MONDO CRYPTO
Parte il test sull'euro digitale

Da un lato l'avvio del MiCa, il nuovo regolamento per i cryptoasset, dall'altro l'inizio del regime pilota per arrivare allo strumento europeo di pagamento digitale. Il cantiere per cavalcare la nuova finanza è in piena attività

Paola Pilati

Strumenti finanziari avanzati o gioco d’azzardo? Le opinioni intorno alle cryptovalute stanno cambiando rapidamente segno dopo la serie di crack che hanno coinvolto quel mondo, dalla stablecoin UST – la terza per importanza – all’hedge fund Three Arrows Capital, dal conto di deposito Celsius alla piattaforma di scambio FTX. Ma anche se l’ondata di sfiducia e di vendite prevale, il mondo crypto è destinato a restare e a trovare nuovi affiliati. Cresce così la necessità di mettere in campo degli strumenti di regolazione. Come cresce, in parallelo, la consapevolezza che il possedere una valuta digitale è ormai ineludibile anche per le banche centrali.

Sul primo fronte, quello delle regole, la Commissione europea si è già mossa e ha definito un testo per un regolamento dei Mercati in cryptovalute, MiCA, che sta per essere pubblicato in via definitiva e che entrerà in vigore dall’anno prossimo. Sarà sufficiente?

I pareri divergono. Ne è convinta la presidente dell’Esma, Verena Ross, ne è scettica invece Elizabeth McCaul, membro del consiglio di vigilanza della Bce, che si sono confrontate pubblicamente in un convegno della Consob.

Mezzo vuoto o mezzo pieno che sia, l’importante è che il bicchiere sia riempito. «Anche se oggi il mondo crypto non ha rilevanza sistemica né per la finanza né per l’economia, non è possibile ignorarlo né trascurarlo», ha detto Jan Ceyssens, capo della Digital Finance Unit alla DG della stabilità finanziaria della Commissione, durante un seminario organizzato dall’Arel sull’argomento.

La Commissione si è infatti mossa con sorprendente rapidità nell’affrontare il tema, arrivando in poco tempo (la discussione è iniziata a fine 2020) a un regolamento che è applicabile a tutti i 27 stati membri. Il regolamento identifica un “pivot regime” comune – vigilato dall’Eba – per tutte le attività finanziare basate sulla DLT, la distributed ledger technology, altrimenti detta blockchain, con «l’obiettivo di proteggere i consumatori senza uccidere l’innovazione», ha spiegato Ceyssens. Copre insomma l’universo che va dalle stablecoin ai cryptoservizi finanziari come le piattaforme di trading e la custodia di titoli, ai token che si riferiscono ad altre attività finanziarie come l’oro. Sono invece esclusi gli Nft, i non fungible token collegati ad asset digitali o fisici.

Il principio generale su cui si basa è contenuto nell’art.4 del MiCA, che prevede che cryptoasset come stablecoin siano offerti al pubblico da un’entità legale che assolva obblighi di pubblicità e sia soggetta a regole di custodia; quanto all’emissione di token legati ad asset reali, deve essere autorizzata da una istituzione creditizia, cioè può essere fatta solo da una banca. In pratica, in base alle regole dettate dal MiCA, per poter operare sul mercato europeo la piattaforma FTX avrebbe dovuto per esempio avere una personalità giuridica in Europa, segregare le attività dei clienti dalle proprie e garantire la prevenzione dai conflitti di interesse.

Tutte cose che non ha dovuto fare e che hanno reso il suo fallimento un bagno di sangue per i suoi clienti. Ma si tratta anche di una serie di vincoli a cui finora tutto ciò che è nato sulla blockchain si è sottratto con molta abilità, facendo anzi di questo la propria bandiera. Sarà possibile imporli?

Questa translazione nel mondo crypto delle regole del mondo reale non è infatti così semplice. Come ha osservato durante il seminario Arel Filippo Annunziata, professore di Diritto dei mercati finanziari alla Bocconi, la vigilanza MiCA è accentrata, mentre la tecnologia è decentralizzata e sfugge alla regolamentazione, come dimostra il fatto che per primo proprio il Bitcoin, la valuta digitale di maggior successo, non rientra sotto le regole MiCA.

Inoltre in Europa si porrà presto il tema di come far dialogare queste regole con il futuro euro digitale che la Bce ha in cantiere: quest’ultimo sarà emesso dalla Bce, che non è assoggettata al regolamento. Token ed euro digitale potranno essere utilizzati nello stesso ambito? E che modello distributivo avranno?, si è chiesto Annunziata. E poi, come tratteremo il base al diritto nazionale il fallimento di un crypto-asset e il suo titolare? Tutti temi ancora aperti.

La risposta alla difficoltà di imbrigliare un mondo così sfuggente può venire dalla nascita dell’euro digitale? È a questo che sembra puntare la Banca centrale europea. Il punto focale del progetto, ha spiegato Piero Cipollone, vice direttore generale della Banca d’Italia, è che la crescita e la diffusione di cripto-monete solo private può configurare il rischio della sostituzione monetaria: la perdita cioè della sovranità monetaria da parte dell’istituzione che per legge la governa. Detto in altre parole, dal punto di vista della Bce è più rischioso non fare nulla che mettere in campo la sua moneta digitale, sicura, facile da usare e affidabile, con cui tutti i cittadini europei potranno fare pagamenti elettronici in tutta l’area dell’euro, al posto del contante. Quindi fortemente concorrenziale con le valute digitali private. E anche con gli strumenti di pagamento elettronici oggi in uso, che fanno tutti capo a circuiti tutti extra europei.

Certo, i problemi non mancano. Bisogna innanzitutto convincere i cittadini a usarlo, l’euro digitale, ma anche evitare che essi spostino in massa i propri asset dalle banche alla nuova valuta, considerandola più sicura, perché questo causerebbe lo svuotamento degli attivi dalle casse degli istituti di credito, con effetti destabilizzanti. L’uso andrà quindi dosato in qualche modo, per conservare in equilibrio il sistema. Alle banche, comunque, è riservato un ruolo da protagoniste, perché saranno coinvolte nella distribuzione dell’euro digitale e sarà affidata a loro la gestione del wallet, il portafoglio della nuova moneta, a cui si accederà come al proprio conto corrente. Tutta la gestione del ledger, il registro digitale sottostante l’euro digitale, sarà gestito ovviamente dall’eurosistema.

Per mettere a punto il progetto non basta però lavorare alla costruzione teorica dell’euro digitale. La Bce ha infatti previsto una fase di sperimentazione per la costruzione di un prototipo della nuova valuta elettronica che durerà cinque anni, alla fine dei quali l’euro digitale potrà essere messo su strada. Ma attenzione, “in vitro” è già pronto. E il “pilot regime” anche: parte esattamente il 20 di marzo.

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