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Passaporto europeo agli intermediari del credito

Dalla Direttiva che ha consentito agli intermediari del credito di svolgere l’attività cui sono abilitati anche in Stati membri diversi da quello d’origine, alla legge di delegazione europea, ecco a chi spetta il passaporto europeo, e con quali obblighi 

Marco Meroni*
Marco-Meroni

La disciplina del c.d. “Passaporto Europeo” – introdotta dal legislatore comunitario con la Direttiva 2014/17/EU – consente agli intermediari del credito di operare in Stati distinti rispetto a quelli in cui essi hanno stabilito la sede principale dei loro interessi.

Essa mira, pertanto, a garantire la libera circolazione delle professioni, la quale rappresenta – come noto – uno degli obiettivi principali previsti dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (“TFUE”), in un’ottica di sempre maggior integrazione tra i Paesi comunitari.

La Direttiva 2014/17/EU si basa sul principio del c.d. “home country control”, secondo il quale gli intermediari del credito possono svolgere l’attività cui sono abilitati anche in Stati membri diversi da quello d’origine, in ragione della mera abilitazione rilasciata dall’autorità competente dello Stato d’origine.

Si tratta, dunque, di un’innovazione di particolare impatto pratico, consentendo l’esercizio dell’attività di intermediazione all’interno dei 27 Paesi comunitari, in regime di mercato unico, a prescindere dal luogo in cui l’intermediario stesso ha fissato la sede principale dei propri affari.

Nello specifico, vanno considerati gli artt. 29 ss. della Direttiva, in materia di diritto di stabilimento e libertà di prestazione dei servizi degli intermediari.

Tali disposizioni tracciano il discrimen tra diritto di stabilimento e libertà di prestazione dei servizi, con riferimento – rispettivamente – alla presenza od assenza di una succursale presso il territorio dello Stato membro, diverso da quello d’origine, ove l’intermediario intende operare.

L’art. 29 prevede che l’abilitazione dell’intermediario ad operare in uno Stato diverso da quello d’origine presupponga, quantomeno, la presenza dei seguenti requisiti:

  • Stipulazione di un’assicurazione per la responsabilità civile professionale, in corso di validità in tutti i territori nazionali in cui l’intermediario intende prestare la propria attività;
  • Possesso di requisiti di onorabilità da parte delle persone fisiche qualificate come intermediari nonché da parte di coloro che ricoprono incarichi presso una persona giuridica qualificata come intermediario;
  • Possesso di conoscenze e competenze adeguate in materia di contratti di credito da parte delle persone fisiche qualificate come intermediari nonché da parte di coloro che ricoprono incarichi presso una persona giuridica qualificata come intermediario.

In presenza dei presupposti indicati, ove l’intermediario intenda operare in uno Stato membro diverso da quello d’origine, l’art. 32 stabilisce un obbligo per l’autorità competente dello Stato d’origine di notificare l’intenzione dell’intermediario di operare nel territorio dello Stato di destinazione, entro un termine di un mese dalla richiesta del soggetto interessato.

A sua volta, l’autorità competente dello Stato di destinazione provvederà ad iscrivere il soggetto richiedente presso un registro degli intermediari, il quale dovrà contenere – quantomeno – le seguenti informazioni:

  • Nominativo dell’intermediario;
  • Indicazione degli Stati membri in cui l’intermediario è abilitato ad operare, in regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi;
  • Eventuale sottoposizione dell’intermediario a vincolo di mandato.

Terminata la procedura in esame, l’intermediario risulterà abilitato ad operare nel territorio dello Stato membro di destinazione, decorso un termine di un mese dall’avvenuta notificazione all’autorità competente dello Stato di destinazione.

Da un punto di vista soggettivo, le disposizioni contenute nella Direttiva 2014/17/EU si applicano nei confronti dei soggetti che possano essere definiti quali intermediari del credito.

Sotto tal aspetto l’art. 4, par. I, n. 5 della Direttiva 2014/17/EU definisce come intermediario del credito “una persona fisica o giuridica che non agisce come creditore o notaio e non presenta semplicemente – direttamente o indirettamente – un consumatore a un creditore o intermediario del credito e che, nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale, dietro versamento di un compenso, che può essere costituito da una somma di denaro o da qualsiasi altro corrispettivo finanziario pattuito:

  1. Presenta od offre contratti di credito ai consumatori;
  2. Assiste i consumatori svolgendo attività preparatorie o altre attività amministrative precontrattuali per la conclusione di contratti di credito diverse da quelle di cui al punto 1. ;
  3. Conclude con i consumatori contratti di credito per conto del creditore”.

Alla luce della definizione sopra riportata, sono da qualificarsi come intermediari del credito gli agenti in attività finanziaria ed i mediatori creditizi, di cui al Titolo VI bis del Testo Unico Bancario.

Nello specifico, in base all’art. 128 quater del Testo Unico Bancario, l’agente in attività finanziaria è il soggetto che promuove e conclude contratti relativi alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma o alla prestazione di servizi di pagamento, su mandato diretto di intermediari finanziari previsti dal titolo V, istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica, banche o Poste Italiane. Gli agenti in attività finanziaria possono svolgere esclusivamente l’attività indicata nella presente disposizione, nonché attività connesse o strumentali.

Viceversa, secondo quanto previsto dall’art. 128 sexies del Testo Unico Bancario, il mediatore creditizio è il soggetto che mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari previsti dal titolo V con la potenziale clientela per la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma.

L’esercizio delle predette attività di intermediazione – sia di agenzia in attività finanziaria sia di mediazione creditizia – sono riservate ai soggetti iscritti in un apposito elenco tenuto dall’Organismo previsto dall’art. 128 undecies del Testo Unico Bancario (OAM – Organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi).

Oltre agli agenti in attività finanziaria ed ai mediatori creditizi, l’attività di intermediazione del credito può essere svolta anche dai c.d. “agenti dei servizi di pagamento”.

In tal senso, la disciplina degli agenti dei servizi di pagamento è – parzialmente – riconducibile a quella degli agenti in attività finanziaria, di cui all’art. 128 quater T.U.B.

Infatti, ai sensi dell’art. 128 quater, comma 6 T.U.B., è definito come agente dei servizi di pagamento il soggetto – iscritto nella sezione speciale dell’elenco degli agenti in attività finanziaria – che presta esclusivamente servizi di pagamento, promuovendo e concludendo contratti relativi alla prestazione di servizi di pagamento, così come definiti dall’art. 1, comma 1, lett. b) e comma 2 del D. Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, su mandato diretto degli intermediari.

Da ultimo, va fatto un cenno anche ai c.d. “consulenti indipendenti” di cui all’art. 120 terdecies T.U.B.

Tale disposizione prevede, infatti, che gli intermediari del credito di cui all’art. 128 sexies, comma 2 bis, sono abilitati allo svolgimento di servizi di consulenza e, nello specifico “…acquisiscono informazioni aggiornate sulla situazione personale e finanziaria, sugli obiettivi e sulle preferenze del consumatore; forniscono al consumatore una raccomandazione personalizzata in merito a una o più operazioni relative a contratti di credito, adeguata rispetto ai suoi bisogni e alla sua situazione personale e finanziaria”.

Pertanto, anche i consulenti indipendenti di cui all’art. 128 terdecies T.U.B. dovranno essere considerati come intermediari del credito, dato il rinvio effettuato dalla disposizione succitata alla disciplina dei mediatori creditizi di cui all’art. 128 sexies, comma 2 bis T.U.B.

Ciò premesso, va evidenziato come la Direttiva 2014/17/EU sia qualificabile come provvedimento di c.d. “armonizzazione minima”, ovverosia caratterizzato dal riconoscimento agli Stati membri di libertà particolarmente ampie nel recepimento delle disposizioni ivi contenute.

In Italia, la Direttiva è stata attuata tramite il D. Lgs. 21 aprile 2016, n. 72. Tuttavia, nel 2021, la Commissione Europea ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia, con riferimento al mancato recepimento di alcune delle disposizioni comunitarie, quali quelle in materia di:

  • Istituzione del registro degli intermediari del credito, di cui all’art. 29, par. IV;
  • Riconoscimento del diritto di stabilimento e della libertà di prestazione dei servizi degli intermediari, di cui all’art. 32;
  • Attività di vigilanza sugli intermediari, di cui all’art. 34;
  • Obbligo di cooperazione tra le autorità competenti nazionali, di cui all’art. 36.

Pertanto, il legislatore italiano è intervenuto – tramite la Legge di delegazione europea 2019/20 – al fine di porre rimedio al mancato recepimento delle disposizioni suelencate della Direttiva 2014/17.

All’uopo, l’art. 23 della Legge di delegazione europea ha apportato alcune modifiche agli artt. 128 novies.1 ss. T.U.B., in materia di operatività transfrontaliera. In base alle predette disposizioni, viene riconosciuta agli agenti in attività finanziaria ed ai mediatori creditizi la legittimazione a svolgere l’attività a cui sono abilitati in Italia, in uno Stato membro diverso da quello d’origine, anche senza stabilirvi una succursale e previa comunicazione all’OAM.

Entro un mese dalla comunicazione, l’OAM notificherà all’autorità competente dello Stato membro l’intenzione dell’agente o mediatore di svolgere l’attività in quello Stato. Il soggetto interessato potrà legittimamente operare nello Stato di destinazione, decorso un mese dalla data in cui il medesimo è stato informato dell’avvenuta comunicazione dall’OAM all’Autorità competente dello Stato di destinazione.

Dall’altro lato, i soggetti abilitati ad operare in uno Stato membro potranno svolgere la medesima attività di intermediazione creditizia in Italia, anche senza stabilirvi succursali, dopo che l’autorità competente dello Stato d’origine ne abbia dato comunicazione all’OAM.

In conclusione, in ragione dell’entrata in vigore delle disposizioni poc’anzi citate, è stato reso operativo – a partire dal 1° febbraio 2022 – l’elenco degli intermediari stranieri abilitati ad operare in Italia, gestito dall’OAM. A loro volta, gli intermediari italiani intenzionati ad operare all’estero dovranno, invece, comunicare la loro intenzione all’OAM, il quale provvederà ad informare l’autorità estera competente, come annunciato dall’Organismo in occasione del Convegno in materia di Passaporto Europeo tenutosi in data 24 marzo u.s..

*GIM Legal Associate