A fronte di una condivisione del debito, occorre offrire garanzie al suo rimborso futuro. E quindi condividere poteri decisionali in materia di gettito fiscale. La questione di fondo, insomma, è: siamo pronti a delegare all’Europa altri ambiti di sovranità fino ad oggi attribuiti alle singole amministrazioni nazionali e locali?
Decisi a segnare una nuova tappa nel processo di integrazione europea intrapreso con l’istituzione delle Comunità europee, nel rispetto tra le altre cose dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nel 1992 gli Stati contraenti hanno istituito l’Unione Europea (Preambolo TUE). In questo contesto la stessa si è impegnata a promuovere la coesione economica, sociale e territoriale e la solidarietà tra gli Stati Membri e questi ultimi ad assistersi reciprocamente in base al principio di leale cooperazione (artt. 3-4).
Il tema della solidarietà, più volte evocato nei diversi momenti di difficoltà che ha conosciuto l’Europa a partire dal secondo dopoguerra ad oggi, torna ora prepotentemente alla ribalta nel dibattito politico europeo, chiamato a far fronte ad una importante emergenza sanitaria, che porta con sé una nuova crisi economica. Si evoca un necessario cambio di mentalità che consenta di affrontare uniti, in tempi di guerra, un nemico comune e di assumere decisioni importanti a tutela dei cittadini e dell’economia.
Ancora una sfida importante per l’Europa. Da come i Governi decideranno di affrontarla dipenderà il futuro dell’Unione e quello dei popoli che ne fanno oggi parte.
La sfida rappresentata dalla crisi finanziaria 2007-2008 ha fornito all’Europa un’occasione per riportare al centro del dibattito la struttura del processo decisionale europeo in materia di mercati finanziari, di far fronte al “fallimento della regolazione” e di approntare una riforma regolatoria e istituzionale coraggiosa, sia pure ancora in fase di aggiustamento e sistematizzazione.
La crisi ha allora avuto l’effetto di determinare un’accelerazione del processo evolutivo avviato con il Financial Service Action Plan del 1999 e proseguito con il contributo del rapporto Lamfalussy del 2001, rispetto al quale il rapporto De Larosière del 2008 si è posto in linea di continuità.
Il percorso è poi evoluto nella definizione nel dicembre 2012 di una tabella di marcia per la realizzazione di un quadro finanziario maggiormente integrato, scaturita dall’incontro del Presidente del Consiglio europeo con i Presidenti della Commissione europea, della Banca centrale europea (BCE) e dell’Eurogruppo.
Rispetto ai tre obiettivi allora individuati – la realizzazione di una Unione bancaria, di un’Unione fiscale e di un’Unione politica -, ad oggi sono stati realizzati solo i primi due pilastri di un’Unione bancaria: un meccanismo di vigilanza e un sistema di risoluzione unici per i paesi dell’Eurozona.
Già le difficoltà emerse nel completamento dell’Unione bancaria (cui ancora manca il terzo pilastro rappresentato da un sistema unico di assicurazione dei depositi bancari) hanno evidenziato visioni profondamente diverse in merito all’opportunità di procedere verso l’obiettivo di una maggiore integrazione fiscale e politica. Queste visioni si sono talvolta radicalizzate e concentrate su dettagli tecnici che, seppur rilevanti, sfuggono alla comprensione dei cittadini comuni, talvolta inconsapevolmente coinvolti a sostegno di posizioni semplicistiche o ideologiche.
Sul medesimo punto sembra finisca per incagliarsi il dibattito odierno sulla fattibilità di individuare una convergenza politica nell’Eurozona per la definizione di una risposta europea solidale a sostegno della crisi economica in corso, attraverso l’emissione di debito comune (Eurobond).
Dietro la scissione tra Paesi che invocano più solidarietà a sostegno dell’emissione di debito e Paesi più cauti o riluttanti, si cela un’ambiguità di fondo non affrontata esplicitamente. A fronte dell’auspicata condivisione di quel debito, per offrire adeguate garanzie al rimborso futuro dello stesso è necessario essere pronti a condividere anche poteri decisionali in materia di gettito fiscale.
La questione di fondo è la stessa che ha fin qui ostacolato la realizzazione di un sistema unico di assicurazione dei depositi, ovvero l’affidabilità dei singoli Paesi di far fronte agli impegni assunti.
La convergenza (unione) politica e quella fiscale risultano indissolubilmente connesse ad una piena realizzazione di un’unione bancaria e oggi appaiono condizionare fortemente la definizione di una strategia europea solidale in materia di emissione di debito pubblico e trasferimenti fiscali a sostegno della crisi economica in corso.
Siamo pronti a condividere insieme ai debiti anche le fonti di rimborso degli stessi e dunque a delegare all’Europa altri ambiti di sovranità fino ad oggi attribuiti alle singole amministrazioni nazionali e locali?
Si tratta sostanzialmente di capire se la preoccupazione sociale legata all’emergenza sanitaria in corso, unitamente al dibattito politico interno a ciascun Paese, saranno in grado di favorire la convergenza politica europea sulla questione fiscale e di sviluppare le adeguate necessarie soluzioni istituzionali.
Ove si riuscisse a procedere nella direzione di una integrazione fiscale a livello di Unione Europea, in mancanza di ulteriori aggiustamenti e semplificazioni difficilmente ipotizzabili a breve termine, si passerebbe dall’attuale modello caratterizzato da una politica monetaria unica nell’Eurozona, affiancata da 19 politiche fiscali vincolate al patto di stabilità per gli Stati che vi appartengono, ad un modello caratterizzato da una politica fiscale unica a livello di Unione Europea a 27 Stati, cui si affiancherebbe la politica monetaria della BCE per l’Eurozona e delle 8 banche centrali per gli altri Paesi.