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Orsù, tagliamo

Tutti i perché è venuto il momento dei tagli nelle considerazioni di un componente del board della Fed. Che butta nel cestino delle cartacce molte delle regole che hanno governato l'economia fino alla pandemia

Paola Pilati

Recessione all’orizzonte? Nessuna paura: solo un soft landing dell’economia che difenderà comunque un livello di crescita del 2,2 per cento. Segnali di aumento della disoccupazione? I dati mostrano un mercato del lavoro in frenata, è vero. Ma le richieste di disoccupazione non si sono impennate, testimoniano solo un moderato aumento a partire da gennaio. E i consumi delle famiglie? Restano sostenuti.

Christopher Waller, membro del board della Fed dal 2020 (nominato da Trump), considerato da sempre un colomba, ex collaboratore di James Bullard alla Fed di St Louis, in un intervento all’Università di Notre Dame, Indiana, ha spiegato con questi argomenti perché, nella prossima riunione di metà settembre, il FOMC della Fed non potrà non ridurre i tassi.

Decisione data ormai per scontata dal mercato e annunciata anche dallo stesso presidente della Fed Jim Powell al meeting d Jackson Hole di fine agosto, nondimeno attesa con una certa suspence: sarà un taglio deciso oppure prudente? A quale elemento del doppio mandato della Fed – l’inflazione e la disoccupazione – verrà data più importanza? Gradualità o virata?

Waller semina tutti gli  indizi (a titolo personale, certo) per indicare la strada che la Fed dovrebbe seguire. L’inflazione aveva rialzato la testa nel primo trimestre dell’anno, ma nel secondo ha frenato, sottolinea, e a luglio l’indice dei prezzi dei consumi delle famiglie è cresciuto dello 0,2%, portando l’inflazione “core” su base dodici mesi al 2,7%, con una traiettoria in discesa che suggerisce che il target del 2% sia ormai a portata di mano.

Ad aggiungere un po’ di thrilling sono i dati del mercato del lavoro, con il tasso di disoccupazione salito al 4,3%, il più alto dal 3,6 di ottobre 2021, e con i successivi dati delle assunzioni di agosto inferiori alle attese, ma con un tasso di disoccupazione in discesa al 4,2. Waller è ottimista: i 18 mesi che abbiamo alle spalle, ha spiegato, mesi in cui le montagne russe dei dati non ci hanno spinto a reagire né per ulteriori strette, né per allentamenti avventati, sono stati un esercizio di pazienza molto utile. Adesso l’economia non rischia recessioni né frenate. Ora è il tempo di agire. E tagliare i tassi.

Muoversi sui dati, non fare previsioni di lunga gittata, moderare se non annullare la forward guidance sono state le linee guida delle banche centrali per contrastare l’inflazione, dopo averla sottovalutata e combattuta in ritardo. Non è stato come guidare a fari spenti nella notte, ma poco c’è mancato. Soprattutto perché, ammette Waller, molte delle teorie economiche che facevano luce fino a poco tempo fa ora non funzionano più.

La Sham rule, che segnala la recessione in arrivo osservando l’andamento del mercato del lavoro e che in passato è stato un indicatore affidabile, non lo è più. Così come non è più infallibile il segnale dell’inversione della curva dei tassi. Regole basate sul ricorrere meccanico di eventi del passato, che segnalavano recessioni basate sulla domanda. Mentre, al momento, i dati della disoccupazione rispecchiano un mercato del lavoro dove i nuovi entranti non riescono a trovare l’impiego che cercano, indicando quindi un deficit di offerta.

Che cosa ha affossato le vecchie certezze? Le relazioni economiche che valevano prima della pandemia adesso non sono più buone, ammette il banchiere centrale: oltre a quelle già citate, anche lezioni infallibili come la curva di Phillips per predire l’inflazione o quella di Beveridge per la disoccupazione, hanno tutte portato a errori nelle previsioni. Sono vecchi strumenti che possono fare cilecca.

Non lo è invece la Taylor rule, che oggi suggerisce, con i dati in mano, che è il momento di ridurre i tassi. Anzi, l’imminente taglio non potrà che essere il primo di una serie, lasciando comunque in campo lo strumento per tenere a bada l’inflazione finché non arriverà al target del 2%, afferma Waller.

La sfida, per il FOMC, sarà quindi quella di dosare la sua azione: la lentezza potrebbe danneggiare il mercato del lavoro, la fretta potrebbe comportare il rischio di non capire quando l’economia ha raggiunto il neutral rate.

Una difficile alchimia, quella dipinta da Waller, che il mondo e le borse stanno a guardare con crescente nervosismo.