PRETESTI
Occidente al bivio: tramonto o riscatto

È il momento di investire sulla forza delle democrazie, dice la presidente della Commissione Ue von der Leyen, per la difesa dei valori dell'Occidente. Ma su quanto Occidente possiamo contare, che condivida gli stessi valori da difendere?

Oliviero Pesce

Centoquattro anni fa, nel 1918, alla fine della Grande Guerra e nel bel mezzo della Spagnola, pandemia assai più grave del Covid 19 – quanto meno nei suoi effetti letali – Oswald Spengler si interrogava sul futuro dell’Occidente, e sul suo tramonto.

Giorni fa, declinando (forse) la pandemia, ma nel bel mezzo di una guerra in Europa, Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, ha ricordato che: « Le nazioni del mondo hanno costruito insieme un sistema internazionale che promuove la pace e la sicurezza, la giustizia e il progresso economico». Aggiungendo, tuttavia, che «oggi tutto questo è diventato l’obiettivo dei missili russi [e non solo]. 

Ciò che abbiamo visto nelle strade di Bucha, nei campi di cereali bruciati e ora ai cancelli della più grande centrale nucleare ucraina non è solo una violazione delle norme internazionali. È un tentativo deliberato di liquidarle. Questo momento rappresenta uno spartiacque nella politica internazionale e richiede un ripensamento del nostro programma di politica estera. È il momento di investire nella forza delle democrazie. Questo lavoro inizia con il gruppo di partner con cui condividiamo gli stessi principi: i nostri amici in ogni singola nazione democratica del pianeta».

Forse il brutale attacco russo all’Ucraina, ma prima ancora ai valori dell’Occidente, ha spinto verso una ripresa dell’apprezzamento di un sistema basato sulle norme, a un ricompattamento dell’Unione europea, della Nato, e, sia pure con errori gravi, di un sentire non contro la Russia in quanto tale – che tutto dovrebbe unire all’Europa, a partire dai mercati dell’energia e dai comuni interessi – ma contro Putin, e – con diversi gradi di compromissione economica – contro le autocrazie del pianeta, ormai maggioritarie. Rinviando, si spera, il tramonto dell’Occidente. Primo passo in questa direzione, le obbligazioni europee e il Next Generation UE, tradotto nei singoli stati in PNRR.

Ma resta irrisolta, e forse non è stata neppure posta, una domanda basilare. Su quanto «Occidente» possiamo contare. Su quanto Occidente a noi interessato possiamo contare se gli Stati Uniti ritornano trumpiani (con o senza Trump, ma con analoghi portatori di veleni antidemocratici) o entrano in un più aspro conflitto con la Cina e voltano le spalle all’Europa?

E su quanto Occidente possiamo contare in casa nostra, in un’Europa governata dai veti impliciti in base al principio dell’unanimità, e con partiti potenzialmente di governo – in Italia – che tale principio propugnano, con gli amici polacchi e ungheresi? Con partiti che hanno concluso accordi di collaborazione con partiti non solo russi, ma putiniani? Con partiti che quando gli «amici russi» ci hanno benevolmente «assistiti» per il Covid, hanno accolto in Italia duecento militari, dotati di ben scarse competenze sanitarie? Con partiti che sostengono, malgrado i miliardi di euro che l’Ue ci ha fornito (o meglio, ci dovrebbe fornire), che con loro al governo sarà finita la «pacchia europea»?

La strada per la difesa della democrazia appare tortuosa e accidentata, un sentiero, per l’Italia, sempre più stretto.