Obbligazione

Rapporto giuridico tra due soggetti in virtù del quale uno di essi (debitore) è tenuto ad una determinata prestazione a favore dell’altro (creditore). L’obbligazione genera tra le parti un vincolo a cui (intervento della legge conferisce giuridicità, differenziando l’obbligazione da altri legami che nascono dal costume, dalla morale o dalla religione. Ciò non esclude, tuttavia, che in alcuni casi anche obblighi di natura non giuridica acquistino rilievo per il diritto. A differenza dei diritti assoluti, che danno luogo ad una tutela erga omnes, cioè verso tutti i consociati (tipici, in tal senso, i diritti reali), dal rapporto obbligatorio nasce un diritto c.d. relativo, in quanto può essere fatto valere solo nei confronti dell’obbligato. Il rapporto obbligatorio può nascere direttamente dalla legge, dal contratto, dall’atto illecito o da altri determinati atti o fatti espressamente indicati dall’ordinamento giuridico. Suoi elementi sono i soggetti, il contenuto e l’oggetto, che talvolta può mancare. I soggetti devono essere almeno due: il soggetto attivo, o creditore, e quello passivo, o debitore. Essi devono essere determinati al momento della nascita dell’obbligazione, o quanto meno determinabili in base ad elementi contenuti nel rapporto stesso (si ha, p.e., obbligazione con soggetto attiva indeterminato, ma determinabile, nelle obbligazioni nascenti da titoli di credito). In relazione al numero dei soggetti e con riferimento alla loro particolare situazione di fronte al vincolo, le obbligazioni si distinguono comunemente in parziarie e solidali (v. obbligazione solidale). Il contenuto della obbligazione consiste nella “prestazione”, ossia nel comportamento cui è tenuto il debitore. Affinché il rapporto obbligatorio sia correttamente istituito, occorre che la prestazione sia suscettibile di valutazione economica e corrisponda ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore; essa deve, inoltre, essere lecita, possibile, determinata o determinabile. Le parti possono rimettere ad un terzo, detto arbitratore, la fissazione dell’oggetto della prestazione. A seconda del contenuto di quest’ultima, si hanno obbligazioni “di dare”, “di fare” e “di non fare”. Con riferimento all’oggetto e alla sua particolare posizione di fronte al vincolo, le obbligazioni si distinguono in alternative, divisibili, pecuniarie, di specie. Chi ha contratto un’obbligazione è tenuto ad adempierla esattamente, ossia, secondo il nostro ordinamento, usando “la diligenza del buon padre di famiglia” (art. 1176 c.c.). In caso di inadempimento il debitore, se non prova che questo è derivato da causa estranea a lui non imputabile, risponde con il proprio patrimonio. Particolari effetti sono connessi al ritardo del debitore nell’adempimento e alla omessa cura del creditore nel ricevere la prestazione. Il rapporto obbligatorio può modificarsi o trasformarsi in senso sia soggettivo che oggettivo. Dal punto di vista soggettivo ad uno o ad entrambi i soggetti può essere sostituito o aggiunto un altro soggetto, come avviene nella cessione di credito, nella surrogazione, nella delegazione, nell’espromissione e nell’accollo. Un esempio, invece, di modificazione oggettiva è la c.d. datio in solutum o prestazione in luogo dell’adempimento. Le obbligazioni si estinguono al verificarsi di quei fatti o atti ritenuti idonei dall’ordinamento giuridico a far cessare il rapporto obbligatorio. Tradizionalmente i modi di estinzione delle obbligazioni si distinguono in satisfattori e non satisfattori. I primi, direttamente o indirettamente, fanno conseguire al creditore la prestazione e sono l’adempimento, la confusione e la compensazione. Non satisfattori sono invece quei fatti che determinano la liberazione del debitore senza che il creditore riceva la prestazione: la novazione, la remissione di un debito per impossibilità sopravvenuta e la prescrizione.