new
QUESTIONE IMMIGRATI
Perché la "soluzione albanese" non ha senso

Tutte le ragioni, in base ai principi del diritto nazionale e internazionale, e in base ai numeri, per cui assorbire gli immigrati irregolari sarebbe fattibile. Con costi inferiori all'operazione Albania

Oliviero Pesce

                                                       

  1. Il quadro giuridico

Appare sempre più difficile essere europei, ma anche pensare di vivere in uno stato di diritto, in Italia. Con le sue norme sugli «Stati sicuri», sulla creazione di una dépendance italiana (extraterritoriale?) in Albania,  e con il suo evidente disprezzo per la nostra Costituzione, il governo italiano ci sta allontanando sempre più dal consorzio civile (che d’altronde sta scomparendo in sempre più paesi).

Non vuole sapere, il nostro governo, che l’articolo 10 della Costituzione italiana statuisce che l’ordinamento giuridico italiani si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.

Né che (art. 10, terzo comma): Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Ed è vero che qui si fa riferimento alle condizioni stabilite dalla legge; ma tali condizioni non possono certo prevalere sulla norma fondamentale, che è quella che prevede il diritto d’asilo. Un vero e proprio diritto, basato su un precetto normativo, che le «condizioni» debbono regolare, ma non possono certo limitare. E dove vigono, tali libertà democratiche, nei paesi dai quali i migranti arrivano su barche e barconi?

Va sottolineato che nella maggior parte dei casi la situazione dello straniero che chiede asilo va esaminata, per accertare se vada o meno accolto in Italia, dalle autorità di polizia e da un giudice, il quale non deve certo andare a svolgere il proprio compito in Albania o in qualsiasi altro Stato diverso dall’Italia; né al di fuori della propria giurisdizione.

Non è quindi questione di «Stati sicuri»; ma della sicurezza di persone in difficoltà, da valutare caso per caso. In base alla specifica situazione di ciascuno di essi, da parte del giudice naturale della fattispecie concreta.

La previsione dell’articolo 10 va integrata con quella della seconda parte dell’articolo 11, che legge: [L’Italia] consente in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni, promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. E qui si tratta tanto di giustizia, quanto – per le estradizioni di cui si tratta – di una delle organizzazioni internazionali alle quali l’Italia ha aderito, la Corte europea dei diritti dell’uomo.

Va anche ricordato che l’articolo 2 della Costituzione recita: La repubblica riconosce i diritti inviolabili dell’uomo [che, malgrado le correnti innovazioni semantiche, in italiano vuol dire anche della donna], sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Dell’uomo, non dell’italiano o del cittadino. E se i nostri governanti ricordassero anch’essi i doveri di solidarietà, e ad essi improntassero la loro azione politica, il nostro Paese (Patria, Nazione) sarebbe di gran lunga migliore di quanto, litigiosamente (anche tra i diversi poteri dello Stato), oggi non sia. Repubblica che (art. 3, secondo comma) ha il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Persona. Nell’ottica di questo articolo va anche ricordato che spesso gli stranieri, clandestini o meno, sono anche lavoratori1.

E infine, sul piano interno, l’articolo 117, primo comma, della Costituzione statuisce che: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Ai quali vincoli, quindi, viene attribuita una primazia. La legge 5 giugno 2003, n. 131, precisa, all’articolo 1, che:Costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, ai sensi dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione,, quelli derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, di cui all’articolo 10 della Costituzione, da accordi di reciproca limitazione della sovranità, di cui all’articolo 11 della Costituzione, dall’ordinamento comunitario e dai trattati internazionali.

Gli artt. 1 e 2 della Dichiarazione dei diritti umani delle Nazioni Unite leggono: Articolo 1:Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Articolo 2: Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

Senza riportare qui l’intera Carta dei diritti fondamentali dell’UE, che ha la stessa rilevanza giuridica dei Trattati, ci limitiamo a richiamarne gli articoli 1: La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata; e 6: Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza.; e a ricordare che l’art. 18 recita: Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato che istituisce la Comunità europea.

Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, il principio fondamentale della Convenzione è quello del non-refoulement, (respingimento, espulsione), che afferma che nessun rifugiato può essere respinto verso un Paese in cui la propria vita o libertà potrebbero essere seriamente minacciate. Principio ormai considerato norma di diritto internazionale consuetudinario; mentre le relative fattispecie vanno accertate caso per caso, dalle autorità di polizia e dal giudice.

2. Aspetti pratici e principio di realtà

In Italia sono regolarmente presenti circa 5.300.000 stranieri (in aumento), e circa 500.000 stranieri resi clandestini dalla normativa sui respingimenti, che, per motivi di lavoro stagionale (in particolare nell’agricoltura) o permanente (richiesti dall’industria e dalle famiglie: collaboratrici o collaboratori familiari e badanti) darebbero – se regolarizzati – un contributo fondamentale alla nostra economia. Assai pragmaticamente, il governo spagnolo sta oggi operando al fine di regolarizzare la presenza nel paese degli irregolari che sono tali per motivi principalmente burocratici. Approccio assai più rispondente ai principi di accoglienza enunciati sopra che alla politica italiana corrente. Ricordiamo alcuni dati, e la loro significatività in relazione alla (pretesa) «soluzione» albanese.

Come abbiamo visto, gli stranieri irregolari presenti in Italia sono circa 500.000: negli anni, ne sono stati espulsi soltanto 36.770 (il 7, 35%; inclusi 2.300 afgani e 2.220 siriani, provenienti da paesi per nulla sicuri2. Gli stranieri presenti in Italia lo sono in percentuali assai inferiori a quelle degli altri maggiori membri dell’Ue. Negli ultimi anni, i nuovi immigrati sono stati 34.134 nel 2020; 67.040 nel 2021; 91.220 nel 2022; 47.138 nel 2023; e 56.769 (di cui 8.264 minori, in parte non accompagnati) ai primi di novembre nel 2024, percentuali, quanto al totale, dello 0,9% dei residenti in Italia (56,76 milioni al 2023) e, negli anni, comprese tra un massimo dello 0,16 % del 2022 (anno in cui ebbe inizio, in ottobre, il governo Meloni) e un minimo dello 0,06% del 2020. E percentuali comprese tra il 24 e il 9% dei nuovi nati in Italia, ormai stabilizzati attorno alle 380.000 unità all’anno; numero ben inferiore a quello dei decessi, di oltre 700.000 l’anno tra il 2020 e il 2022, anche se diminuiti a 660.000, post-Covid, nel 20233.

Numeri irrisori, e di persone che, in generale, in Italia non ci vogliono neppure restare, a fare – espulsi dalle norme dal mondo del lavoro – gli impiegati della mafia, della camorra, dei datori di lavoro nero a basso costo, a livello di schiavitù vagamente mascherata, ma di fatto voluta.

A fronte dei 500.000 irregolari complessivi e di ingressi per anno compresi tra i 35.000 e i 90.000, la creazione di un’enclave all’estero che non potrà ospitare più di 3.000 persone, e che di fatto ne ha ospitate tra le 12 e le 7, tutte traghettate e rapidamente rimpatriate (su navi da guerra), appare rappresentare, più che una soluzione, uno spot pubblicitario che non inganna nessuno. Ma sul quale si è aperta una discussione, altrettanto pubblicitaria, per sostenere che il Governo opera e i giudici impediscono. In realtà essi refutano una impossibilità. Mentre interviene Elon Musk, pontificando su cose che non lo riguardano, che forse non sa della divisione dei poteri, e che, anche se lo sapesse, sosterrebbe che il potere è suo, ed è indivisibile. Come pretenderebbero anche alcuni membri del nostro Governo, il cui interferire in ambiti altrui è un grave errore istituzionale. Che fa diventare un titolo di merito la elegante definizione di «zecche rosse». Non sembrano ricordare, alcuni, che l’articolo 101, secondo comma, della Costituzione recita: I giudici sono soggetti soltanto alla legge. Né a Elon Musk, né ai suoi seguaci italiani.

3. Soluzioni realistiche

Assorbire 500.000 «irregolari» (come abbiamo visto, lo 0.9% della nostra popolazione residente), senza creare né campi di concentramento né concentrazioni, che danneggiano sia gli stranieri sia quanti sono costretti, quando così si procede, a vivere nelle loro vicinanze, sarebbe certamente fattibile, se solo lo si volesse. Rivitalizzando, con un adeguato programma di formazione e di investimenti – per il lavoro agricolo e per quello a distanza – aree del paese che vengono abbandonate, e moltiplicando esperienze come quella di Riace, che a suo tempo si volle criminalizzare. Con costi certamente inferiori a quelli dei traghetti della nostra Marina Militare e delle enclave in paesi esteri, con le connesse trasferte di poliziotti, servizi, e di investimenti a fondo perduto, sui quali la magistratura contabile dovrebbe forse effettuare qualche analisi.


1 È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

2 Il Governo italiano pretende di «sapere» meglio di altri quali sarebbero i paesi «sicuri». Basterebbero questi due numeri a confutare la pretesa. Ma il problema è un altro.

3 Fonti dei dati: ISTAT, Ministero degli Interni, rapporti Idos sull’immigrazione.