazioni appare necessario ritornare a riflettere per comprenderne più compiutamente la portata e il fondamento, sulla base di un’analisi oggettiva e tecnica delle innovazioni che si intendono apportare al Meccanismo, che sia scevra da condizionamenti di altra natura.

Nella prospettiva di una soluzione equa e ragionevole, qui si intende proporre un approccio di più ampio respiro, che inquadri la vicenda del MES nell’ambito degli strumenti attualmente all’attenzione a livello europeo per la salvaguardia della stabilità finanziaria dei singoli paesi e dell’Eurozona nel suo insieme.

Innanzitutto, sottolineo la circostanza che, prima ancora che la mancata attuazione della riforma del MES, l’Unione Bancaria è incoerente e incompleta per la mancata realizzazione del terzo pilastro su cui il progetto originario di Unione Bancaria era imperniato, ossia l’istituzione di un Sistema Unico di Garanzia dei Depositi (European Deposit Insurance System – EDIS), al quale si oppongono vari paesi che ora sono favorevoli alla riforma del MES.

Certamente le incoerenze sono tante, perché non si comprende per quale ragione si dia rilievo prioritario al rafforzamento del secondo pilastro dell’Unione Bancaria (il Single Resolution Mechanism), riguardante le modalità di gestione delle crisi di banche di rilevanti dimensioni, di indubbia importanza sistemica, mentre si trascura di dare la giusta considerazione all’attuazione del terzo pilastro, anch’esso di primario rilievo strategico e cruciale per la governance economica europea, finalizzato a facilitare l’uscita dal mercato in modo ordinato di banche di piccole e medie, anch’esse rilevanti per la stabilità finanziaria.

Mi pare pertanto sostenibile la proposta di seguire un “approccio a pacchetto”, che porti all’approvazione del MES insieme all’EDIS, creando così le condizioni per spezzare effettivamente il circolo vizioso rischio bancario-rischio sovrano, che può sempre materializzarsi, nonostante i rilevanti progressi compiuti dai Paesi europei nel rafforzamento della solidità patrimoniale e dell’efficienza dei sistemi bancari. Si tratterebbe di una soluzione organica e coerente, mirante al completamento e al rafforzamento dell’Unione Bancaria, che costituisce un tassello fondamentale per il perseguimento della stabilità finanziaria, fine ultimo dell’intera regolamentazione bancaria e presupposto imprescindibile per lo sviluppo dell’economia europea.

*L’articolo integrale è pubblicato sulla Rivista Bancaria Minerva Bancaria n. 4/2024