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Parti correlate, una giungla da disboscare

La normativa sulle "parti correlate", volta a dare trasparenza alla corporate governance e a tutelare le minoranze, ha moltiplicato gli obblighi a carico delle banche aggiungendo nuove tipologie di parti correlate da identificare, con disallineamenti nelle disposizioni e aggravio dei costi. Non sarà il caso di mettere ordine nella materia?

Vittorio Mirra
Mirra

La necessità di mitigare le problematiche derivanti dai possibili conflitti di interesse, come l’estrazione di vantaggi privati a danno del socio di minoranza, ha trovato nella disciplina delle operazioni con parti correlate un importante vessillo, utile anche come strumento di trasparenza e per una corretta corporate governance.

La vicinanza ai centri decisionali delle banche da parte di determinati soggetti, aventi delle “correlazioni” con gli intermediari, potrebbe infatti danneggiare azionisti, investitori e depositanti, perché esporrebbe gli istituti di credito a rischi non adeguatamente misurati o ponderati.

Le normative nate per presidiare questi rischi prevedono appositi presidi organizzativi, informativi e deliberativi a tutela del sistema e della clientela. Ma i lodevoli intenti che hanno accompagnato la creazione di tali normative sono state accompagnate dalla “solita” stratificazione normativo-regolamentare, che ha reso il quadro complessivo poco lineare e gravoso per gli intermediari. Anche la normativa europea ha imposto altre previsioni da recepire; in altre parole, le banche si sono viste “moltiplicare” le parti correlate e le previsioni organizzative da implementare.

Una riflessione ed una domanda è d’obbligo: ma tutto questo “agevola” gli istituti di credito?

La ratio delle normative sopra richiamate è differente: da un lato il rispetto dei requisiti prudenziali, dall’altro quello di una corretta informativa al mercato. Come anticipato, si sono poi aggiunte ulteriori evoluzioni (in particolare per il recepimento della Direttiva (UE) 2017/828 – Shareholder Rights Directive II) per allineare la definizione di “parte correlata” ai principi contabili internazionali vigenti di tempo in tempo, ed infine anche per adeguarsi all’art. 88 della Direttiva (UE) 2013/36 (CRD).  In particolare, quest’ultimo intervento legislativo (recepito con il 35° aggiornamento della Circolare di Banca d’Italia n. 285/13) rafforza i presidi esistenti con riferimento ai membri dell’organo di gestione e alle loro parti correlate, assicurando che i dati relativi ai prestiti concessi a questi ultimi siano adeguatamente documentati e messi a disposizione delle Autorità competenti su richiesta.

Fermo restando che, anche senza tale intervento, ritengo che le Autorità di Vigilanza avessero già il diritto legittimo di richiedere e di ricevere tempestivamente tali informazioni dai soggetti vigilati, ciò ha aggravato i “problemi” di razionalizzazione della disciplina, in particolare con riferimento al perimetro delle parti correlate.

Siamo sicuri che per tutelare gli interessi di società ed azionisti sia necessario “gravare” sugli intermediari, costringendoli a identificare e gestire varie (troppe?) tipologie di parti correlate? O questo aumenta i rischi operativi?

I perimetri delle parti correlate (Consob) e dei soggetti collegati (Banca d’Italia) erano già disomogenei ab initio; il recepimento della Direttiva CRD ha “aggravato” tale criticità, introducendo – per i fini collegati ai prestiti concessi ai componenti dell’organo di gestione – un’ulteriore definizione di parte correlata1, in particolare dando rilievo a situazioni di “influenza significativa” non regolate in precedenza.

Il risultato pratico è l’innalzamento sostanziale dei costi di compliance per gli intermediari che si vedono costretti a impostare appositi applicativi informatici per identificare – e dunque poter gestire le operazioni di – differenti tipologie di parti correlate: le parti correlate Consob (allineate a quanto stabilito dai principi contabili internazionali), i soggetti collegati ex Circ. 285/13 della Banca d’Italia e le parti correlate stabilite dall’art. 88 della Direttiva CRD.

Considerando che anche le cause di esenzione dai presidi deliberativi previsti dalle differenti normative non sono omogenee, non si può certo affermare che la stratificazione regolamentare abbia agevolato gli intermediari nella gestione dei profili di rischio assunti nei confronti della clientela correlata.

Fermo restando la assoluta necessità di presidiare i rischi e le finalità di vigilanza (differenti) che Banca d’Italia e Consob perseguono nei confronti della clientela, è ora di approcciare in modo più sistematico e in maniera razionale il mondo delle parti correlate. Se non sarà possibile unificare le normative – “spinte” da obiettivi di vigilanza (funzionale) differenti – occorrono però interventi chiarificatori che possano supportare gli intermediari.

Anche il legislatore dovrà riflettere: davvero sono necessarie tutte queste “tipologie” di parti correlate? Unificarle, anche nel senso più cautelativo possibile, non porterebbe un innalzamento della tutela da una parte ed una diminuzione dei costi per gli intermediari dall’altra?

Il “disallineamento” ulteriore introdotto dal recepimento della Direttiva CRD potrebbe essere gestito con le modifiche della Circolare 285/13 promessa dalla Banca d’Italia per il 2022 (per “assicurare un raccordo organico” tra le disposizioni OPC in vigore e le novità introdotte2 delle quali si è ancora in attesa. Tali modifiche potrebbero auspicabilmente razionalizzare il perimetro dei soggetti collegati.

Ulteriori chiarimenti potrebbero derivare anche dalla nuova Circolare interpretativa che si attende dalla Consob (per sostituire la comunicazione in vigore datata 20103).

Si attende un po’ più di coraggio, coordinamento e dinamismo da parte delle Autorità di Vigilanza che, nonostante il ritardo, devono provare a razionalizzare la materia e facilitare gli istituti creditizi nella predisposizione degli strumenti informatici, delle procedure e degli atti volti all’applicazione della regolamentazione emanata a tali fini.


* Le opinioni espresse dall’autore nel presente contributo sono da considerarsi esclusivamente a titolo personale, e non impegnano in nessun modo l’Istituto di appartenenza.

1 Ai fini dell’art. 88 della Direttiva CRD, per “parte correlata” si intende: a) il coniuge, partner registrato ai sensi del diritto nazionale, figlio o genitore di un membro dell’organo di gestione; b) un’entità commerciale nella quale un membro dell’organo di gestione o il suo familiare stretto di cui alla lettera a) detiene una partecipazione qualificata uguale o superiore al 10% del capitale o dei diritti di voto di tale entità, o sulla quale tali persone possono esercitare un’influenza significativa, o nelle quali tali persone occupano posti dirigenziali o sono membri dell’organo di gestione”.

2 “Gli opportuni interventi di raccordo con le disposizioni della Banca d’Italia in materia di operazioni con parti correlate (“Attività di rischio e conflitti di interessi nei confronti di soggetti collegati”, Circolare n. 285 della Banca d’Italia, Parte Terza, Capitolo 11) verranno valutati in occasione dell’avvio di un successivo e distinto intervento di aggiornamento organico di queste disposizioni, che verrà, come di consueto, sottoposto a consultazione pubblica “(cfr. Documento di consultazione sulle disposizioni della Banca d’Italia in materia di “Governo societario delle banche e dei gruppi bancari” e “Tavola di resoconto alla consultazione” del luglio 2021).

3 Comunicazione n. DEM/10078683 del 24-09-2010.