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One Health: il nuovo paradigma che può salvare la sanità

La tutela della salute come uno stato di benessere complessivo, che va al di là dell’assenza temporanea di malattie e che coinvolge gli animali e l’intero ecosistema, richiede un ripensamento radicale nell'approccio alla sanità. Ecco in che cosa consiste la strategia OH

Vincenzo Atella e Pasquale Lucio Scandizzo
Vincenzo-Atella
Pasquale-Scandizzo

Per decenni il Servizio Sanitario Nazionale e, più in generale, i sistemi pubblici europei hanno saputo reggere l’urto dell’invecchiamento, delle innovazioni e delle crisi economiche. La pandemia ha però lasciato in eredità fragilità profonde. Queste fragilità, già da noi analizzate nel volume COVID-19 and the Global Health Challenge, mostrano come la sostenibilità della sanità non possa più poggiare sugli schemi del passato. Alla pressione crescente delle malattie croniche si aggiungono infatti nuove minacce ambientali e globali, rendendo necessario un ripensamento radicale. È in questa direzione che si colloca l’approccio One Health (OH), al centro di un nostro recente saggio pubblicato sul numero 2/2025 di Economia Italiana, dedicato alle sfide per il Sistema sanitario nazionale.

Un’idea semplice, un impatto enorme

One Health parte da un’intuizione tanto evidente quanto trascurata: la salute non è una caratteristica dei singoli individui, ma una proprietà di sistema. Essa consiste in uno stato di benessere complessivo, che va al di là dell’assenza temporanea di malattie e coinvolge gli animali e l’intero ecosistema. Zoonosi come Covid-19, influenza aviaria o Ebola, ma anche l’antibiotico–resistenza, dimostrano che la salute umana non è separabile da quella degli animali e che i confini tra specie sono porosi. Come ricordiamo nel volume citato, “tra le cause delle nuove epidemie troviamo deforestazione, allevamenti intensivi, urbanizzazione selvaggia”. Tutti fattori che i sistemi sanitari, da soli, non possono governare.

Epidemie a ripetizione

Negli ultimi 25 anni il mondo ha conosciuto almeno una decina di emergenze infettive di rilievo: SARS nel 2002, influenza H1N1 nel 2009, MERS nel 2012, Ebola tra il 2014 e il 2016, Zika nel 2016, fino alla pandemia di Covid-19 che ha paralizzato il pianeta. A queste vanno aggiunte le crisi legate alla diffusione di batteri resistenti agli antibiotici, un fenomeno che l’OMS definisce già oggi una delle principali minacce globali per la salute. Ogni crisi ha mostrato il fallimento di una risposta reattiva: il trattamento successivo alla crisi non è solo insufficiente, ma terribilmente costoso in termini di personale e di economia.

Nel frattempo, l’Italia è diventata uno dei paesi più vecchi del pianeta con oltre il 23% dei suoi cittadini sopra i 65 anni. Il diabete, il cancro, le malattie cardiovascolari e la demenza consumano risorse crescenti aumentando la vulnerabilità alle infezioni. Il risultato è un doppio fardello: le emergenze sanitarie globali acute da un lato, e la cura a lungo termine delle malattie croniche dall’altro. I sistemi sanitari attuali affrontano questi problemi in modo inefficiente, trascurandone la prevenzione e affrontandoli separatamente.

La convenienza economica

La forza di One Health è anche economica. Una politica sanitaria di prevenzione e intervento integrato sugli ecosistemi o sugli animali costa molto meno che affrontare gli effetti di una pandemia globale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che un investimento annuo di 25 miliardi di dollari in programmi OH potrebbe produrre benefici cinque volte superiori, evitando nuove crisi e riducendo i costi sociali ed economici. Le esperienze non mancano: in Svizzera e in Inghilterra, dove team interdisciplinari integrano medici, veterinari ed ecologi, si sono già osservati miglioramenti significativi nella capacità di valutare i rischi e nella rapidità delle risposte. Un modello che, se esteso, potrebbe diventare uno strumento di risparmio e resilienza per tutti i Paesi.

Un cambio di paradigma

OH è qualcosa di più di un kit di strumenti di buone pratiche. È un nuovo modo di pensare alla salute. Non solo l’assenza di malattie, ma una proprietà emergente dei sistemi complessi all’intersezione tra ambiente, società e biologia. Aggiungere un capitolo ai manuali di sanità pubblica non è sufficiente, abbiamo bisogno di un quadro culturale che regoli la governance, le metriche e la politica fiscale.

A questo proposito, la salute ha più senso in quanto bene pubblico globale che non è escludibile e “anti-rivale”, il che significa che più individui la usano, maggiore è il guadagno collettivo. L’idea risuona con altri esempi di bene pubblico internazionale come la stabilità climatica o la sicurezza finanziaria. In questa prospettiva, One Health non è una disciplina accademica, ma un nuovo paradigma conoscitivo che impone di rivedere come si definiscono le priorità, come si allocano le risorse e come si costruiscono i sistemi di monitoraggio.

Sfide future

Sebbene l’OH abbia un potenziale, esso resta ancora poco integrato nelle politiche sanitarie. Non esistono modelli economici solidi rispetto ai quali stimare i rendimenti a lungo termine; le misure di valutazione sono erratiche. La governance intersettoriale rimane frammentata: la sanità parla un linguaggio, l’agricoltura un altro, l’ambiente un altro ancora. A ciò si aggiunge il divario globale: i Paesi ricchi hanno mezzi e strutture per adottare iniziative OH complesse, mentre quelli con meno risorse restano indietro, accentuando le diseguaglianze che la pandemia ha già reso lampanti.

L’Italia e l’Europa davanti alla scelta

Per l’Italia, che destina alla sanità una quota di spesa pubblica inferiore alla media europea, l’adozione di OH rappresenta una scelta quasi obbligata. Non si tratta solo di innovare, ma di proteggere un sistema che rischia di non essere più sostenibile. A livello europeo, la strategia OH si collega direttamente al Green Deal e al programma Farm-to-Fork, che promuovono un’agricoltura sostenibile e un uso più razionale delle risorse naturali. L’integrazione con queste politiche può moltiplicare i benefici, trasformando l’approccio in uno strumento di competitività oltre che di salute pubblica.

Guardare avanti

Il messaggio è chiaro: integrare One Health nei sistemi sanitari non è un lusso accademico, ma una necessità pratica. Significa ridurre i rischi, ottimizzare le risorse e rafforzare la fiducia dei cittadini in istituzioni che oggi appaiono spesso in affanno. La salute deve essere concepita come un bene comune universale, che cresce con la partecipazione e la cooperazione. Senza un cambio di paradigma, la prossima crisi sanitaria potrebbe coglierci ancora una volta impreparati.

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