Nel mercato in crescita dell'influencer marketing PopulaRise ha scelto il modello di business basato sui consigli di piccole community piuttosto che quelli delle celebrity. E funziona
Il mondo dell’influencer marketing, sotto i riflettori soprattutto per gli scandali degli ultimi mesi, interessa tutte quelle imprese che per far crescere il proprio brand si rivolgono a testimonial a cui ne affidano la visibilità. Si tratta di individui che hanno un seguito social ampio e sono considerati esperti nella loro particolare nicchia.
Come scegliere a chi affidarsi? E in che direzione sta andando il mondo dell’influencer marketing? Siamo sicuri che il consumatore continui a fidarsi di personaggi che sempre più spesso esprimono chiaramente soltanto finalità di tipo commerciali?
Ne parliamo con Andrea Croce, fondatore e amministratore delegato di PopulaRise, l’unica piattaforma di Popular People Marketing che offre alle aziende campagne di influencer marketing altamente performanti in collaborazione con una community di migliaia di utenti.
Dopo la fondazione nel 2021, PopulaRise sviluppa la sua piattaforma proprietaria grazie ad una prima raccolta di fondi e nei suoi primi due anni di attività acquisisce più di 50 clienti tra multinazionali e piccole attività locali commercializzando principalmente un servizio basato sulla condivisione di contenuti. Ci spiega in cosa consiste questo modello di business?
«PopulaRise nasce dall’idea che il consiglio di un amico abbia un impatto fondamentale nelle decisioni d’acquisto. Per questo, è nato un servizio che permettesse alle persone comuni di partecipare a campagne di marketing, condividendo sui propri profili social dei contenuti pubblicitari per i brand, in cambio di premi. Dopo la prima raccolta di fondi, ci siamo impegnati a sviluppare la tecnologia e così è nata una piattaforma che permettesse alla community di riunirsi e partecipare alle campagne di content sharing comodamente da App. La tecnologia sviluppata ha migliorato anche il rapporto con il cliente, garantendo un monitoraggio dei risultati affinato e funzionale agli obiettivi».
La startup viene selezionata nel 2023 per il programma di accelerazione Italian Lifestyle promosso da Banca Intesa e Nana Bianca; nel corso del programma, in collaborazione con Alpitour, nasce il nuovo servizio di Customer Activation con l’obiettivo di coinvolgere nelle campagne di marketing aziendali i clienti stessi del brand. Ci spiega che impatto ha sulle vendite il ricorso a persone comuni, che decidono di consigliare un prodotto o servizio acquistato alla propria cerchia di contatti social?
«Grazie all’opportunità nata con Alpitour, abbiamo consolidato l’idea che coinvolgere persone comuni con community più piccole ma più fidelizzate, abbia un impatto molto positivo sui brand coinvolti nelle campagne di marketing. Con la Customer Activation siamo ad uno step ancora successivo, in quanto quelli coinvolti nelle campagne social sono i clienti stessi del brand che creano contenuti genuini ed autentici e vengono “ripagati” per la loro fiducia e per essere dei brand lover. A riguardo, i dati parlano chiaro: la creazione di contenuti UGC (User Generated Content) è 9,8 volte più influente rispetto ai contenuti prodotti da big influencer e celebrity».
Qual è il giro d’affari del settore, in Italia e nel resto del mondo, in cui opera PopulaRise? E chi sono i principali player del settore?
«Il mercato a cui facciamo riferimento è quello dell’Influencer Marketing che nel mondo si aggira intorno ai 24 miliardi di dollari ed è in costante crescita di circa il 25% anno su anno. In Italia, i dati del 2023 rilevano investimenti pari a 323 milioni di euro, in crescita del 10% rispetto all’anno precedente. Nonostante non ci siano competitor diretti, quelli presenti sul mercato italiano sono Buzzoole e FlyTrendy, mentre per il mercato mondiale Open Influence e Tribe Dynamics».
A suo avviso il mondo dell’Influencer Marketing tradizionale sta subendo un declino a causa della sfiducia del pubblico verso personaggi che fungono ormai da vetrina pubblicitaria per i brand più disparati?
«Negli ultimi anni, sempre più influencer hanno cercato scorciatoie per guadagnare di più pompando i loro profili e abbassando il livello di credibilità nei confronti del loro pubblico. Basti pensare alla polemica scatenata dal recentissimo caso Ferragni-Balocco per cui l’influencer più amata d’Italia, a causa dello scandalo sui pandori, ha perso molta credibilità e seguito. Questo caso ha messo in luce la poca trasparenza comunicativa a cui stanno andando sempre più incontro i personaggi pubblici che dominano il mondo social. Proprio per questo il trend è cambiato: ad oggi le persone si affidano di più al parere dei micro e nano-influencer che sono in grado di creare contenuti più autentici e genuini intorno a prodotti e servizi».
Pensa ci sia un settore in cui il ruolo dell’influencer possa continuare ad avere una funzione di rilievo per il consumatore?
«L’utilizzo degli influencer può essere ancora molto utile per i big brand che vogliono associare i propri valori a un testimonial, tenendo sempre conto dei pro e dei contro di questo tipo di attività. Quella proposta da PopulaRise è una strategia che i big brand possono affiancare ad attività di influencer marketing più tradizionali e che le piccole e medie imprese possono adottare per ottenere ottimi risultati ed autenticità a prezzi più contenuti».