approfondimenti/Mercato finanziario
EFFETTO BREXIT
Per salvare Borsa, Consob scatena le Sim
Paola Pilati

Può un monopolio naturale come Borsa Italiana invadere il mercato dei suoi clienti, assumendo una partecipazione di controllo in una Sim? È su questa questione che si sta svolgendo da qualche settimana un braccio di ferro tra Consob e Assosim. E non è una questione solo teorica. Consob infatti si ritrova di fronte a una bomba orologeria che coinvolge, a causa della Brexit, la piattaforma delle negoziazioni dei titoli italiani. 

La questione, in dettaglio, è la seguente: Borsa Italiana è controllata dal London Stock Exchange Group, e in quest’ambito ha creato il Programma Elite, che ha l’obiettivo di far crescere le Pmi accompagnandole sul mercato dei capitali con strumenti di funding alternativi alle banche, dall’emissione di bond alla ricerca di un fondo di private equity. 

Dal 2017, il Programma ha fatto un passo avanti. Ha cioè costituito a Londra una società che gestisce una piattaforma di private placement, chiamata Elite Club Deal Ltd, che mette in contatto le offerte di titoli obbligazionari delle Pmi con investitori istituzionali per il loro collocamento. Cosa succede con la Brexit? Che questa attività non potrebbe essere più svolta in Italia dal Regno Unito. Dunque LSE vorrebbe trasferirla in Italia, attribuendone il controllo a Borsa Italiana. Ma Borsa spa può esercitare questa attività? È questo il punto. 

Secondo il Tuf gli operatori di mercato possono svolgere, oltre alle attività loro riservate, solo le attività a queste “connesse e strumentali”. Chi più della Borsa, che gestisce un mercato regolamentato, si trova in questa situazione, ed è quindi sottoposta a questo principio? 

I nodi sul tappeto non sono formali: la gestione della piattaforma di private placement di Elite Club Deal Ltd – che è una impresa di investimento in UK (un soggetto, cioè, che in Italia chiameremmo Sim) – può essere considerata attività connessa e strumentale alla gestione di un mercato regolamentato? Può inoltre un’attività riservata dal TUF (e dalla MIFID) alle banche e alle Sim (quale appunto l’attività di private placement) essere considerata attività connessa e strumentale all’attività di gestione di mercati regolamentati?

Insomma, Borsa Italiana, venendo a esercitare in Italia quell’attività, invade il campo di gioco riservato dall’ordinamento alle Sim. 

C’è poi da considerare il Regolamento mercati della Consob, che all’art. 4 stabilisce in concreto le attività connesse e strumentali che il gestore di un mercato (Borsa) può esercitare direttamente o indirettamente. Questo articolo al comma 2 stabilisce che la Borsa può anche “assumere partecipazioni nelle controparti centrali e nei depositari centrali, nonché in società che gestiscono direttamente o indirettamente mercati regolamentati, sistemi multilaterali di negoziazione o sistemi organizzati di negoziazione“. 

Questa norma al momento altro non dice. Ed è per questo che Consob ha deciso di spianare la strada a Borsa ponendo in consultazione una proposta di modifica proprio del secondo comma di quell’articolo. La nuova versione che propone consentirebbe cioè ai gestori di assumere partecipazioni in “società autorizzate al solo servizio di ricezione e trasmissione di ordini che svolgono in via esclusiva l’attività di mediazione”. In questo modo si autorizzerebbe la partecipazione di Borsa anche in Sim che svolgono l’attività di raccolta e trasmissione di ordini nella forma della mediazione (attività nella quale si vorrebbe far rientrare la gestione di piattaforme di private placement). 

Apriti cielo. Gli operatori reagiscono con una lettera in cui sostengono che la proposta messa in consultazione in febbraio non si può condividere. Sia nel metodo (troppo pochi i 15 giorni concessi alle parti interessate per replicare al documento pubblicato in consultazione), sia nel merito.

Gli argomenti degli intermediari del mercato sono diversi. Intanto – dicono – questa è una invasione bella e buona da parte di Borsa in un ambito che non è suo, cioè quella della mediazione, in cui la legge affida alle Sim una esclusiva. La mission di Borsa – anche questa esclusiva – è sempre stata invece quella della gestione di piattaforme di trading. 

In secondo luogo, c’è un problema che tira in ballo le regole dell’antitrust e del conflitto di interessi. In soldoni: se il gestore del mercato fa anche la Sim, non c’è il rischio che privilegi quest’ultima nel collocamento dei titoli emessi dalle società ammesse al programma Elite? E l’ingresso di Borsa Italiana nel mercato in cui operano gli intermediari finanziari, non configura una integrazione verticale del suo business che ne aumenta il potere di mercato? Gli elementi per sospettare una distorsione della concorrenza ci sono tutti. La battaglia è aperta.